martedì 28 febbraio 2017

OSCAR 2017 - QUEL MOMENTO IMBARAZZANTE

Due Oscar, un solo premio.
Basterebbe questo per riassumere un’ordinaria cerimonia di paura, ma andiamo più nello specifico, soffermandoci maggiormente sui premi, quest’anno eccessivamente politicizzati. Guardiamo quello che resta.
La La Land, trionfatore annunciato per meriti palesi ha smacchiato il giaguaro, ma non ha raggiunto la maggioranza al senato. Quanto ha pesato però il giudizio dell’elettorato dell’assente Trump sulla decisione finale? Guardando la cerimonia su Sky, in studio Castelnuovo e Canova hanno analizzato i dati per partito e hanno messo in risalto il fatto che l’elettorato di Trump avrebbe votato proprio per il film di Chazelle nella corsa al premio più ambito, mentre i democratici sarebbero stati più propensi ad appoggiare pellicole come “Il diritto di contare” e appunto “Moonlight”. Se a novembre gli analisti avessero azzeccato le previsioni elettorali, sarebbe cambiato qualcosa nell’assegnazione del premio?


Resta il giudizio personale: La La Land resta, a mio parere, una delle opere più complete, ambiziose e pregne di significati presenti in nelle ultime edizioni degli Oscar. C’è un tono, un vigore di fondo che tende ad avvicinarla alle grandi produzioni del passato. È il film che mi ha colpito maggiormente in questa stagione cinematografica e quello di cui la gente ancora parlerà tra diversi anni.
Resta la gaffe clamorosa, di quelle memorabili, epico. Un momento di televisione così imbarazzante da trasmettermi un senso di inadeguatezza che ancora non riesco ad eliminare,mi perseguita. Non riesco a non provare dispiacere immenso per i tre uomini della produzione della Lionsgate che hanno tenuto il loro sentito discorso post premiazione per poi vedersi strappare il premio dalle mani. In particolare mi rammarico per il secondo, membro più anziano del trio di oratori.

Nasci con il sogno di sollevare un premio Oscar un giorno
Spendi quarant’anni ad inseguire incessantemente il tuo sogno
Vinci finalmente un Oscar
Non lo vinci davvero.

Il fatto che il film vittima di questo qui pro quo sia proprio dedicato ai sognatori un po’ mi lascia interdetto. Le congiunzioni ancestrali.
Resta Moonlight, buon film di Barry Jenkins, che porta a casa un tris di statuette decisamente pesanti e può vantarsi anche dello scherno finale al più quotato La La Land. Evidentemente, nell’anno della xenofobia dilagante, la combo omosessualità-razzismo si è rivelata essere quella vincente. Ancora una volta la questione cinematografica ha rappresentato solo una delle variabili nelle scelte dell’Academy.
Per quanto riguarda gli altri premi poche sorprese, almeno rispetto alle mie precisissime previsioni. Mel porta a casa un paio di statuette tecniche per un film dal grande impatto visivo, e gli occhi di Emma Stone riescono ad addolcire anche la giuria nella corsa a due con l’amata Jackie. Il piccolo Affleck è in realtà un grande Affleck, nonostante la barba, e John Legend surclassa il buon vecchio Sting.
Avrei voluto gioire della vittoria italiana del duo Bertolazzi-Gregorini per il miglior trucco, ma hanno dato risalto a Suicide Squad nella notte delle stelle, e questo non va bene.


In ogni caso, dopo il divertimento, i momenti imbarazzanti e le speculazioni sui premi più ambiti, resta nella mia memoria viva l'immagine di Michael J. Fox, provato, ma ancora presente su quel palco insieme ad un esilarante Seth Rogen. Michael non deve essere mai messo da parte. 


Comunque vorrei far notare il mio 16/22 nelle previsioni. E con questo dichiaro chiusa la polemica tra me e il sottoscritto.

domenica 26 febbraio 2017

AND THE OSCAR GOES TO… LE MIE PREVISIONI

Ci siamo. Mancano poche ore al fatidico momento dell’apertura delle buste e noi cinefili, come ogni anno, dopo aver disprezzato i premi più commerciali al mondo, ci ritroviamo, come ogni anno, ad aspettare in trepidante attesa l’assegnazione delle statuine, anche a costo di barcollare per l’intera giornata di domani. Studio, lavoro, relazioni sociali. Gli Oscar, vengono prima.
Le mie previsioni si baseranno avviamente sui miei gusti, su ciò che ho avuto la possibilità di vedere, ma anche sulle prerogative dell’Academy in fatto di gusti, che spesso vanno ad influenzare l’assegnazione dei premi al di là dell’effettivo valore delle pellicole. Entrano in gioco giochi di potere, elementi esterni. Il momento storico ad esempio segna pesantemente un evento pubblicizzato come quello della notte degli Oscar, un esempio palese è la risposta eccessiva alla richiesta di una quota afroamericana nelle nomination, tendenza che ha nettamente sfavorito alcune pellicole passate in sordina. C’è quindi una logica dietro un’aggregazione di menti che spesso tende a ripetersi nelle scelte. Ma andiamo a vedere, nello specifico, in che modo l’elezione di Trump potrebbe influenzare i premi più ambiti.



