Dopo mesi di estenuante attesa finalmente ci siamo. La
serie rivelazione dello scorso anno è tornata in una nuova veste: nuovi
personaggi, nuove ambientazioni, nuovi casi misteriosi da risolvere, nuove
scomode verità da portare alla luce. Al timone ancora il giallista Pizzolatto e
il regista dal nome esotico Fukunaga. Paragonare la seconda stagione di True
Detective alla prima sarebbe quantomeno scorretto e controproducente; la
perfezione è solamente eguagliabile. Questo l’hanno capito anche i creatori e i
produttori della serie che hanno voluto dare vita ad un prodotto che si
allontanasse totalmente dal capolavoro dello scorso anno. Ma saranno
riusciti comunque a creare qualcosa di indimenticabile senza cavalcare l’onda
del successo di Rust e Marty? Scopriamolo insieme.
Prima di addentrarci nella complessa trama del primo
episodio vorrei però soffermarmi a parlare dell’opening, elemento troppo spesso
sottovalutato. Se la sigla della prima stagione bucava lo schermo e riusciva a
trasportare lo spettatore direttamente all’interno delle contorte menti dei
protagonisti, quella della seconda convince meno. Sembra essere poco in linea
con il tono della serie; meno incisiva, meno azzeccata, ma non per questo
deprecabile.
La puntata si apre con Ray Velcoro, agente di polizia
della città di Vinci, che accompagna il figlio a scuola. Egli è divorziato e
insicuro riguardo l’effettiva paternità del bambino visto in precedenza. La
storia si sposta poi nel passato, quando il giovane agente si lascia convincere
da un Vince Vaughn tanto astuto quanto losco nelle sue azioni che la moglie sia
stata violentata da un uomo dai capelli scuri di cui il suddetto Frank ha casualmente una
fotografia a portata di mano. In verità credo che sia stato lo stesso Vaughn a
stuprare la moglie del protagonista, o forse è completamente estraneo alla
faccenda, ma in ogni caso il suo obiettivo era quello di intrattenere un
rapporto stabile con un membro della polizia di Vinci. Ray decide quindi, in
preda a tutte le furie, di farsi giustizia da solo. Verremo poi a sapere che, a
distanza di anni, il rapporto di amicizia-utilità tra i due personaggi perdura
anche al tempo in cui si svolgono gli eventi principali. Piccola parentesi:
l’uso dei flashback è stato volutamente ridimensionato rispetto alla prima
stagione e ciò, a mio parere, rappresenta un elemento a favore della serie in
quanto grande punto di rottura con il passato.
Vengono presentati poi gli altri due protagonisti della
serie: Rachel McAdams (già a lavoro con Vaughn in “Due Single a Nozze”) e
Taylor Kitsch. La prima è un’agente di polizia di una cittadini vicino Vinci.
Ha una sorella che lavora nel settore del porno nonostante il dissenso dei
familiari e un padre santone mistico oltre che una discreta dote di prevenzione
nei confronti del genere maschile. Ciò che emerge maggiormente di questo
personaggio femminile è la vacuità di una vita che si rifugia nell’alcool e nel
lavoro per cercare una compiutezza impalpabile e passeggera. Il secondo
protagonista, interpretato da Kitsch, è invece un tormentato agente biker
affetto di impotenza e coperto di vistose cicatrici che rischia il
licenziamento dal corpo di polizia per aver usufruito di alcuni favori sessuali
abusando della divisa. Woodrugh è evidentemente depresso, tanto da tentare il
suicidio in moto verso la fine dell’episodio.
Inizialmente il collante tra i tre protagonisti è sconosciuto
e in realtà la molteplicità di storie si rivela leggermente destabilizzante per
lo spettatore medio in cerca di puro intrattenimento, ma col passare dei minuti
alcune elementi cominciano ad essere comuni ai tre mondi fino a quel momento
paralleli e indipendenti. Altro
personaggio degno di nota è il sopracitato Franky Vaughn Semyon, uomo della
malavita locale e gestore di una serie di locali tra cui un casino. Si intuisce
chiaramente che Semyon sia invischiato nell’omicidio che sorregge la puntata,
ovvero quello del politico di Vinci Ben Caspar, anch’egli probabilmente coinvolto nel giro di
tangenti e nel riciclaggio di denaro estero.
La prima puntata si conclude con i tre protagonisti
nell’atto di riconoscere il cadavere di Caspar sul bordo di una fredda e buia
strada statale. Velcoro è il responsabile delle indagini legate al cadavere
trovato da Woodrugh nel territorio di competenza dalla Bezzerides. Un’intricata
rete che collega i tre.
Ancora una volta Pizzolatto si conferma abile scrittore
di persone; a risaltare sono infatti le personalità dei singoli personaggi che
talvolta potrebbero sembrare eccessivamente sopra le righe (vedi Farrell), ma
nel complesso si dimostrano decisamente molto umane. Le pause, le espressioni,
le difficoltà esistenziali, i silenzi. Tutto molto bello, tutto molto vero. Il
problema è che se una serie vuole definirsi un crime ha bisogno di una trama.
La trama di questo primo episodio convince, tiene accessi i cervelli degli
spettatori ed appassiona quanto deve, ma due enormi buchi di sceneggatura non possono
passare inosservati: il primo si ha quando la McAdams capita casualmente nella
casa di una signora ispanica per consegnarle una lettera di sfratto e questa le
chiede di trovare la sorella che poi scopriremo essere l’amate di Kitsch. Un volo
pindarico eccessivamente forzato per collegare due personaggio che altrimenti
sarebbero rimasti estranei l’uno all’altra. L’altro buco di trama riguarda
appunto Kitsch, o Woodrugh, che dir si voglia. Questi, nel tentativo di
suicidarsi in moto, alla velocità di 110 mph (175 km/h) e con i fari spenti,
incredibilmente evita miracolosamente lo schianto e scopre ancor più
miracolosamente il cadavere del politico scomparso, così, dal nulla. Male Nic,
sai fare di meglio, lo sappiamo.
Per il resto la regia si ripete un po’ troppo spesso ma
rimane comunque di alto livello, soprattutto nelle suggestive riprese
dall’alto, e la fotografia mostra più colori rispetto a quella della prima
stagione, in linea con l’ambientazione e la variazione di temi portanti. Tutto sommato
un pilot convincente ma non eccelso, lineare ma anche confuso, semplice ma
anche complesso. Un episodio che introduce dei nuovi meravigliosamente
problematici personaggio e da il via a otto settimane che ci terranno
inevitabilmente col fiato sospeso. True Detective è tornato, fate spazio ai
maestri.
Breve puntualizzazione: a causa di impegni e della
serializzazione contemporanea dei commenti su Wayward Pines (che vi invito a
leggere qui, fatelo, sul serio, vi controllo), ho deciso di analizzare gli episodi di True Detective due alla
volta, fino ad arrivare all’ottavo e ultimo, di cui parleremo singolarmente e più
approfonditamente per fare anche un bilancio finale della seconda stagione. Per
cui, per quei pochi stolti che seguiranno questo blog solo per questa miniserie di
commenti, ci vediamo tra due settimane. Intanto buon caldo a tutti e buoni
orali (panico).
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