domenica 6 dicembre 2015

RECENSIONI DELLA SETTIMANA 30 NOVEMBRE - 6 DICEMBRE


ALBUM: A Head Full of Dreams (2015)
La delusione della settimana, del mese e forse dell’anno. I Coldplay tornano (a far danni) con la loro testa piena di sogni, ma musicalmente molto deludenti. I toni si avvicinano, come previsto da me medesimo, decisamente più al confusionario ma interessante Mylo Xyloto, ma senza riuscire a rimanere impressi come era stato per l’album tanto criticato pubblicato nel 2011.
AHFOD si apre con l’omonima canzona che ci annuncia la linea declinante presa dalla band per l’intero album. Una ritmo sincopato molto pop-synth infatti contraddistingue fin da subito il brano in questione; un pezzo molto confuso, mixato in maniera troppo alta e compressa e troppo lontano dalla semplicità e dal timbro alternative che Martin era riuscito quasi sempre ad imprimere nei suoi lavori. E stiamo parlando di una dei pezzi migliori. Poi un paio di canzonette pop immediate e altrettanto confusionarie (tra cui anche il duetto evitabile con Rihanna… Ehm, volevo dire Beyoncé), precedono Everglow, probabilmente la migliore dell’intero album per pulizia, qualità del suono, scrittura e coerenza stilistica coi la band nel nostro immaginario. Da qui in poi un lento declino privo di picchi che archivia l’album come il peggiore della band inglese finora. Potrei salvare la dolce e nostalgica Amazing Day (con tanto di riff ripetuto e cori oh uh oh finali) e in parte Fun, ma nulla più.

Sarà il periodo dicembrino, ma ogni brano presente in AHFOD mi è sembrato una discreta interpretazione di un classico della musica natalizia; ma forse è l’albero addobbato solamente ieri ad avermi condizionato. In sostanza un prodotto controverso nella sua coerenza, che sembra accantonare quasi definitivamente i Coldplay per rilegarli a simpatica band pop, molto poco originale. Va però fatto un discorso più generale per una questione di giustizia: cambiamento e miglioramento sono due parole complementari ma dissimili; apprezzo sempre i gruppi, le persone che hanno il coraggio di cambiare e rinnovarsi per rompere la routine e stupire il mondo con le loro doti sopite, ma in questo caso è mancato totalmente un legame diretto tra la soggettività dal compositore , Martin, e la sua opera. Mi spiego meglio: quando un artista di valore produce qualcosa, è sempre l’artista in questione a farlo, e ciò implica una determinata versione del genere o del brano prodotto; in questo caso invece no. Sembra che i Coldplay abbiano smarrito i Coldplay, se non fosse per qualche sporadica eccezione di cui ho parlato in precedenza. Se avessi riconosciuto la voce di Chris Martin non avrei mai detto fossero loro. VOTO: 5


FILM: 50 e 50 (2011)
Vera e propria sorpresa della settimana. Film che in pochissimi avranno sentito nominare e ancor meno l’avranno visto. 50 e 50 è la storia di un giovane impiegato americano né felice né triste, né soddisfatto né amareggiato. A capovolgere la sua vita arriverà un cancro raro alla colonna vertebrale. Il protagonista si ritroverà ad avere il 50% di possibilità di morire, da cui il titolo “50 e 50”.
Le premesse potrebbero sembrare tragiche, ma non è affatto così. Il grande merito di questo film è infatti la comicità dissacrante e coraggiosa che si mantiene dall’inizio alla fine attraverso il personaggio di Seth Rogen, fantastico e terribile migliore amico, e il padre malato di Alzheimer. 50 e 50 non solo alterna scene commoventi ad altre molto ilari, ma riesce a far coesistere queste due componenti antitetiche nella stessa inquadratura. Riderete dei capelli mancanti di un malato e della memoria di un anziano signore, ma forse è così che si dovrebbe fare.
Il protagonista, Joseph Gordon-Levitt (che per comodità chiameremo Robin - che nessuno usa mai il suo secondo nome) inizialmente sembra non proprio a suo agio nella parte e non riesce, a mio parere, a caratterizzare al meglio un personaggio che, fino all’annuncio della malattia, non risalta minimamente rispetto agli altri. con il prosieguo invece emergono molte qualità è sfaccettature del giovane, anche grazie alle capacità attoriali di Robin. A risaltare dall’inizio alla fine è invece Rogen (che coppia di supereroi) che riesce a far ridere in ogni momento, nonostante non sia conosciuto principalmente per le sue doti davanti alla macchina da presa.
Un film sconosciuto che quindi consiglio a chiunque, per la delicatezza e l’ironia con cui riesce a trattare il tabù più radicato del mondo. VOTO: 8



FILM: Summer Camp - Primi Amori, Primi Vizi, Primi Baci (2006)
Altro film scelto in maniera totalmente randomica (un po’ come Destiny, per intenderci) basandomi sul fatto che “parla di campeggio, è un film per dodicenni, sarà divertente!”. Ed effettivamente lo è, ma forse non sempre in maniera volontaria.
La trama è abbastanza molto semplice: un gruppo di bambini va in campeggio. Punto. Aspettate, forse così è troppo semplice. Un gruppo composto da bambini e preadolescenti va in campeggio e gli animatori credono di doversi accoppiare per forza, altrimenti il film non potrebbe andare avanti. Così va meglio. Effettivamente la trama è sostanzialmente questa; tutti prima della fine del film (sia adulti che ragazzi) ci tengono e riescono a trovare l’altra parte della mela di Platone all’interno del gruppo. Unito a questa componente romanticheggiante però rimane anche il campeggio in sé, che forse è l’aspetto più riuscito dell’intera pellicola. Riusciamo infatti a respirare l’aria della convivenza forzata, dei piccoli problemi che mandano avanti il gruppo, della spensieratezza di essere giovani e lontani da casa. In questo il film si dimostra ben costruito, nonostante la leggerezza generale e qualche forzatura propria dei film senza molte pretese.
Ciò che più mi ha colpito in negativo è però la qualità intrinseca del prodotto: doppiaggio italiano alquanto scadente, fotografia moribonda e regia decisamente banale. Un film quindi poco innovativo e qualitativamente inferiore alla media delle produzione americane (quelle che hanno il simbolo dei dollari al posto degli occhi), ma estremamente divertente, soprattutto se visto in compagnia. Non si prende sul serio e non va preso sul serio; e poi c’è Omar Sy, che fa ridere anche quando dorme. VOTO: 6.5

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