sabato 30 maggio 2015

COMMENTO WAYWARD PINES EPISODIO 3

Ok, ok. Lo ammetto. Mi sbagliavo. Avevo detto di essere quasi sicuro che Burke moglie e Burke figlio non avrebbero mai raggiunto Wayward Pines, che avrebbero sbattuto la testa contro quel muro per molte e molte puntate. Pensavo che la famiglia del protagonista avrebbe rappresentato, entro la fine della serie, la chiave per la definitiva fuga salvifica di Ethan e della barista. Poi la barista è morta. Poi la famiglia è arrivata a WP. Ok. Non c’avevo capito niente, “loro” volevano la famiglia al completo.
Sembra infatti che lo sceriffo, giudice, giuria e boia della città, e la perfida infermiera non siano i veri capi del programma che trattiene centinaia di persone in un recinto, ma, come lasciava intendere il dilogo tra lo psichiatra e il collega di Burke nella prima puntata, ci sono interessi più profondi e celati; qualcosa che non ci è ancora dato sapere.


Cominciamo dall’inizio però, basta con questi medias res che stordiscono e confondono. Questo episodio parte molto male e si sviluppa peggio: la scorsa settimana era stata uccisa la compagna di merende del protagonista perché aveva tentato di fuggire e perché aveva parlato del passato, due regole ferree da non infrangere. Allo stesso tempo però, insieme a lei, anche Ethan aveva tentato la fuga. Perché allora riservare un trattamento diverso all’agente dell’FBI? Perché l’uomo riesce tranquillamente a rifugiarsi nella casa di Kate senza che nessuno lo veda o lo denunci? Dove sono finite tutte quelle persone che inneggiavano all’ordine in piazza gli occhi insanguinati? Troppe incongruenze che stonano non poco.


Se il principio è sostanzialmente pessimo, lo sviluppo può definirsi peggiore se possibile. La famiglia Burke che parte e non si capisce come riesca ad entrare a WP (un altro incidente? Ma quanti incidenti ci sono in questa zona?), gli sbalzi d’umore di Kate, che in una scena sembra indemoniata e convinta della bontà delle esecuzioni pubbliche e in un’altra si redime, la morte dello sceriffo e soprattutto l’interminabile girovagare di Ethan. Perché questo personaggio vaga per la città senza una meta? perché incontra l’ex amante di nascosto nel bosco (sottotrama romantica, uff, ancora)? Perché ha smesso di farsi le domande più classiche, quelle che ci faremmo anche noi? Ecco il vero punto del problema: la perdita di credibilità. Se nelle prime due puntate infatti lo spettatore riusciva ad immedesimarsi perfettamente nel protagonista, in ogni sua scelta, in ogni suo dubbio, in questo terzo episodio questo feeling cessa e ci si chiede per tutto il tempo dove egli voglia andare a parare. Scelte incongruenti, reazioni poco umane. Un corpo estraneo allo spettatore, non il protagonista coinvolgente e dinamicamente vero che avevo apprezzato nelle prime due puntate.

Parliamo poi dell’ormai onnipresente aspetto metafisico: il tempo continua ad essere paradossale, ma ciò poco importa perché vengono introdotte poche novità; ciò che più attira l’interesse dello spettatore in questo terzo episodio è tutto incanalato verso un grido, un rumore. Non si capisce bene ancora di cosa si tratti. Stiamo parlando del verso che si sente quando Ethan uccide lo sceriffo con un colpo alla testa e poi tenta di aprire una sorta di serranda per poter fuggire. Un solo suono sinistro che li porta alla fuga, al ritorno a WP. Di cosa si tratta? Non lo sappiamo, ma sembra davvero qualcosa di inumano e assai minaccioso. Che ci sia qualcosa di sovraumano che determina lo scorrere del tempo tra le mura nemiche? Qualche entità sconosciuta che condiziona le azioni di quelli che sembrano essere i villain della storia? Qualcosa come BOB o Mike di Twin Peaks. Aspettiamo, questo è uno dei pochi punti a favore del terzo episodio.



Per adesso possiamo dire che la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto di quelli secondari, rappresenta un limite notevole della serie e che il protagonista, come detto, si sta progressivamente allontanando dall’essere il rappresentate del pensiero dello spettatore medio. Questo terzo episodio rappresenta un brutto passo falso, un buco nell’acqua, un tonfo. Insomma dispiace ma il livello è calato spaventosamente. Ovviamente una serie di dieci puntate è lunga, ma spero che si torni alla struttura classica fatta di misteri e soluzioni, colpi di scena e paradossi ; la struttura più classica e funzionale insomma. Fiducioso per il quarto episodio, abbastanza fiducioso, un pochino fiducioso.

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