Miglior Film

Arrival
Barriere
La battaglia di Hacksaw Ridge
Hell or High Water
Il diritto di contare
La La Land
Lion
Manchester by the Sea
Moonlight

Nonostante questo premio conti ben otto nomination, è necessario focalizzarsi principalmente su tre film: l’arraffanomination La La Land di Chazelle, il toccante Manchester by the sea di Lonergan e il discusso, completo Moonlight di Jenkins. Negli ultimi anni l’Academy ha cercato di dividere i premi tra film differenti e spesso il premio al miglior film è andato, per compensazione, ad una pellicola che, per un motivo o per un altro, non era riuscita a trionfare in altre categorie. Quest’anno mi aspetto un’inversione di tendenza, con l’affermazione di superiorità di un titolo sugli altri. Sto parlando ovviamente di La La Land,vincitore annunciato come miglior film per due semplicissimi motivi, quasi banali: può essere letto come un’enorme tributo al musical più classico - apprezzato a dismisura dall’Academy - e quel reiterato La del titolo è un LA assai rilevante negli States, è la città di Los Angeles, culla, con le sue ombre, del cinema di Hollywood. Per questi e molti altri motivi, la mia scelta va sull’opera meravigliosa di Chazelle.
Pronostico: La La Land

Miglior regia
               
Denis Villeneuve, Arrival
Mel Gibson, La battaglia di Hacksaw Ridge
Damien Chazelle, La La Land
Kenneth Lonergan, Manchester By the Sea
Barry Jenkins, Moonlight

Come detto, non mi aspetto la scissione dei premi importanti per questa edizione, e la regia del giovane Chazelle è qualcosa di superlativo, senza nulla togliere agli altri candidati. Non solo il gusto dell’Academy, qui il parere del pubblico è univoco.
Pronostico: La La Land



Miglior attore protagonista

Casey Affleck, Manchester By the Sea
Andrew Garfield, La battaglia di Hacksaw Ridge
Ryan Gosling, La La Land
Viggo Mortensen, Captain Fantastic
Denzel Washington, Barriere

Corsa a due, per motivi differenti. Nelle speculazioni di puro talento, Affleck ha staccato Gosling da un pezzo. Resta da superare la concorrenza dell’eterno Denzel Washington che, come fatto notare da Francesco Alò di Badtaste, andrebbe così ad eguagliare Daniel Day Lewis a tre oscar vinti tra attore protagonista e non. C’è da considerare che la giuria chiamata ad assegnare i premi tiene presente anche queste operazione di marketing in un anno di grandi cambiamenti per gli Stati Uniti, e il trionfo storico di uno dei volti del cinema nero americano fa gola e non poco. Il mio pronostico però rimane legato almerito.
Pronostico: Casey Affleck

Miglior attrice protagonista

Isabelle Huppert, Elle
Ruth Negga, Loving
Natalie Portman, Jackie
Emma Stone, La La Land
Meryl Streep, Florence

Gli occhi enormi di Emma Stone sono gli occhi di La La Land, ma la questione presidenziale ha un peso specifico nettamente diverso. Da una parte sogni e speranze, dall’altra la cruda realtà della first lady più amata della storia. L’ottima performance di Natalie Portman poi contribuisce a spostare l’ago della bilancia. Premio molto conteso.
Pronostico: Natalie Portman

Miglior attore non protagonista
Mahershala Ali, Moonlight
Jeff Bridges, Hell or High Water
Lucas Hedges, Manchester By the Sea
Dev Patel, Lion
Michael Shannon, Animali notturni

Pochi dubbi su un premio che presenta un livello medio relativamente più accessibile rispetto alle categorie precedenti, ma, nella cui cinquina, spicca un attore ormai sdoganato al grande publico e amato ancor più dalla critica. Mahershala Ali porta a casa il premio a mani basse.
Pronostico: Mahershala Ali



Miglior attrice non protagonista

Viola Davis, Barriere
Naomie Harris, Moonlight
Nicole Kidman, Lion
Octavia Spencer, Hidden Figures
Michelle Williams, Manchester by the Sea

Il premio è conteso dall’acclamata Viola Davis l’outsider Michelle Williams, direttamente dal porticciolo di Dawson’s Creek. Il premio alla Williams sarebbe davvero una grande presa di posizione dell’Academy, cha andrebbe a premiare un’attrice presente solamente per quattro scene sullo schermo, ma Barriere - film scialbo che si fonda proprio sulle interpretazioni degli attori - è alla ricerca di un premio per lasciare il segno.
Pronostico: Viola Davis

