ALBUM: LORENZO 2015 CC (2015)
Lorenzo, come il buon vino, migliora invecchiando. Viene
confermata la tendenza già sentita in “Ora” ad affiancare una componente
elettronica al pop classico del Jovanotti nazionale. In realtà sotto una
facciata molto semplice e immediata si nasconde una moltitudine di generi e
sottogeneri, influenze varie, esotiche e particolari: rap, pop-rap, hip-hop,
funky, pop-rock, world music. Il
cantautore toscano si conferma dunque uno dei migliori artisti pop italiani
degli ultimi quindici anni, se non il migliore, sfornando un nuovo album nel
quale il 60% delle canzoni potrebbe diventare singoli da adesso all’uscita
del prossimo lavoro. Tutto è molto semplice, viscerale, immediato e
comprensibile. Messaggi e metafore arrivano all’orecchio (molto) e al cuore
(meno) di tutti. “Gli Immortali” ottima ballata, orecchiabile, “Tutto Acceso”
spicca tra le altre. Il livello complessivo è alto, per questo risulta
difficile riuscire a citare una canzone piuttosto che un’altra, dipende dai
gusti personali. “Lorenzo 2015 CC” non è però esente da difetti. La lunghezza
dell’album infatti potrebbe anche rivelasi un’arma a doppio taglio. A mio parere
il livello del secondo CD è inferiore a quello del primo e la mancanza
dell’effettiva necessità di un doppio album fa pesare ancora di più alcuni
brani discreti ma non al livello della maggior parte degli altri. La mancanza
inoltre di pezzi più lenti e riflessivi come erano stati “Ora”, “L’Elemento
Umano Della Macchina” e “Quando Sarò Vecchio” per l’album precedente si fa
sentire eccome. Altro punto a sfavore di Lorenzo Cherubini in questo lavoro è
l’assenza di una presa di posizione: quando un’artista raggiunge una tale
popolarità ha la possibilità di esprimere le proprie idee senza la
preoccupazione che queste possano fargli perdere il seguito di cui gode. In
questo album mancano idee forti che diano un’impronta intelligente e acuta al
prodotto. “La Mia Ragazza È Magica…” ci sta una, massimo due volte, poi basta.
Alziamo un po’ i contenuti senza paura di pestare i piedi. Un gradino e mezzo
sotto il lavoro precedente ma comunque un lavoro molto buono. VOTO: 8
ALBUM: Random Access Memories (2013)
Non esce spesso un loro album, ma quando esce si fa
sentire eccome. A detta di molte testate specialistiche, tra cui “Rolling
Stones”, uno dei migliori album del 2013, “Random Access Memories” conferma
appieno le enormi potenzialità del duo elettronico francese. Questa volta Guy e
Thomas mostano un’invidiabile predisposizione alla sperimentazione musicale
inserendo nello stesso lavoro tendenze diverse che portano l’album ad
avvicinarsi a sempre più ad un genere nuovo, definibile electro-atmosphere,
caratterizzato da brani-esperimento sempre riusciti tra cui “Giorgio By
Moroder” e la meravigliosa “Touch”. Gli altri pezzi però non sono da meno;
spiccano infatti le popolari e trascinanti “Get Lucky”, “Give Life Back To
Music” e “Lose Yourself To Dance”. Le ultime canzoni dell’album sono invece più
soft, da tenere come sottofondo dello scorrere dei pensieri.
Un prodotto pop, per tutti, ma contemporaneamente personale,
per pochi. Daft Punk che si conformano e si migliorano esplorando ogni volta
nuovi continenti. Ottimi i camei. Da avere nella propria collezione personale.
VOTO: 9
ALBUM: Oracular Spectacular (2007)
Altro duo elettronico, altro album imperdibile. I Management
(MGMT) debuttano così, senza pretese e con molta voglia di stupire nel panorama
neopsichedelico, sottogenere dell’elettronica. I singoli estratti risultano tutti
freschi, allegri e immediati, “Kids” però surclassa gli altri con una melodia
indimenticabile e un testo enigmatico. “Electric Feel” più ballabile e
spensierata. La vera chicca nascosta è però “Weekend Wars” che conferma le
capacità dei due ragazzi americani; un brano musicalmente non
scontato. Testi intelligenti e mai banali, musiche di livello alto per il loro
genere. Bella scoperta. VOTO: 8.5
FILM: Oxford Murders (2008)
Quando “Il Signore degli Anelli” incontra “Harry Potter”,
quando “Frodo” incontra “Olivander” nasce un giallo-thriller spagnolo che si
propone come novità nel suo genere introducendo la variabile
matematica-scientifica alla risoluzione di casi di omicidio. In realtà
l’ostentata particolarità tanto nuova e innovativa non è (“Numb3rs”), e tolta
quella il film risulta piatto, banale e tecnicamente rivedibile. Manca la cura
per i dettagli che dovrebbe caratterizzare opere di questo tipo e manca una
caratterizzazione dei personaggi degna di essere definita tale. Elijah Wood
intrattiene rapporti irreali e fastidiosi con due ragazze diverse che si
rivelano essere solo forzature fini a giustificare una parte della trama.
Alcune scene, come quella dello scienziato impazzito e mutilato, sono sì
“bizzarre” e caratteristiche, ma nel complesso si rivelano inutili e fini a se
stesse. Il finale sembra voler giustificare le azioni di un assassino con la
tipica frase “Le responsabilità sono da dividersi tra tutti noi”. Banale. Pochi
spunti degni di interesse. Evitabile. VOTO: 5
FILM: Cruel Intentions (1999)
Riadattamento in chiave moderna de “Le Liaisons
dangereuse” da parte del semisconosciuto Roger Kumble. Questa volta il romanzo
di Choderlos de Laclos viene ambientato nella Manhattan di fine degli anni ’90. I protagonisti sono
dei ragazzi stanchi delle solite relazioni a cui sono abituati e decisi a
spingersi oltre. Questo sarà solo l’incipit di una serie di inganni, baci
saffici e relazioni incestuose. La trama in partenza alternativa e interessante
si affloscia con il prosieguo del film. Le reazioni degli attori diventano
sempre meno credibili, stereotipate e hollywoodiane. La spontaneità è pressoché
assente in questa pellicola, tutti sembrano recitare una parte di cui però
nessuno è convinto. Il finale riprende il libro in maniera banale e buonista,
riproponendo la classica morale sentimentale. Un prodotto che poteva essere
maturo e sfruttare bene le fonti letterarie immortali a cui si ispira e invece
si presenta superficiale, anonimo e destinato ad un pubblico più giovane che si
lascia convincere da un paio di scene di sesso molto censurate. Discreta Buffy
per l’interpretazione stereotipata ma convincete della sorellastra del
protagonista. Colonna sonora non originale che salva un minimo la situazione.
“Bitter Sweet Symphony”. VOTO: 5.5
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