Dopo aver visto i primi due episodi confesso di essere
rimasto piacevolmente sorpreso: la serie funzionava anche se le promesse
iniziali erano state parzialmente infrante dalle scelte narrative degli
sceneggiatori. In questi due episodi invece il livello del prodotto precipita
vertiginosamente verso la mediocrità a siamo abituati da anni in Italia.
La
doppia narrazione vista la scorsa settimana aveva portato lo spettatore ad
identificarsi con i protagonisti e ad appassionarsi agli avvenimenti legati
allo scandalo Mani Pulite. Queste due componenti, correttamente bilanciata,
avevano reso la serie interessante e coinvolgente, ma, venuta a mancare quasi
completamente una delle due, il risultato è deludente. 1992 manca
clamorosamente il bersaglio perdendo di vista quello che almeno in partenza era
l’obbiettivo annunciato della serie, ossia quello di raccontare in maniera
fresca e trasversale l’alba di Tangentopoli e la corruzione dilagante nell’anno
in cui il serial è ambientato. A parte
un paio di scene incentrate su Antonio Di Pietro, sempre meno credibile
rispetto all’originale, e sul dottor Mainaghi (uno dei pochi personaggi che
mantengono un’aria di credibilità), la serie si focalizza unicamente sui sei personaggi
immaginari. Alcune idee discrete come quella di introdurre Falcone e il pool
antimafia, vengono rese inconsistenti da una realizzazione poco precisa e da
tempistiche del tutto inaccettabili. Miriam Castello Leone impersona una
ragazza troppo lontana dal mondo di mani pulite per risultare interessante agli
occhi di uno spettatore critico; fortunatamente però il livello di recitazione
dell’attrice siciliana si mantiene a livelli più che discreti, come nella scena
della morte di Mainaghi (una delle più ispirate finora).
Il Dandi si
conferma un ottimo caratterista impersonando un personaggio intrigante,
misterioso e accattivante che non ha ancora rivelato la sua vera natura,
solamente intravista nel rapporto tra il suddetto personaggio e Stefano Accorsi.
Bibi risulta la meno azzeccata dei protagonisti finora
dal punto di vista recitativo. Tea Falco sembra sempre fuori posto, ogni frase
un fastidioso, monotono lamento e ciò influisce decisamente sull’empatia che lo
spettatore può sviluppare nei confronti di un simile insulto recitativo. Le
premesse fanno pensare ad uno sviluppo interessante della storia della novella
imprenditrice milanese, stavolta davvero invischiata in faccende più importanti
delle semplici disavventure di una viziata figlia di papà, ma l’errore
madornale nella scelta dell’attrice al casting potrebbe seriamente compromettere
questo braccio della narrazione.
Pietro Bosco è invece la sorpresa positiva della prima
parte della serie: l’interpretazione molto convincente e credibile regalata dall’ispettore
Manara si accompagna ad uno sviluppo della trama assai interessante legato
strettamente alla politica italiana del tempo. La corruzione e le meccaniche
sporche che regolano la vita parlamentare emergono in maniera chiara e ben
congeniata. Lo spettatore è portato a provare simpatia per il deputato,
nonostante questo faccia parte di una Lega macchiata. Uno dei pochi motivi che
spingono ad attendere i prossimi episodi.
Diele soffre della sindrome Falco, ossia la totale
assenza di espressività e ciò emerge in maniera meno pesante per il ruolo che l’attore
interpreta. Il vero problema sta nella costruzione del personaggio: con il
potenziale dato dal legame diretto di Pastore con Di Pietro ci si aspettava
decisamente un’implicazione maggiore del procuratore aggiunto nella vicenda
Mani Pulite, invece questa è pesantemente ed ingiustificatamente oscurata da un
AIDS inserito forzatamente nella trama e da una vendetta misteriosa che, se non
lo ha già fatto fino ad ora, rischia davvero di stancare e rendere
insopportabile il personaggio in questione.
Leonardo Notte è invece l’emblema della mediocrità
mostrata da “1992” nelle ultime puntate. Ottime potenzialità gettate al vento
nella caratterizzazione di un personaggio che non va da nessuna parte: troppe
sfaccettature, troppi eventi tra loro sconnessi (come la mancata espulsione
della figlia, evitabile) che cercano di sviluppare una personalità interessante
ma che falliscono generando confusione, noia, inutilità. La storia del presunto
assassinio funziona ancora ma ha ben poco a che fare, almeno finora, con
Tangentopli. Accorsi poi non aiuta con
il solito sguardo vacuo e il sorrisetto irritante.
L’ambientazione non ricorda quasi mai il 1992. Altra
pecca della serie.
Delusione profonda, viste soprattutto le potenzialità mostrate
nelle prime due puntate. Il tempo per fare meglio non manca ma la via è
completamente sbagliata. Speriamo cambi e speriamo lo faccia presto.
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