FILM: Super (2011)
James Gunn, prima di passare agli ordini dei Marvel Studios, diresse “Il Batterista Nudo”, Rainn Wilson, in questo film sui supereroi poco convenzionale, violento e disturbante. Il film, nel suo complesso, è davvero complesso (giocone di parole, eh?). Ciò è dovuto principalmente al fatto che, sotto la maschera di psicopatico, sotto quella di reietto della società, sotto quella di alienato, il protagonista nasconde delle emozioni e dei sentimenti che riassumono meno una determinata condizione umana, ossia l’isolamento o l’abbandono. In questo il film funziona egregiamente mostrando a tratti gli aspetti più fragili di un personaggio controverso ma assai sensibile e umano.
Che Gunn sia un ex Troma (se non sapete cos’è, correte a rimediare) lo si nota da qualche scena bizzarra e sopra le righe, per non dire trash oltre ogni limite, come quella dell’indice di Dio. Il film oscilla sempre tra realismo (sostenuto dalla violenza gratuita ed esplicita) e parodia. Alcuni personaggi, come il protagonista, sono più legati al secondo mondo ma sostengono involontariamente il primo, e lo stesso accade a quelli che risultano più legati al primo. Un intreccio interessante. In quest’ottica ho quindi apprezzato maggiormente il protagonista e il braccio destro del supercattivo rispetto all’esaltata Ellen Page e a Kevin Bacon, ma riconosco che senza questi ultimi il bilanciamento di cui sopra sarebbe venuto a mancare.
Film ben congeniato e ben realizzato, troppo spesso etichettato come opera minore. VOTO: 7.5
ALBUM: Il Padrone Della Festa - Live (2015)
Esiste una cricca di artisti italiani pop poco pop, un
po’ alternativi nel loro modo di intendere il pop. Quegli artisti che si
conoscono di nome ma non si fanno mai vedere, se non per qualche rapida
apparizione sanremese o a qualcuno degli svariati primi maggi che fioriscono
ogni anno. Tre di questi hanno la (s)fortuna di conoscersi bene, di
frequentarsi nel privato, di essere amici insomma. Stiamo parlando di Fabi
Silvestri Gazzè che, dopo aver compiuto un viaggio formativo in Africa due anni
fa, hanno deciso di portare un cerberico progetto musicale, chiamato appunto,
con quel pizzico di fantasiosa fantasia nostrana, Fabi Silvestri Gazzè. A dirla
tutta però, non è che mi sia garbato molto il prodotto che ne è venuto fuori:
ho trovato “Il Padrone Della Festa” borioso, nostalgicamente ripetitivo e
soprattutto distruttivo dei punti forti che i tre artisti dimostrano di avere
separatamente. Un buco nell’acqua profonda dal mio modesto punto di vista. Ho
ascoltato poi il live del concerto che è succeduto all’album in studio e la mia
parte intollerante si è dovuta ricredere: il disco in questione riprende molti
brani famosi dei tre solisti e li reinterpreta in maniera fresca, nuova. Hanno
svecchiato pure “L’Y-10 Bordeaux”, dai, un plauso lo meritano. Anche gli estratti
del lavoro congiunto dimostrano di avere una forza celata inimmaginata. Una
bella scoperta. VOTO: 7.5
ALBUM: Run (2015)
Gli Awolnation, band-progetto di Aaron Bruno, tornano e
cercano di bissare il successo del primo album (che ricordiamo trascinato dalla
perfetta Sail), ma non riescono nell’impresa. Ci troviamo di fronte ad un
prodotto che si copia nel corso di quattordici lunghe canzoni, si ripete e non osa
quasi mai. Il classico suono elettronico discordante, marchio di fabbrica degli
AN, viene bilanciato in maniera rivedibile: alcuni brani ne abusano, in altri è
completamente assente.
L’album in realtà parte bene: “Run” accelera e introduce
bene, “Fat Face” si lascia ascoltare, ma è “Hollow Moon (Bad Wolf)”, singolo
che anticipava l’uscita del lavoro in studio, il brano che tiene alte le
aspettative. La struttura classica dell’elettronica degli AN mischiata agli
Arcade Fire e a tendenze più soft, più alternative, più folk. Un pezzo
decisamente riuscito. Si continua discretamente per arrivare a “I Am”, altro
singolo molto più pop, accessibile, ma non per questo scadente; si può riconoscere un giro di piano simile a quelli di Chris Martin. Da qui in poi,
a parte un paio di eccezioni, l’album declina verso l’inutilità. Solo noia,
peccato. Poteva essere un prodotto carino e fresco, molto adatto al periodo
estivo, ma così non è. Evocativa la cover. VOTO: 5.5
FILM: La Tempesta Del Secolo - Seconda Parte (1999)
Eccoci finalmente. Dopo una settimana di pausa forzata
torniamo a parlare della miniserie di Stephen King che turba, inquieta e fa
riflettere. Per capire ciò che verrà detto vi invito a leggere o rileggere la
receimpressione della prima parte.
Dove eravamo rimasti? L’entità aveva già cominciato a
controllare le menti della popolazione dell’isola, ma quello era niente
rispetto a ciò che accade nella seconda parte. In realtà gli eventi non
precipitano velocemente come ci si potrebbe attendere da una miniserie, ma
l’ansia è crescente e si sente che sta per accadere qualcosa. Tutto porta a
pensare che il finale dell’episodio sia la chiave dell’intera opera e così è.
Mentre la popolazione continua a subire l’influenza di Linoge (o Legion, per
chi ha visto o letto “La Tempesta del Secolo”) il protagonista è combattuto sul
da farsi: gli abitanti vorrebbero che uccidesse a sangue freddo la minaccia, ma
il buon senso prevale in lui. Lo stesso non si può dire per il resto dell’isola
che, sul finire della puntata, decide di scagliarsi contro l’entità, portandola
a mostrarsi per quello che è, ossia un demone onnipotente, ma non immortale,
badate bene che ciò sarà fondamentale. Lo stregone quindi ricorda nuovamente
che se gli verrà consegnato ciò che vuole lascerà libera l’isola del Maine. A
quel punto Linoge fugge, lasciando interdetti i presenti. La caccia all’uomo
può dirsi conclusa, ma la scelta sarà ardua.
Il livello tecnico perpetua nella mediocrità, ma la trama
è ormai entrata nel vivo e la mano del maestro si sente sempre più. Un gradino sopra la prima parte. VOTO: 7
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