Miglior film straniero

Land of Mine (Denmark)
A Man Called Ove (Sweden)
The Salesman (Iran)
Tanna (Australia)
Toni Erdmann (Germany)

A vincere sarà probabilmente il cliente. In questo premio pesa enormemente il Muslim Ban approvato da Trump poche settimane fa. Fahradi boicotterà, Fahradi vincerà.
Pronostico: The Salesman (Il Cliente)

Miglior documentario

Fuocoammare
I Am Not Your Negro
Life, Animated
OJ: Made in America
13th

Categoria con cui ho poca dimestichezza. Mi affido alle quote e mi rammarico per Fuocoammare.
Pronostico: OJ: Made in America

Miglior cortometraggio documentario

Extremis
4.1 Miles
Joe’s Violin
Watani: My Homeland
The White Helmets



Miglior film d’animazione

Kubo e la spada magica
Oceania
La mia vita da zucchina
La tartaruga rossa
Zootropolis

Due film sopra gli altri (Kubo e La Tartaruga rossa), ma il premio andà al vecchio Walt.
Pronostico: Zootropolis

Miglior corto d’animazione

Blind Vaysha
Borrowed Time
Pear Cider and Cigarettes
Pearl
Piper

Sfida tra Piper e Borrowed Time. Il primo colpisce per il comparto tecnico, il secondo invece deficita sotto quell’aspetto, ma riesce a trasmettere emozioni contrastanti. Mi auguro vinca il contenuto.
Pronostico: Borrowed Time

Miglior sceneggiatura non originale

Arrival
Barriere
Il diritto di contare
Lion
Moonlight

Pochi dubbi sul film che uscirà comunque a testa alta da questa premiazione.
Pronostico: Moonlight



Miglior sceneggiatura originale

Hell or High Water
La La Land
The Lobster
Manchester by the Sea
20th Century Women

Questo è probabilmente l’unico premio in cui La La Land è candidato, ma non rientra tra i favoritissimi. Certo una vittoria del film di Chazelle non sarebbe una completa sorpresa, ma Manchester by the sea reclama premi e attenzioni.
Pronostico: Manchester by the sea

Miglior colonna sonora originale
Jackie (Mica Levi)
La La Land (Justin Hurwitz)
Lion (Dustin O’Halloran and Hauschka)
Moonlight (Nicholas Britell)
Passengers (Thomas Newman)

Un grandioso musical, poi altro.
Pronostico: La La Land

Miglior canzone originale

Audition (The Fools Who Dream) (La La Land)
Can’t Stop the Feeling (Trolls)
City of Stars (La La Land)
The Empty Chair (Jim: The James Foley Story)
How Far I’ll Go (Moana)

Lotta a uno, tra due brani differenti. Vincerà il più iconico.
Pronostico: City of Stars

Miglior sonoro

Arrival
La battaglia di Hacksaw Ridge
La La Land
Rogue One: A Star Wars Story
13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi

Come detto, un musical parte sempre qualche metro avanti in questo campo.
Pronostico: La La Land



Miglior montaggio sonoro

Arrival
Deepwater Horizon
La battaglia di Hacksaw Ridge
La La Land
Sully

Pronostico: La La Land

Miglior scenografia

Arrival
Animali fantastici e dove trovarli
Hail, Caesar!
La La Land
Passengers

La scenografia è fondamentale in un’opera composta da movimenti di corpi.
Pronostico: La La Land

Migliori effetti speciali

Deepwater Horizon
Doctor Strange
The Jungle Book
Kubo e la spada magica
Rogue One: A Star Wars Story

Pronostico: The Jungle Book



Miglior montaggio

Arrival
La battaglia di Hacksaw Ridge
Hell or High Water
La La Land
Moonlight

Pronostico: La La Land

Miglior fotografia

Arrival
La La Land
Lion
Moonlight
Silence

Pronostico: La La Land

Migliori costumi

Allied
Animali fantastici e dove trovarli
Florence
Jackie
La La Land

Pronostico: Animali fantastici e dove trovarli

Miglior trucco e acconciatura

A Man Called Ove
Star Trek Beyond
Suicide Squad

Pronostico: Star Trek Beyond

Giochiamo a chi ne indovina di più?

giovedì 23 febbraio 2017

I DAVID DI DONATELLO 2017 E LA SCONFITTA DEL CINEMA ITALIANO

Lo scorso anno, di questi tempi, ci trovavamo a commentare le nomination ai David di Donatello 2016.

