Se Dragon Ball Super la stanno guardando in pochi, il
ritorno dei primi digiprescelti è cosa da eletti visionari. Riprendiamo un
attimo il filo del discorso per chi non avesse la più pallida idea di cosa sia
Digimon Adventure Tri: dopo quindici anni dalla prima messa in onda della serie
d’esordio incentrata sui mostri digitali, la Toei ha deciso di realizzare un
seguito diretto delle avventure di Tai e compagni. Il problema fondamentale è
però il formato di questa operazione un po’ commerciale, cioè la fruizione
cinematografica. Quella che infatti si presenta come una comune serie ad
episodi sui peggiori siti di pirataggio streaming, è in verità la
riproposizione di quattro lungometraggi animati andati in scena nella sale
nipponiche. O per meglio dire, che sono andati e andranno in scena nelle sale
del sol levante, visto che l’ultimo capitolo - in italiano “Perdita” - è atteso
per febbraio del nuovo anno. questa scelta alquanto infelice ha portato ad una
dilatazione dei tempi deleteria per il ritmo di una serie animata che vive di
scontri e trame lineari. Dopo aver visto il primo film, quindi i primi quattro
episodi, quasi in contemporanea con il mondo, ho recuperato il secondo film
solamente pochi giorni fa, sentendo inevitabilmente lo stacco temporale tra le
due visioni. Le serie si dicono tali perché il collegamento tra le varie parti
di cui sono composte richiama ad una visione unica e regalora, in modo da
tenere a mente una continuità di spazio, tempo e azione. Davvero non riesco a
spiegarmi il senso di una proposta del genere, che certamente da più tempo agli
sviluppatori e agli animatori di lavorare con la giusta calma, ma, almeno nel
civilizzato Occidente, questo format ha allontanato anche i fan di vecchia data
dal glorioso ritorno dei nostri amati digimon.
Ma parliamo del secondo film, “Determinazione”. Dopo la
riunione del primo capitolo, ci si sarebbe potuti aspettare più movimento da
parte dei protagonisti e delle loro controparti digitali, ma così non è stato e
i quattro episodi si sono succeduti nell’inutilità generale. Quando si
prospettava un ritorno a Digiworld e un rinato conflitto tra digiprescelti e
forze del male, gli sceneggiatori della Toei hanno pensato bene di sfruttare
tre, e dico TRE, episodi dei quattro a disposizione per raccontare
l’organizzazione di una festa scolastica. Hai centinaia di mostri con facoltà
di digievolversi facendo emozionare grandi e piccini, hai un mondo parallelo al
nostro ancora sconosciuto nelle sue dinamiche più profonde, hai le basi di una
trama interessante con vecchie glorie e nuovi personaggi e scegli di
focalizzarti sulla festa scolastica. Vediamo quindi Mimi e Meiko spendersi
anima e corpo per trovare il vestito adatto, le stesse ragazze gestire un bar
per la festa scolastica e - udite udite - i digimon protagonisti vincere un
concorso per il miglior costume venendo scambiati per bambini travestiti. Tutto
questo poco in appena settanta minuti. Un uso oculato del tempo. Soltanto del
finale dell’ultimo episodio la situazione sembra finalmente incendiarsi con
l’arrivo nostalgico del vecchio Ken e lo scontro nella distorsione digitale.
Facciamo però un passo indietro, perché qualcosa di
salvabile nei primi tre episodi c’è. Si tratta della condizione di Joe, che
prosegue e viene approfondita continuando quanto di buono fatto nel primo
lungometraggio. Joe è l’unico del gruppo a dissociarsi dalla riunione per
perseguire i suoi obiettivi professionali. Con un solo forte gesto, i creatori
sono riusciti a mettere in dubbio l’immediatezza e la spontaneità dl rapporto
tra creature e digiprescelti e a muovere una pesante critica al sistema
nipponico, il quale porta all’estremo una meritocrazia lavorativa schiacciante
che annulla il resto dell’individuo. Anche il rapporto tra Taichi e Yamato (che
io continuerò a chiamare Tai e Matt), dopo lo scontro ideologico della fine del
primo capitolo, è riuscito a svilupparsi in maniera intelligente, anche se la
fine delle ostilità, segnata da un solo cenno col viso, mi è sembrata un
ritorno all’età preadolescente della prima serie.
Rosemon, che non ci crede nessuno che questo è un "mostro digitale". Dai. Nessuno. |
Vikemon |
Tornando quindi allo scontro finale, devo dire che esso è
riuscito a coinvolgermi come facevano le emozionanti battaglie tra i primi cari
amici digitali. Le digievoluzioni di Zudomon e Lillimon in Vikemon e Rosemon mi
sono sembrate un po’ forzate, anche se effettivamente anche i digiprescelti
secondari richiedevano a gran voce un’ulteriore forma evolutiva. Se riuscissero
a spiegare in maniera credibile il fatto che queste nuove evoluzioni siano
state rese possibili dalla frattura digitale tutto assumerebbe un senso. Nel
design ho preferito decisamente Vikemon a Rosemon, ormai destinata ad
avvicinarsi ad una prosperosa ragazza umana piuttosto che al cactus
antropomorfo che era Togemon. Il colpo di scena finale finalmente, dopo otto episodi,
ricollega le trame presenti e spalanca le porte all’azione pura e agli scontri
epici a colpi di bolle d’aria. Finalmente la storia si infittisce e la serie è
chiamata a rivelarsi per le sue reali possibilità. Che sia un grande ritorno.
Patamon in the way.