Dopo aver visto i primi due episodi della serie 1992 in
onda su Sky ho pensato di aprire questa nuova rubrica, con cadenza settimanale,
nella quale analizzo il prosieguo della narrazione e lo sviluppo dei
protagonisti. Ovviamente non mi prendo responsabilità per eventuali spoiler
necessari per analizzare al meglio la serie, quindi la lettura di questi
articoli è consigliata principalmente a coloro che hanno già visto gli episodi
in questione. Oltre un’analisi delle singole puntate ho pensato di cogliere
l’occasione per presentare il prodotto e farne un’analisi qualitativa. Scusate
la lunghezza. Cominciamo…
Sky colpisce ancora nel segno con 1992, la nuova serie
evento in esclusiva su Sky Atlantic nata da un’idea di Stefano Accorsi. Dopo
“Romanzo Criminale - la Serie” e “Gomorra -la Serie” l’emittente satellitare torna
a produrre un serial televisivo di alto livello. Il fatto che i primi due
episodi siano stati trasmessi in prima tv in contemporanea in vari altri paesi
europei denota le alte aspettative riposte nella serie che possiamo definire
“di punta” per Murdoch e soci.
Gli argomenti trattati sono ormai noti a tutti. Quattro
soli numeri riportano alla mente di tutti gli Italiani quell’inizio. L’arresto
per corruzione del senatore Mario Chiesa, il 17 Febbraio dell’anno fulcro della
serie, apre la famosa stagione di Mani Pulite. Un vero e proprio terremoto che
scuoterà le fondamenta di un sistema politico-economico ben collaudato e
porterà alla luce il marcio che si cela sotto. Allo stesso modo comincia anche
“1992”: un giovane ufficiale della polizia giudiziaria, Luca Pastore,
interpretato da Domenico Diele, scopre il senatore del PSI intento a gettare
nel water alcune banconote segnate dal pool di Antonio Di Pietro (esageratamente eroico in questi primi episodi) e il vaso di
Pandora è scoperchiato. Ci sono tutti: il sopracitato Chiesa, Craxi, Dell’Utri
nominato a più riprese, Silvio che con una battuta (“Pulisci sempre l’asse, mi
raccomando, altrimenti chi viene dopo pensa che sia stato tu a sporcare”)
riesce a riassumere lo spirito del sistema di cui è uno dei pilastri, Bossi e
molti altri.
Gli sceneggiatori, tra cui lo stesso Freccia, optano però
per una scelta diversa dal solito: decidono di narrare le vicende di
tangentopoli attraverso le vicissitudini di sei personaggi di fantasia, forse
in cerca d’autore, che intrecciano le loro strorie personali con l’inchiesta in
maniera indissolubile. Fin dall’inizio ci vengono quindi presentati gli
ufficiali giudiziari Pastore e Venturi (Dandi), entrambi impegnati con Di
Pietro alla ricerca di prove contro i politici e gli imprenditori coinvolti in
Tangentopoli ed entrambi spinti da uno spirito di vendetta, su cui aleggia un
velo di mistero, e per cui sono disposti a tutto pur di incastrare determinati
personaggi pubblici. Si passa poi alla presentazione del personaggio più
ambiguo della serie finora, ossia Leonardo Notte, interpretato da Accorsi, che,
in veste di dipendente dell’ormai celebre Publitalia ’80, viene spinto ad
intrattenere rapporti di lavoro con Dell’Utri e con la Fininvest. Notte risulta
cinico e deciso nel suo lavoro e con le donne, ma non sembra mai convinto del
suo operato quando si tratta di lavorare a braccetto con la politica, tanto che
nel secondo episodio abbandona stizzito una convention a Roma organizzata dalle
lobby politiche per discutere delle elezioni imminenti. Egli intrattiene anche
rapporti occasionali con un’altra protagonista: Veronica Castello, interpretata
da una più che mai convincente Miss Miriam Leone. Questa rappresenta una
generazione di avvenenti ragazze entrata nel mondo dello spettacolo attraverso
le conoscenze giuste. In questo caso specifico la Leone interpreta l’amante di
Mainaghi, potente industriale milanese, invischiato fino al collo
nell’inchiesta. La ragazza riesce quindi ad ottenere una parte da protagonista
a “Domenica In” poco prima che il sopracitato imprenditore venga incastrato da
un’abile mossa fuorilegge di Pastore. Questo porta la Castello ad affrontare il
suo nuovo futuro, prima radioso, senza le spalle coperte. Altri due
protagonisti degni di nota sono Bosco, ex militare interpretato da un
irriconoscibile Manara, che per una serie di coincidenze diviene deputato per
la Lega e Bibi Mainaghi, figlia dell’imprenditore, che finora ha avuto un ruolo
marginale. Il grande merito di questi personaggi è la naturale umanità con cui
reagiscono agli eventi. Chiunque di noi potrebbe immedesimarsi in queste figure
più ombre che luci.
La scelta è quindi quella di rendere il ’92,
Tangentopoli, lo sfondo di queste vicende che si intrecciano; uno sfondo mobile
però, perché in soli due episodi la storia ingrana e la narrazione scorre
piacevolmente senza che lo spettatore avverta lo stacco tra realtà e finzione.
Dopo due puntate, della durata di cinquanta minuti
ciascuna, è già possibile tirare le somme relative al comparto tecnico della
serie: la regia è curata ma a tratti ripetitiva, soprattutto nelle riprese
sfocate, fotografia iperrealistica e moderna che funziona ma allontana
l’ambientazione proposta da quella anni ’90 a cui il serial dovrebbe rifarsi, le
prove attoriali sono discrete, con pochi alti e qualche basso di troppo per una
serie Sky (il Freddo ci aveva abituati meglio). Il grande problema di questo
prodotto è l’audio, decisamente sotto le aspettative: alcuni dialoghi risultano
incomprensibili e necessitano di due, tre ascolti e alcune battute sono state
ridoppiate successivamente creando un fastidioso effetto ventriloquo. Spero i
fonici si riprendano nel corso delle prossime puntate.
In sostanza prodotto medio-alto che sottolinea, se ancora
ce ne fosse bisogno, che la qualità nostrana respira ancora sepolta sotto
chilometri di fiction. Se come me non avete vissuto in prima persona questo
tragico momento storico per il nostro paese è bene che recuperiate i primi
episodi e vi mettiate al passo con la serie, se invece non siete più
giovincelli e volete avere una nuova versione dei fatti, raccontata da un punto
di vista diverso, questo potrebbe essere il prodotto che fa per voi.
Intrattiene fornendo contenuti. Quando tutto cambiò per tornare ad essere come
prima. Si scrive 1992, si legge 2015.