La scelta di dedicare sostanzialmente un intero episodio
a Christopher James è stata in sé ambivalente: da una parte è stato concesso il
giusto spazio ad un personaggio che aveva attirato l’attenzione incondizionata
del pubblico fin dalla sua prima apparizione, dall’altra invece la scelta di
lasciare così tanto spazio ad un flashback nelle ultime puntate di quella che
si prospetta essere l’ultima stagione ha ancora una volta prodotto un
fastidioso rallentamento del ritmo. CJ è quindi l’uomo della provvidenza,
svegliatosi centinaia di anni nel corso del grande inverno per controllare che
tutto si svolgesse secondo i piani di Pilcher. E tutto si è svolto secondo i
piani di Pilcher? Decisamente no. Dal flashback spezzettato veniamo a conoscenza
di due cose: la mutazione genetica non è stata graduale come ci si poteva
aspettare dagli indizi disseminati nel corso di due stagioni e il vate ha
edificato il suo vittoriale su un cimitero indiano. O era tibetano? Sta di
fatto che tutta la trama è crollata nel momento esatto in cui gli sceneggiatori
hanno scelto di rivelare che il vero motivo dell’aggressività degli Abby nei
confronti degli umani è causata dall’invasione territoriale. Siamo passati
dalle violente bestie umanoidi ai placidi animali di quartiere. Una conclusione
troppo stereotipata, troppo posticcia, troppo banale per poter davvero essere
la causa scatenante di un’epopea durata venti episodi. In tutto questo perché CJ
non ha mai espresso il suo parere contrario alla nuova comunità ma ha
continuato ad occuparsi della raccolta di viveri come se niente fosse? Ancora
una volta questa seconda stagione si mostra tronca di qualcosa.
Intanto, mentre nel passato si svelavano i motivi
traballanti del futuro, proseguiva nel presente la ricerca di Yedlin sull’Abby
femmina, rivelatasi essere la mente del gruppo e l’unico esemplare in grado di
interagire con gli esseri umani. Ma si tratta davvero dell’unica? Cosa si cela
dietro i cerchi nel grano sulla mano oltre al segno di riconoscimento della
leadership? Credo che si tratti della natura propria delle femmine della
specie, le quali hanno l’intelligenza per governare sui maschi. Una struttura
societaria basilare simile a quella degli alveari. Potrebbe esserci una donna
per ogni gruppo organizzato. Rimane un velo di mistero sul piano dell’Abby
femmina, che si è fatta catturare appositamente e probabilmente trama vendetta
contro l’intera razza umana, senza fare distinzioni tra innocenti e colpevoli
degli squilibri nel suo branco. Alla luce delle sue capacità intellettive,
credo sia in grado di abbassare le difese elettriche delle mura e favorire l’ingresso
nella città di un esercito di aberrazioni. Tutto quindi conduce ad uno scontro
finale armato che chiuderà definitivamente il ciclo, magari con lo sterminio
delle forze armate e la migrazione in un territorio vergine per i superstiti.
Ciò che mi sfugge è la sorte avversa della squadra di
ricognizione, ridottasi ad un’unità dopo anni di viaggio. Essa ha subito gli
attacchi degli Abby, ma quali Abby? Se le mutazioni attaccano solamente coloro
che invadono il loro territorio in maniera continuativa, e se diamo per buona l’esistenza
di innumerevoli gruppi o branchi di bestie, ognuna associata ad uno specifico
territorio, cosa hanno fatto i componenti della squadra per scatenare le ire
degli altri popoli animali? Oppure gli Abby sono dotati di una struttura in
scala globale e Margareth è il capo di tutte le mutazioni?
Ciò che appare chiara è comunque la natura frammentata di
questa serie, che non riesce quasi mai a dimostrarsi un corpo unico, ma va a
tentativi, tastando nel buio possibili sviluppi e andando quasi sempre a
pescare sfortunatamente il peggiore, il più scontato e banale. Rimane inoltre
sempre ben impressa nella mente dello spettatore la struttura misteriosa che caratterizzava
gli esordi della serie, gli albori gloriosi del figlio di Twin Peaks. Oggi quei
ricordi sono bistrattati, allontanati e reclusi. Gli sceneggiatori hanno scelto
fin da subito di tagliare i ponti con il passato e di produrre un prodotto
nuovo, qualcosa che avesse pochi richiami al passato e che potesse essere
fruibile a tutti, anche a coloro che non hanno visto la prima stagione. A questo
servono le brevi spiegazioni all’inizio delle puntate. a questo servono le
morti improvvisate e imbarazzanti delle chiavi di volta della rivolta finale
della prima stagione. Wayward Pines 1 non è Wayward Pines 2. O meglio: Wayward
Pines 2 non è Wayward Pines, ma un altro prodotto poco curato, stereotipato
ambientato in un futuro post apocalittico. Facciamocene una ragione.
L’unico colpo di scena finale che potrebbe rimescolare le
carte un’ultima volta sarebbe il ritorno del figliol prodigo. Chissà.
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