ALBUM: Get to Heaven (2015)
Sinceramente tuttora non so chi siano gli Everything
Everything, ma Deezer, piattaforma di cui solitamente fruisco per ascoltare gli
album da recensire settimanalmente, me lo ha proposto in home page per aver
cercato alcuni brani dei Blur nel motore di ricerca interno. Perché non fidarsi
del buon Dee (per gli amici)? E difatti l’albm in questione, ossia il terzo del
gruppo, è stato per me una piacevole scoperta. Chitarre alternative,
sintetizzatori usati con intelligente parsimonia, falsetto piacevole, ma
soprattutto una costruzione dei brani stupefacente per me che prima di una
settimana fa ignoravo l’esistenza di questa band anglosassone. Ciò che colpisce
di più è l’abilità con cui si alternano sezioni semplici ad altre musicalmente
complesse, con cui in punti ben precisi si ritrovano accenni all’hip-pop
moderno e a come sono stati gestiti gli strumenti. Raramente sentiremo molti
suoni accavallarsi per creare una confusa musicalità discordante
(*coffcoffimaginedragons); in “Get to Heaven” tutto ha il suo posto, tutto è bilanciato
e riconoscibile come se a scrivere fossero dei veterani. Non stiamo parlando di
un capolavoro, ma sicuramente di un altro prodotto che purtroppo qui in Italia
non ha e non avrà il successo che invece merita. VOTO: 7.5
ALBUM: How Big, How Blue, How Beautiful (2015)
La sua voce inconfondibile riesce sempre a sorprendermi. Pezzi lenti, pezzi veloci, pezzi sussurrati e pezzi che gridano al mondo i sentimenti più intimi di un’artista totale. Diciamoci la verità: anche in quest’album i Florence and the Machine sono molto Firenze e poca Macchina. Anche quest’ultimo lavoro dimostra le doti eccelsi della cantante, ma, anche se in secondo piano, anche la componente musicale dell’album non è da sottovalutare. Un perfetto connubio che da anni allieta le nostre orecchie. Quest’ultimo lavoro è parso più complesso e riflessivo, a partire dai testi. Soprattutto nella seconda parte dell’album possiamo trovare brani lenti e caldi che controbilanciano l’abbondanza di suoni e artifizi musicali presenti nelle prime canzoni. I singoli però si dimostrano essere i pezzi che ricorderemo più a lungo, “Ship to Wreck” e “What Kind of Man” su tutti. Album che in verità ho ascoltato già più volte e tante altre lo riascolterò; non perfetto, ma indubbiamente Florence. VOTO: 8
FILM: Rock of Ages (2012)
Cosa volete da un musical? Canzoni indimenticabili e
coinvolgenti? Coreografie accattivanti e perfettamente armonizzate al conteso?
Una storia corale e semplice ma allo stesso tempo divertente? Un Tom Cruise in formissima che
interpreta la fotocopia di Bon Jovi? Bene, in “Rock of Ages” troverete tutto
ciò e anche di più. La trasposizione cinematografica dell’omonimo musical di
Broadway funziona alla meraviglia e vi farà saltare sul divano al ritmo di “We
Built This City/We’re Not Gonna Take It” (si, insieme, provate per capire).
Vedere molti attori famosi, solitamente legati a generi cinematografici
completamente diversi rispetto al musical, fa sorridere e aumenta la curiosità.
Il duo Baldwin-Brand è da lacrime divertenti miste ad applausi scroscianti in
ogni scena. Il film in questione non è però perfetto, anzi. Soffre di tre
problemi principali: l’anonimità dei due giovani protagonisti, la banaltà del
motivo della rottura tra Diego e Sherrie e la presenza di alcune canzoni-riempitivo che
troppo poco aggiungono alla narrazione per poter essere considerate quantomeno
accettabili. Comunque imperdibile per i fan del genere e per i nostalgici degli
‘80s. VOTO: 7.5
FILM: Sucker Punch (2011)
Questo fim, girato da un qualsiasi altro regista, sarebbe
potuto durare 60 minuti anziché 120. Snyder non demorde e continua ad abusare
del solito rallenty che a tratti funziona e fa stropicciare gli occhi, ma molto
spesso annoia e porta gli inesperti spettatori a rifugiarsi nella tranquillità
di uno smartphone. La scena inziale in cui la protagonista uccide per sbaglio
la sorella nel tentativo di fermare gli abusi del patrigno dura davvero un
quarto d’ora. Estenuante. Devo ammettere che però in questa pellicola la scelta
dei brani pop riarrangiati, rallentati e adattati alla velocità delle scene è
stata interessante. Fotografia troppo sopra le righe. Ma passiamo a parlare
della trama: non riesco ancora a dire se si tratti di un’opera d’arte
d’avanguardia o di un esempio di tamarraggine senza precedenti. Indubbiamente
le scelte in fase di scrittura risultano assai pretenziose e talvolta sfociano
nell’arroganza pura. Sembra quasi che Zack, regista e sceneggiatore, abbia
voluto trovare un espediente forzato per mostrare le sue presunte doti.
Eccessivo nelle scene fantasy, borioso in quelle reali. Il finale pecca nella
costruzione ma non nel messaggio, decisamente entusiasmante. “Combatti!”. VOTO:
6.5
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