Perfetti sconosciuti di P. Genovese
Youth - La giovinezza di P. Sorrentino
Il Racconto dei racconti - Tale of Tales di M. Garrone
Fuocoammare di G. Rosi
Non essere cattivo di C. Caligari

Queste le nomination per il miglior film, con l’esclusione eccellente de "Lo chiamavano Jeeg Robot" di Mainetti - relegato alla sezione “Opera prima”. Avevamo la raffinata e intelligente commedia corale di stampo francese, il simbolismo posato di Sorrentino, l’opera di genere internazionale di Garrone, il documentario crudo dedicato ai naufraghi e agli abitanti di Lampedusa e l’opera ultima del compianto Caligari - che, a mio parere, avrebbe meritato la statuetta ad occhi chiusi.


Era stata, quella stagione 2015/2016, la stagione della svolta, il ritorno in grande stile del cinema italiano, ancora in grado di produrre opere originali e prodotti di genere, slegati finalmente dalla consueta, consumata, inflazionata storia di provincia, il dramedy all’italiana in cui ridiamo delle disgrazie e soffriamo la quotidianità. Era stata una scintilla, quella stagione cinematografica, e aveva acceso in tutti gli adetti ai lavori, negli appassionati e nei distratti una speranza per un futuro differente, che guardasse anche al mercato estero per rilanciare finalmente l’immagine del cinema nostrano, ancora legata alla commedia del dopoguerra e a qualche testa calda goescrazy agli oscar.
È trascorso ormai un anno, lo scorso 21 febbraio sono stati resi noti i nomi dei candidati al miglior film 2017. Come è proseguita la rivoluzione sottotraccia del nostro gusto antiquato?

Fai bei sogni di M. Bellocchio
Fiore di C. Giovannesi
Indivisibili di E. De Angelis
La pazza gioia di P. Virzì
Veloce come il vento di M. Rovere

Il livello superiore della scorsa edizione ha fatto un passo indietro per lasciare il posto ad una cinquina molto più vicina agli standard classici del premio. Ad eccezione dello spericolato film sulle corse d’auto diretto da Matteo Rovere, ci troviamo di fronte ad una serie di film molto “italiani”, per tematica, costruzione dell’opera e ambientazione. Manca totalmente il film di genere, manca ciò che aveva reso grande la nostra industria cinematografica negli anni ’70. Manca un’idea innovativa che possa guardare al futuro, al mercato estero, al rilancio di un settore morente. Manca tutto ciò, e l’assenza si fa ancora più pesate, se confrontata all’invidiabile presenza dirompete dell’edizione 2016.


Anche per questa edizione, come per la precedente, spicca un’esclusione eccellente nella cinquina dei candidati, si tratta di "Mine", dell’azzardo dei Fabii nazionali, Resinaro e Guaglione, che, coprodotti dagli States e dalla Spagna, hanno avuto il coraggio di rischiare e di mettere in gioco una storia al di là delle nostre convenzioni nazionali. Un soldato su una mina. Pochi attori, molte idee valide, sia registiche che di sceneggiatura. Anche quest’anno la sorpresa è stata relegata a miglior opera d’esordio, nonostante la qualità della pellicola e il rumore che un film italiano del genere e di genere ha prodotto all’uscita.
Siamo retrocessi, ancora. Lo slancio di una grande stagione potrebbe essere solamente un fuoco di paglia per un paese in cui tutto sa di case abitate da sempre e nulla cambia davvero.

Abbiate il coraggio di rischiare. Abbiate soprattutto il coraggio di credere nel rischio. Abbiate più Smetto quando voglio e meno Estati Addosso (miglior canzone annunciata).

martedì 21 febbraio 2017

L’ITER DELL’ESAME UNIVERSITARIO FINITO MALE

La vita di uno studente universitario medio è scandita da pochi ma significativi eventi: la vacanza estiva, il concerto di Cosmo, la sessione d’esami. Con questo breve articolo-guida cercherò di sintetizzare al massimo le fasi di un esame finito male.



- Primo giorno di corsi: aspettative medio-alte. Le premesse ti piacciono, gli orari non sono nemmeno male. Stai anche attento alla calligrafia degli appunti che poi tanto ricopierai in biblioteca. Tutto sembra andare a gonfie vele, senti già il profumino dolce della laurea.

- Secondo giorno di corsi: aspettative medie. Le lezioni cominciano a sembrare leggermente meno interessanti, ma tu non demordi, almeno finché non arriva il messaggio del tuo amico che ti invita a calcetto o il promemoria dell’amica che ti ricorda della puntata di Grey’s Anatomy. Quello è il momento in cui perdi la prima parole, il primo concetto. Rimetti nella borsa il cellulare e con tuo collo alla ispettore gadget recuperi ciò che hai perso, ma quel momento esatto del secondo giorno rappresenta il presagio della fine, e tu lo sai.


-Seconda settimana: aspettative Ungaretti. Hai finito la passione e hai cominciato a seguire il corso per l’inerzia accumulata nei primi giorni di università. Non ti interessa più ciò che il professore dice, e spesso non riesci più a capire il senso, l’argomento centrale a cui tutte le parole pronunciate al vento dal temibile uomo si aggrappano. Ciò si traduce in una serie di frasi sconnesse sul tuo quaderno degli appunti, senza senso e senza connettivi logici. Ermetismo puro.
 
