Lo scorso martedì stavo guardando “1992 - La Serie” e durante la
pubblicità tra le due puntate ho avuto una strana sensazione; mi sono sentito
come se fossi su Rai Uno piuttosto che su Sky Atlantic.
Se la scorsa settimana avevo ravvisato un calo della qualità
del prodotto, soprattutto alla luce delle aspettative, con questi nuovi episodi
il calo verso il basso è ormai evidente, il calo verso la fiction italiana da
cui le produzioni dell’emittente satellitare prendono sempre le distanze, sia a
parole che con i fatti. Tradimenti, amori, sesso, trama banale, mediocrità. Gli
ingredienti della fiction ci sono tutti. I mezzi tecnici, tra cui una
fotografia precisa e realistica e una regia discreta, sono gli unici aspetti
che rimangono del timbro tipico di Sky e delle sue serie evento tanto acclamate
da pubblico e critica. Il vero problema di questo prodotto è quindi una
scrittura non all’altezza che fatica a sorreggere una realizzazione di livello
medio-alto.
Lo sviluppo della narrazione sta gradualmente diventando borioso,
futile, noioso, ripetitivo e soprattutto completamente estraneo a Tangentopoli
e al 1992 in generale. Che fine ha fatto Tangentopoli? Specialmente nel quinto
episodio mancano completamente agganci all’inchiesta Mani Pulite che
francamente era l’unico oggetto d’interesse riguardo questa serie.
Guido Caprino nel quinto episodio si conferma un buon
caratterista e la storia legata ai proiettili contenenti uranio impoverito
scorre piacevolmente seppur senza lasciare grande traccia nel complesso. La
vera nota dolente si sente nel sesto episodio, quando la storia del
parlamentare leghista si lega nuovamente a quella della Leone: il personaggio
mostra altre sfaccettature meno interessanti che rischiano di minare la
credibilità mantenuta fino a quel momento. La trasformazione di Bosco in
ubbidiente soldatino agli ordini dell’aspirante attrice allontana lo spettatore
dagli eventi parlamentari decisamente più interessanti. Ridicola la scena della
proposta di matrimonio in spiaggia. Calo.
La Castello è un pesce fuor d’acqua. Un personaggio molto
più vicino a Beautiful che ad una serie evento di Sky. Con la morte di Mainaghi si è optato per legare
la protagonista agli “eventi politici” narrati attraverso Bosco, una scelta
quantomeno discutibile. La luce accesa sul passato della ragazza nella scena
della confessione al gruppo di teatro rende la Leone un personaggio a metà l’odio
e la compassione. Non si riesce mai a provare una di questi due sentimenti fino
in fondo. “1992” senza questo personaggio perderebbe solo la bellezza dell’ex
miss Italia e nulla più.
Si scopre finalmente la verità sul presunto omicidio
commesso da Notte, una storia di droga e morte in età giovanile. Accorsi recita
in maniera monotona, mostrando un po’ di espressività solo con gli occhi
ipnotici. Poco credibile l’incontro iniziale con Roja, licenziamento
interessante reso vano da una riassunzione immediata, imbarazzante ed evitabile
il cameo di Giovanni Rana. Come già detto nel precedente commento, Leo Buio
incarna l’inutilità della serie, in questi episodi rappresentata dalle “liaisons
dangereuses” tra il pubblicitario, la sua amica rifatta e la figlia quindicenne
di questa in Sardegna. Il personaggio che in partenza aveva più implicazioni
con il mondo dell’imprenditoria milanese e con quello della marcia politica
fallisce miseramente. Potenzialmente interessante l’incontro Notte - Silvietto nazionale
nel finale della sesta puntata, percepibile nell’aria fin dall’inizio della
serie.
Tea Falco si conferma la “Cagna Maledetta” di 1992.
Relazione discreta quella con Pastore e molto interessante l’implicazione della
mafia nella società Mainaghi, ma la recitazione della Fotografa Siciliana
rovina tutto. Appunto, Fotografa. Doveva proprio dedicarsi alla recitazione?
Stavamo per perderla nel quinto episodio, stavo già stappando lo champagne, ma
il Buio aveva altri progetti.
Diele sembra aver imparato bene il mestiere dal monocorde
Accorsi. A parte la recitazione sottotono, il personaggio si arricchisce di
sfaccettature attraverso rivelazioni sul passato e sull’HIV. La relazione utile
con l’Imprenditrice Mainaghi porta avanti una storia che a mio parere sarebbe
stata realmente più accattivante e graffiante se avessero concentrato le attenzioni
dell’ufficiale della polizia giudiziaria solo sul supporto diretto all’operato
di Antonio Di Pietro. Comunque uno dei personaggi più convincenti finora.
Roja rivela la propria natura di giocatore d’azzardo e
lascia intendere il doppiogiochismo che compie sistematicamente nei confronti
del pool di Mani Pulite. Un personaggio che nasconde nella sua natura di
comprimario il segreto dell’interesse che riesce a suscitare nello spettatore.
Di Pietro funziona in quanto fittizio e lontano dal reale
ex magistrato. Scelta inizialmente azzardata ma che alla lunga si è rivelata
azzeccata.
Se nel precedente commento avevo chiuso con un inno alla
speranza nei confronti di questa serie, ora la speranza residua è minima. Sempre
meno interessante, puntuale, precisa e di denuncia. Sempre più italiana, inutile.
Sempre più Rai. Ad oggi uno spreco di potenziale e di risorse enorme.
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