mercoledì 16 dicembre 2015

COMMENTO THE KNICK 2 - EPISODI 8 E 9

La maturazione è quasi compiuta; ma maturazione non è necessariamente sinonimo di perfezione, e questi due episodi di The Knick ne sono l’esempio. La vicinanza della conclusione di questa convincente seconda stagione comincia a farsi sentire più insistentemente nel ritmo, ma non nelle trame e sottotrame che, esclusa quella legata a Thack, non sembrano ancora voler tendere ad una chiusura degna di tale nome. Dubito quindi si possa ottenere un finale soddisfacente dal punto di vista della conclusione delle storie sviluppate finora - specialmente di quelle meno interessante e oggettivamente a tratti tediose - ma Soderbergh sembra più indirizzato ad una complesso di finali aperti e senz’altro drammatici e disfattisti, come la negatività sviluppatasi nel doppio episodio in analisi oggi dimostra ampiamente. Tutto sommato stiamo parlando di due puntate che alzano ulteriormente il livello della seconda stagione, ma che soffrono di un evidente problema di ritmo se analizzate in coppia: sembra quasi che le due siano state invertite, non per contenuto, ma per stile di scrittura e regia. Nell’ottavo episodio infatti accadono molti più eventi, i tempi sono ridotti e i personaggi non riescono neanche ad elaborare le problematiche che li colgono decisamente impreparati, mentre nel nono il ritmo sembra scemare verso una nuova situazione di stallo apparente, propedeutica evidentemente alla valorizzazione del finale. Escludendo però l’atto ultimo dalla riflessione specifica, mi trovo a dover criticare, seppur non aspramente, questa scelta degli sceneggiatori.


Passiamo dunque, come di consueto, all’analisi dello sviluppo delle varie storie che coinvolgono i protagonisti; e da dove partire se non dal dottor baffo che, nel male e nelle disgrazie, pur sempre amiamo alla follia? Thackery stavolta non riesce ad imporre appieno la sua superiorità teorica (del personaggio) e recitativa (dell’attore) sul resto dei protagonisti della vicenda, complice anche una scrittura frettolosa e poco credibile, specialmente a cavallo tra i due episodi. L’evento su cui non posso sorvolare in un’adeguata critica semisimilcinematograficaetelevisiva, nonostante non sia mia intenzione fare spoiler clamorosi (anche se sia io che voi sappiamo che, se siete qui, è perché le puntate le avete viste eccome), è la morte della sciagurata Abigail. Un personaggio travagliato, sempre alla ricerca della sopravvivenza, sempre puntando al minimo per vivere in pace, pur senza la grazia, ma purtroppo colpito da una sciagura immonda fin dalla sua prima apparizione. Una morte del genere è ammissibile, sì, ma il modo con cui è stara resa ha stonato in maniera clamorosa. I tempi della morte, l’accettazione, le reazioni. Un cliffanger interessante sviluppato in maniera quasi pessima che ha portato via un personaggio senza riuscire davvero a smuovere la trama generale e senza riuscire a prendere lo spettatore; sbigottimento immediato e reazionarie escluso. Oltretutto non mi è ancora ben chiara la dinamica del decesso, ma forse verrà spiegata in seguito. Magri si è trattato di un tragico errore umano. Da quel momento in poi Thack è ricaduto nell’oblio della doppia dipendenza e sembra essere ormai l’ombra di se stesso; disaffezione totale alla vita. credo quindi che il finale provvederà in particolar modo a cambiare questa situazione insostenibile, nel bene o nel male (ma credo più nel male - ormai non mi fido più degli sceneggiatori).