Se solo fossi diplomato IADAP


- Terza settimana: AAA aspettative cercasi. Hai definitivamente perso il filo. Non segui se non con la coda dell’orecchio. Senti parole, brusii che trascrivi esattamente come le ricevi, quindi geroglifici stracolmi di errori grammaticali, per i pochi che riescono a leggerli. Hai smesso di trascrivere gli appunti confidando sulla tua capacità di analisi dei testi in esame e sulla benevolenza dei compagni di corso. Alla fine solo gli incapaci prendo appunti sul serio.

- Quarta settimana: aspettative Football Manager. Sulla scia della procrastinazione hai smesso di seguire il corso, vai in università per vedere qualcuno, per non stare a casa, per far cambiare l’aria ai libri, che sennò si ammuffiscono su quella scrivania. Vai a lezione solamente quando la biblioteca è piena, ma la tua unica preoccupazione in aula è se mettere il portiere del Chievo o quello del Cagliari al fantacalcio. Prenderanno tre gol entrambi. Questo fantacalcio si vince dopo la laurea.

- Fine dei corsi: aspettative Pacciani. Il corso è terminato e tu sei combattuto tra il senso di colpa per non aver seguito a dovere e la gioia di avere sostanzialmente un paio di settimane di vacanza prima dello studio intensivo. Sei ancora tranquillo, conti i giorni che mancano al primo appello sul calendario e confidi nelle tue capacità per preparare tutto in soli 10 giorni, compresa festa di compleanno spacca fegato dell’amico e gita fuori porta con i compagni di merende.

- Inizio dello studio­: aspettative Marchionne. Arriva il giorno fissato per l’inizio degli studi e sembri aver ritrovato lo smalto di un tempo. Sfogli i libri (4), conti le pagine che credi possano chiedere all’esame: Cinquecento, che per dieci giorni di studio sono cinquanta al dì, preferibilmente dopo i pasti. Il primo giorno tieni tendenzialmente una media accettabile: quaranta pagine, le dieci in difetto le recupererai la mattina dopo. Sveglia presto.
 
Quando suona la sveglia delle 8, la posticipi di mezz'ora e ti svegli alle 12 passate


- Secondo giorno di studi: aspettative Ritorno al Futuro. Punti la sveglia alle 7. Alle 6:53 ti svegli con la vescica piena. Vai in bagno e mentre espleti le tue funzioni fisiologiche sposti la sveglia alle 7.30, perché mezz’ora tolta allo studio non fa differenza, ma mezz’ora tolta al tuo letto è questione di vita o di morte. Alle 7:30 la sveglia suona, la sposti di mezz’ora. Alle 8 la sveglia risuona, la sposti di mezz’ora. Di mezz’ora in mezz’ora ti alzi dal letto per colpa del fascio di luce che penetra dalla finestra socchiusa. Sono quasi le 11. Scendi in cucina a fare colazione, sfogli la home di facebook con il cellulare, controlli due messaggi nei gruppi Whatsapp in cui sei stato inserito per errore e torni in camera tua a studiare. Sono le 12. Leggi tre pagine, ti chiama il tua amico per organizzare il cinema, suona due volte il postino - che comunque ha sbagliato campanello -, vai due volte a prendere un bicchiere d’acqua gassata a garganella, ti chiama tua madre perché è pronto il pranzo.
Bilancio del secondo giorno: otto pagine studiate. Due concetti quasi capiti. Il ritardo sulla tabella di marcia si fa importante. Ma le tue capacità possono questo e altro.

- Terzo giorno di studi: aspettative Frate Indovino. Hai rinunciato a studiare tutte le pagine e hai applicato il metodo “ne studio una sì e dieci no”. In questo modo saprai sicuramente gli argomenti a grandi linee, pur peccando nei dettagli. Il 24 non te lo toglie nessuno.



- Sesto giorno di studi: aspettative Messico. Il metodo che stai applicando funziona bene per la velocità, un po’ meno per i contenuti. Leggi nomi, formule, definizioni complicate e voli pindarici che farebbero impallidire l’aviator D’Annunzio. Diciamoci la verità: ti sei smarrito come Jennifer Connelly nel labirinto di David Bowie e solo una fuga all’estero potrebbe salvarti da un esame che si preannuncia fallimentare.

- Tre giorni all’esame: aspettative Mark Zuckerberg. Poggi adagio i quattro libri dell’esame nel cestino sotto la tua scrivania. Vorresti piangere, ma fingi di essere superiore a queste logiche conformiste secondo cui uno dovrebbe essere valutato in sede d’esame per ottenere quei maledetti CFU. Con le ultime forze rimaste vai sul gruppo facebook del corso a cercare degli appunti per preparare l’esame in tre giorni.



