Premetto che ho pensato a una linea generale da seguire
per quanto riguarda le miniserie che analizzerò da qui all’eternità: ho deciso
di concedere un massimo di due passi falsi clamorosi ed evidente ad ogni serie,
prima di bollarla come flop. Wayward Pines il primo bonus se l’è giocato con il
terzo episodio. In questo quarto invece si rialza, non brillantemente, ma si
rialza.
A dirla tutta la puntata parte abbastanza male, sulla
scia della precedente. Il protagonista viene nominato inaspettatamente (colpo
di scena ad effetto) nuovo sceriffo dopo la dipartita dell’ottimo e minaccioso Howard,
ma la notizia dell’imminente investitura da parte del sindaco e dell’infermiera
non smuove Ethan di una virgola. L’espressione da duro prevale sul realismo e
la puntata inizialmente ne risente. Poi la situazione cambia quando viene
introdotto il personaggio chiave di questo episodio: Peter McCall, agente
immobiliare stanco della farsa a cui sono costretti gli abitanti di WP e
accusato di insubordinazione. La difficile decisione che Burke dovrà prendere
sul futuro del pover’uomo sarà centrale per il ritorno al realismo e alla credibilità
della trama principale della serie.
Dall’altra parte si sviluppa una sottotrama utile allo
sviluppo dei personaggi, ma assai lenta e poco accattivante, legata al giovane
Ben, alle prese con l’inserimento nella scuola superiore e quindi nella società
del posto. L’unico elemento d’interesse della storia del ragazzo potrebbe
essere il fatto che, per il ruolo di insegnanti, sono stati ricondizionati
abili psicologi che potrebbero essere la chiave della tacita accettazione della
popolazione. Potrebbe trattarsi di una sorta di lavaggio progressivo del
cervello. Ma sono solo supposizioni.
Tralasciamo poi la sottotrama romantica che, dopo quattro
episodi, è, senza ombra di dubbio, la più estranea al contesto misterioso
abilmente costruito nel corso delle puntate. Diciamo che del tradimento di Matt
Dillon con Kate (che cerca di appioppare a chiunque i carillon fatti dal
marito) non interessa niente a nessuno. Niente.
Passiamo quindi ai misteri misteriosi che mi affliggono e
mi tormentano dal giovedì sera al giovedì sera, successivo intendo. Da che
parte sta lo psichiatra? Perché a tratti aiuta il protagonista e a tratti
complotta contro questo? Cosa sa che noi non sappiamo e fino a che punto è
invischiato nella rete vischiosa e “triste” che avvolge l’intera città? Chi ha
chiamato a telefono il protagonista per intimarlo di uccidere il malcapitato
Peter? Quanto l’infermiera conta in tutto il complesso apparato che tira i fili
dei vuoti involucri comunemente noti come cittadini? Chi regola lo scorrere del
tempo e quanti giorni sono passati fuori dalle mura dall’inizio della serie?
Cosa sono gli “incidenti” che trasportano misteriosamente i protagonisti all’interno
della città? Ma soprattutto, chiccaspita sono i “lupi” famelici che hanno
ritirato il corpo dell’ex sceriffo? Ecco, in sostanza questi sono i misteri
che, a grandi linee, tengono in piedi tutta la struttura e senza i quali avrei
smesso di guardare la serie prima di cominciare a vederla.
Questo quarto episodio funziona, dobbiamo ammetterlo. Il ritmo
frenetico viene rallentato in favore di una maggiore introspezione psicologica
dei protagonisti e la cosa scorre ottimamente; anche la regia aiuta in questo
senso il cambio di ritmo. Il vero vanto di questa serie è il livello d’intrattenimento
che continua a rimanere alto e invoglia lo spettatore a seguire assiduamente la
serie. Aspettando il giro di boa la situazione si è stabilizzata e il mistero
continua.
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