Rimanendo nel Knickerbocker, Edwards ed Everett hanno cominciato una vera e propria guerra, senza esclusione di colpi, neanche fisici. In ogni caso il mio supporto, e credo anche quello del pubblico da casa (che ogni tanto scelie anche Gesù), va indubbiamente per il medico afroamericano che, spero, non abbia riportato gravi problemi dopo il colpo infertogli all’occhio già malconcio dal finale della prima stagione. In compenso Everett ha sudato un tantino freddo in occasione della spassosissima sequenza in cui la moglie, malata ma esilarante, ha bellamente confessato di aver ucciso il medico psichiatra che le aveva cavato i denti poco tempo addietro, appena prima di attentare alla vita di un secondo uomo, un detective in azione, di cui ancora non abbiamo notizie. Fantastico siparietto comico molto nero che riesce a far ridere di morte, malattia, omicidio e sofferenza. Il giovane sostenitore dell’eugenia come teoria scientifica riconosciuta non ha però perso tempo dopo l’internamente della moglie e l’ha immediatamente rimpiazzata con la sorella, che a dire la verità sembra identica. Non mi stupirei se le due attrici fossero davvero imparentate. Una sottotrama che ha dunque aggiunto una componente interessante e divertente, ma che poco ha avuto a che fare con la realtà dell’ospedale.
Tornando agli altri personaggi legati al Knick, Bertie non si è fatto vivo se non per qualche operazione, mentre è stato riportato in scena il padre della nuova e smaliziata Lucy, ma il tempo dedicato a questi frangenti ha relegato tale sottotrama nella periferia della serie. Interessante la storia d’amore mancata tra la suore e l’autista (anche se palesemente telefonata e destinata a sbocciare con il tempo, vista anche la tenacia dell’uomo) e divertenti le avventure sentimentali di Herman (personaggio più detestato dell’intera serie) che, nonostante tutti i suoi sforzi, si ritrova sempre e comunque ad essere nelle mani di qualcun altro.


La nota dolente più evidente di questo doppio episodio, a parte forse il cattivo bilanciamento di alcune storie, è la forzata volontà di allargare il contesto specifico della storia ad ambienti estranei a New York attraverso le vicende epidemiche della famiglia Robertson e le indagini della scontenta Cornelia. La realtà intima dell’ospedale e le storie personali dei vari protagonisti avevano portato la serie ad assumere un’impronta individualista e decisa su alcuni avvenimenti. Le stesse indagini dell’ispettore della sanità durante la prima stagione mi erano infatti parse forzate, lente e distaccate dal contesto. Ma il vero apice della forzatura è stata l’imbarazzante sequenza, filtrata manco fosse una foto di instagram, in cui ci viene mostrato un Thack senza baffi (e quindi indubbiamente molto più giovane) alle prese con un epidemia in un paese esotico. In tale occasione ci viene anche spiegata la relazione, quantomeno iniziale, tra il protagonista e il Robertson padre. Scene decisamente fuori contesto, superflue e fuorvianti per il corretto prosieguo della narrazione principale. Una piccola e breve caduta di stile che non intacca però il livello complessivo.
Un grande merito però va riconosciuto ciecamente agli sceneggiatori e allo stesso Soderbergh: riuscire a costruire una così convincente stagione d’intermezzo tra l’esoridio e il tanto pubblicizzato cambio di location non è da tutti; anzi è cosa rara. Fallire in questo senso e dare vita ad un prodotto monotono e attendista sarebbe stato molto più facile (vero, How i Met Your Mother stagione 9?).


La fine è ormai alle porte. Personalmente credo che grandi giudizi definitivi e risoluzioni drastiche vengano rimandate alla terza, e spero non ultima, stagione. Intanto spero che Thack si risollevi dal lutto e che Edwards non abbai riportato danni troppo gravi perché mi piacerebbe davvero vederlo nel nuovo Knick (ma ne dubito fortemente). Credo poi che un personaggio tra la suora e il suo socio Tom vanga arrestato, e immagino anche possa scapparci il morto illustre prima della fine per dare quel pepe percepito solo a tratti durante questa complessa seconda stagione. L’hype s’impenna.

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