- Due giorni all’esame: aspettative Il Pensatore. Il tuo post su facebook ha ricevuto due mi piace, probabilmente da ragazzi più bisognosi di te, e un solo commento di una ragazza che vorrebbe due reni e un polmone in cambio di qualche schemino a matita. Anziché recuperare i libri nel cestino sotto la scrivania, però, preferisci stenderti sul divano a perdere tempo pensando al tempo che hai perso cercando metodi alternativi allo studio.

- Un giorno all’esame: aspettative (Le vie del signore sono) finite. Senti di aver sempre saputo che non avresti dato quest’esame. Prendi i libri dal cestino e li riponi nella libreria, serviranno poi. Sei comunque tentato di tentare l’esame confidando nella fortuna e in quei due concetti appresi durante la prima settimana di lezione. Ti riservi il diritto di decidere l’indomani mattina.
 
no


- Il giorno dell’esame: aspettative amletiche. Ti svegli e già sai che non darai l’esame in questa sessione. Cerchi qualche scusa per te stesso ma non la trovi. Ti resta solo un ultimo dubbio: se darlo a settembre o ritirarti dall’università.




- Primo giorno del secondo semestre: aspettative Jakob il bugiardo. Le premesse ti piacciono, gli orari non sono nemmeno male. Stai anche attento alla calligrafia degli appunti che poi tanto ricopierai in biblioteca. Tutto sembra andare a gonfie vele, senti già il profumino dolce della laurea.

venerdì 10 febbraio 2017

GRILLO VS GRILLO E LA POLITICA SU NETFLIX

Ha suscitato un contenuto scalpore l’arrivo sulla piattaforma Netflix dell’ultimo spettacolo partorito dalla mente scissa del comico più politico - sicuramente non del politico più comico - nostrano. Grillo vs Grillo è una summa definitiva dell’esperienza che ha portato il comico genovese a traslare verso il mondo che per anni aveva canzonato nei suoi spettacoli. Da questo mutamento il titolo: Grillo contro Grillo, perché i grilli sono due, i grillini molti di più.


Attraverso un racconto aneddotico, l’anziano Beppe tenta in qualche modo di giustificare la necessità della sua svolta politica, passando soprattutto dalla volontà popolare che, a detta sua, l’avrebbe col tempo portato a dare una forma partitica - si può dire partitica? - alle sue speculazione comiche. Sono due, ma è uno. O trino, se vogliamo coinvolgere in questo percorso l’uomo che ha introdotto la risorsa più importante, la rete. Senza il compianto Casaleggio, infatti, oggi il movimento avrebbe una forma differente e la conformazione della democrazia del (tele)voto concepita da Grillo sarebbe ancora un’utopia lontana nel panorama della nostra maleodorante politica.
Grillo non si scinde nella sola persona nel tempo, ma anche sul palco, con una serie di interventi registrati e proiettati sullo sfondo attraverso i quali squarcia i veli e prende una posizione netta dal punto di vista politico. Lo spettacolo, breve ma intenso, si gioca principalmente su questo dualismo gravido di concetti triti e ritriti, mantra ormai dei comizi pentastellati del Grillo politico. Se fossimo sul canale youtube del movimento, tutto ciò sarebbe nella norma. Se fossimo sul blog di Grillo, questi interventi mirati fatti durate lo spettacolo sarebbero leggere carezze. Ma siamo su Netflix e il punto è un altro: dove si ferma il valore comico e che peso dare a quello politico dello spettacolo?


La comicità che caratterizza lo show è la medesima che Grillo porta avanti da decine d’anni di onorata carriera, ma se negli anni ’90 era possibile godere di uno spettacolo ottenendo come risposta un quadro generalmente realistico dell’Italia dei tempi, in questo caso l’intera struttura è canalizzata nel dare una risposta definitiva al dipinto graffiante offerto dall’autore. C’è una soluzione politica che sorregge ogni battuta e senza di essa lo spettacolo crollerebbe a pezzi, distrutto dal peso degli anni di una carriera che avrebbe limitato il livello comico di chiunque. Se Grillo è ancora in grado di sfoggiare una certa verve è perché il suo ruolo su quel palcoscenico non è solamente di far ridere e riflettere, ma anche e soprattutto di fare proseliti. Gli interventi più divertenti, infatti non coinvolgono in minima parte il politico, ma si concentrano sulla gioventù del comico: dall’esperienze scolastiche alla figura del padre, dall’ingresso nel mondo del lavoro al furto a Pippo Franco. Ma questi interventi si contano sulle dita di una mano. C’è dunque una pesantezza di fondo che impedisce di godere dell’ilarità di un giullare moderno per la sua spiccata indole polemica.


