venerdì 28 ottobre 2016

DIGIMON ADVENTURE TRI - DETERMINAZIONE

Se Dragon Ball Super la stanno guardando in pochi, il ritorno dei primi digiprescelti è cosa da eletti visionari. Riprendiamo un attimo il filo del discorso per chi non avesse la più pallida idea di cosa sia Digimon Adventure Tri: dopo quindici anni dalla prima messa in onda della serie d’esordio incentrata sui mostri digitali, la Toei ha deciso di realizzare un seguito diretto delle avventure di Tai e compagni. Il problema fondamentale è però il formato di questa operazione un po’ commerciale, cioè la fruizione cinematografica. Quella che infatti si presenta come una comune serie ad episodi sui peggiori siti di pirataggio streaming, è in verità la riproposizione di quattro lungometraggi animati andati in scena nella sale nipponiche. O per meglio dire, che sono andati e andranno in scena nelle sale del sol levante, visto che l’ultimo capitolo - in italiano “Perdita” - è atteso per febbraio del nuovo anno. questa scelta alquanto infelice ha portato ad una dilatazione dei tempi deleteria per il ritmo di una serie animata che vive di scontri e trame lineari. Dopo aver visto il primo film, quindi i primi quattro episodi, quasi in contemporanea con il mondo, ho recuperato il secondo film solamente pochi giorni fa, sentendo inevitabilmente lo stacco temporale tra le due visioni. Le serie si dicono tali perché il collegamento tra le varie parti di cui sono composte richiama ad una visione unica e regalora, in modo da tenere a mente una continuità di spazio, tempo e azione. Davvero non riesco a spiegarmi il senso di una proposta del genere, che certamente da più tempo agli sviluppatori e agli animatori di lavorare con la giusta calma, ma, almeno nel civilizzato Occidente, questo format ha allontanato anche i fan di vecchia data dal glorioso ritorno dei nostri amati digimon.


Ma parliamo del secondo film, “Determinazione”. Dopo la riunione del primo capitolo, ci si sarebbe potuti aspettare più movimento da parte dei protagonisti e delle loro controparti digitali, ma così non è stato e i quattro episodi si sono succeduti nell’inutilità generale. Quando si prospettava un ritorno a Digiworld e un rinato conflitto tra digiprescelti e forze del male, gli sceneggiatori della Toei hanno pensato bene di sfruttare tre, e dico TRE, episodi dei quattro a disposizione per raccontare l’organizzazione di una festa scolastica. Hai centinaia di mostri con facoltà di digievolversi facendo emozionare grandi e piccini, hai un mondo parallelo al nostro ancora sconosciuto nelle sue dinamiche più profonde, hai le basi di una trama interessante con vecchie glorie e nuovi personaggi e scegli di focalizzarti sulla festa scolastica. Vediamo quindi Mimi e Meiko spendersi anima e corpo per trovare il vestito adatto, le stesse ragazze gestire un bar per la festa scolastica e - udite udite - i digimon protagonisti vincere un concorso per il miglior costume venendo scambiati per bambini travestiti. Tutto questo poco in appena settanta minuti. Un uso oculato del tempo. Soltanto del finale dell’ultimo episodio la situazione sembra finalmente incendiarsi con l’arrivo nostalgico del vecchio Ken e lo scontro nella distorsione digitale.
Facciamo però un passo indietro, perché qualcosa di salvabile nei primi tre episodi c’è. Si tratta della condizione di Joe, che prosegue e viene approfondita continuando quanto di buono fatto nel primo lungometraggio. Joe è l’unico del gruppo a dissociarsi dalla riunione per perseguire i suoi obiettivi professionali. Con un solo forte gesto, i creatori sono riusciti a mettere in dubbio l’immediatezza e la spontaneità dl rapporto tra creature e digiprescelti e a muovere una pesante critica al sistema nipponico, il quale porta all’estremo una meritocrazia lavorativa schiacciante che annulla il resto dell’individuo. Anche il rapporto tra Taichi e Yamato (che io continuerò a chiamare Tai e Matt), dopo lo scontro ideologico della fine del primo capitolo, è riuscito a svilupparsi in maniera intelligente, anche se la fine delle ostilità, segnata da un solo cenno col viso, mi è sembrata un ritorno all’età preadolescente della prima serie.

Rosemon, che non ci crede nessuno che questo è un "mostro digitale". Dai. Nessuno.

Vikemon


Tornando quindi allo scontro finale, devo dire che esso è riuscito a coinvolgermi come facevano le emozionanti battaglie tra i primi cari amici digitali. Le digievoluzioni di Zudomon e Lillimon in Vikemon e Rosemon mi sono sembrate un po’ forzate, anche se effettivamente anche i digiprescelti secondari richiedevano a gran voce un’ulteriore forma evolutiva. Se riuscissero a spiegare in maniera credibile il fatto che queste nuove evoluzioni siano state rese possibili dalla frattura digitale tutto assumerebbe un senso. Nel design ho preferito decisamente Vikemon a Rosemon, ormai destinata ad avvicinarsi ad una prosperosa ragazza umana piuttosto che al cactus antropomorfo che era Togemon. Il colpo di scena finale finalmente, dopo otto episodi, ricollega le trame presenti e spalanca le porte all’azione pura e agli scontri epici a colpi di bolle d’aria. Finalmente la storia si infittisce e la serie è chiamata a rivelarsi per le sue reali possibilità. Che sia un grande ritorno. Patamon in the way.

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