Siamo di fronte ad una domanda narrata con leggerezza che ha però in sé già la risposta, e si tratta di una risposta fortemente violenta, come era la natura del comico, com’è quella del politico. È una risposta che si compone di falsi miti, dati poco attendibile, una generalizzazione colposa e un accanimento mirato contro tutto e tutti. Si tratta di un programma politico che va dalla democrazia diretta della rete al reddito di cittadinanza, passando per l’immancabile complottismo delle macchine ribelli. Perché in questo spettacolo c’è tutto Grillo, il comico e il politico. E godere di una risposta così forte potrebbe risultare complicato, se le basi di partenza immaginano un’altra politica.
È giusto dunque che un prodotto così politicizzato sia su una piattaforma libera come Netflix? Assolutamente sì. Perché la censura è un’arma che abbiamo abbandonato da tempo e la comicità può esprimersi nelle forme più disparate, anche attraverso la politica satira. Se questo spettacolo di un Grillo calante è ciò che il nostro paese è in grado di produrre per stare al passo con la comicità mondiale, che ha ormai da tempo adottato il format dello stand up comedy, è giusto esprimerci per ciò che siamo, anche e soprattutto nei nostri limiti. Con la consapevolezza però di trovarsi di fronte ad un comizio politico del Movimento 5 Stelle, che, come ogni comizio politico che si rispetti, manca della risposta dell’altra parte. È un tentativo finale di slegare il movimento dalla sua figura, ma il carisma dell'uomo renderà vano lo scopo ultimo.

Questo è il sacro Grill, mangiatene tutti. Amen.

lunedì 6 febbraio 2017

STRANGER THINGS 2 E I TRAILER DEL SUPER BOWL

Sì, sono teaser e non trailer veri e propri.
No, non ho ancora capito le regole del football americano.



Cominciamo col botto. L’annuncio inatteso che rompe un rumoroso silenzio da parte di Netflix. Trenta secondi per non dire sostanzialmente nulla, ma per ricordare a tutti quelle atmosfere fantastiche che la prima stagione era riuscita a far rivivere. Rivediamo El, senza grandi sorprese, e troviamo un Dustin vestito da Bill Murray.
Ah sì, poi un essere molto simile a Chtulhu sembra stagliarsi all’orizzonte rosso mentre Mike guarda inerme. Sembra che gli eventi stiano per allargarsi per coinvolgere l’intera umanità. Una scelta sensata, quella di uscire dalla dimensione locale? Non possiamo ancora dirlo, ma la musica finale mi ha ricordato in pochi attimi perché avevo amato così tanto la prima stagione. Non so cosa sarà, ma non vedo l’ora di scoprirlo.



Uno dei Film che attendo di più del 2017. Le novità rispetto ai precedenti teaser sono effettivamente poche, ma interessanti. Pare infatti che il gruppo dei guardiani vada allargandosi con l’ingresso dell’amato Yondu e quelli di Matis e Nebula, già vista come co-villain nel primo capitolo. Baby Groot invece continua ad essere il mattatore comico annunciato del secondo capitolo.
L’unico aspetto della trilogia che al momento mi convince meno è la necessità annunciata di far collidere l’universo dei Guardiani della Galassia con quello degli Avengers nell’ambito di Infinite War. Se questa trilogia fosse stata una serie di film spin-off avrebbe saputo ridare un intrattenimento completo, non spezzato in un numero indefinito di film. Anche le cifre stilistiche dei due filoni di film paiono decisamente differenti. Non ci resta che attendere.
“L’impero colpisce ancora” fu il migliore della trilogia originale.



Dai supereroi Marvel al supereroe Marvel. Logan si conferma in controtendenza rispetto ai soliti cinecomics, sia nella struttura narrativa che nella atmosfere. L’ultima fatica di Hugh Jackman vorrebbe cancellare due film sul mutante coi basettoni attraverso una manovra alla Batman Begins di Nolan: pochi costumi, molto realismo, molta sofferenza. Ma dubito questo film rinunci in toto allo spirito dei suoi predecessori. Non sarà il Batman di Nolan, di questo possiamo stare certi.



Il trailer più ricco di spunti, quello più convincente a mio parere, se vogliamo escludere il breve teaser di Stranger Things 2 in quanto serie TV. Rispetto al primo teaser, che si premurava di presentare solamente il villain di turno - Salazar appunto - il questo secondo trailer vediamo il ritorno dei nostri beniamini: prima un Capitan Barbossa eccessivamente caricato dalla CGI, poi l’immancabile Jack Sparrow, stavolta coperto di fango dalla cima ai piedi, perché “È la vita dei pirati”.
I ritorni eccellenti non finisco qui, in un’insignificante manciata di frame vediamo infatti Will Turner, interpretato da Orlando Bloom, conun principo di davyjonesite sulla guancia sinistra. Coralli o non coralli, ciò che conta è la ricostruzione di un cast credibile ed entusiasmante, elemento decisamente assente nel tentativo scialbo di un nuovo inizio che il quarto capitolo avrebbe dovuto rappresentare.
Dalle immagini mostrate la minaccia sembra tangibile e le battaglie navali preponderanti. Se uno dei momenti più alti della prima trilogia è stato indubbiamente lo scontro tra Jack e Davy Jones sull’albero maestro della Perla, possiamo stare tranquilli per questo nuovo capitolo.
Mi auguro si tratti di una manovra simile a quella che aveva coinvolto il secondo e il terzo film, ossia una storia di più ampio respiro narrata in due atti.



Il nuovo sci-fi del filone di Interstellar e The Martian si presenta come un thriller ansiogeno in mezzo allo spazio perduto, con un equipaggio condannato a morte per garantire la vita al pianeta Terra. Ha qualcosa della Cosa di Carpenter. Potrebbe essere tutto ciò che desideravo da Life.
Spirit in the sky è però la colonna sonora dei Guardiani. E questo non si fa.


Poi ci sarebbero i trailer di Fast and Furious 8 o 9 - non ricordo il numero preciso - e Transformers 5, ma mi considero una persona di buon gusto.

giovedì 2 febbraio 2017

LA LA LAND - SOGNARE PER CHI?

La La Land, ultima fatica dell’astro nascente Damien Chazelle, ha conquistato in poche settimane critica e pubblico, e si appresta a sbancare ai premi più prestigiosi il prossimo 26 febbraio, con ben 14 candidature in 13 differenti categorie. L’esperienza della visione di questo musical classico e inusuale è pura magia, ma dove si annida questo segreto indicibile? Lo spettatore viene trascinato a ritmo di musica e balli coreografici sui cofani delle auto all’interno di un sistema che è la realtà, ma è anche un fantastico meraviglioso nel quale le logiche sopite vengono riportate alla luce sotto forma di espressioni artistiche. Il tema portante, che caratterizza poi il brano “Audition” - candidato anch’esso al premio Oscar -, è quello del sogno. Mia e Sebastian infatti coltivano un sogno definito ancor prima di incontrarsi e lo sviluppo della loro storia d’amore travagliata tra le stagione coincide con l’evoluzione del sogno in divenire, che passa dalla possibilità ad un tentativo di realizzazione. Ma non è del sogno americano che Chazelle vuole parlare. Il sogno dei protagonisti è più profondo e se a quello liberale è associata un'utopica realizzazione totale della persona, anche in ambito personale e familiare, il sogno del film appare decisamente lontano dagli standard a cui siamo abituati. Arrivare a recitare ad alti livelli o riuscire ad aprire il bar “Piano col Pollo” non è semplicemente una realizzazione, ma l’effettiva certezza di aver saputo dare qualcosa di sé a qualcuno che ne aveva bisogno, ma non ne era cosciente. È essere al mondo in maniera definitiva. Completa, o quantomeno originale.


Probabilmente parlare di completezza in riferimento al finale di La La Land sarebbe poco corretto, perché in effetti quella sequenza finale in cui ripercorriamo l’intera storia del film in uno straziante what if è il buco emotivo che lascia. L’assenza dietro la presenza e l'apparenza. Allora per chi sogniamo, quando il sogno è la rinuncia del bene più grande? Sogniamo per noi stessi, ma anche per gli altri, perche il sogno è un percorso dell’espressione dell’amore che segna il passaggio del tempo e dei volti, e quello che è stato non va mai perduto, rivive, anche solo nel profondo dell’apparenza che la realizzazione del sogno ha lasciato. I sogni si sovrappongono e si fondano dove rinasce l’amore e le luci si abbassano per esaltare con un fascio caldo il pianista che lascia andare le dita ad una melodia malinconica. Il sogno è la linfa del bene più grande.


La La Land è dunque un film contro il diritto di sognare a favore dell'amore? Assolutamente no, è un inno all’innamoramento totale. È una lunga ma rapida coreografia che ridà la voglia e la gioia di rischiare, e di mettere in gioco qualcosa di sé in un rapporto ballato, cantato, unico. Nessuno ci dice che i traguardi agognati dai protagonisti sarebbero stati raggiunti anche senza l’esperienza del sogno e dell’amore, ma vorremmo immaginare che tutto ciò che noi desideriamo di più al mondo sia ad appena un passo d’amore da noi. Tutto quello che è stato, e che sarà, ripagherà. Tutto quello che è ora si sente, nella musica, nelle parole, nei colori accesi di una terra degli angeli che sembra essere dipinta sullo sfondo dell’immaginazione di Mia, sembra arrivare da un passato glorioso e andare verso un bigio futuro, ma ora è magia, in quest’istante, su quella panchina.



Quello che ci manca, che cancella i nostri pensieri e i sogni, è la voglia di seguire quella dolce, triste melodia, entrare in un posto qualunque e credere ai nostri sentimenti fino in fondo. E amare il jazz, che ha bisogno di essere amato. Perderemo sempre qualcosa, ma daremo noi stessi al mondo, per sempre.