mercoledì 8 luglio 2015

TRUE DETECTIVE 2 - EPISODI 2 E 3

Che fatica! Che fatica riuscire a seguire un’intera puntata. Non so se la tarda ora alla quale mi accingo a visionare la nuova puntata influisca sulla mia attenzione, ma indubbiamente la serie ci sta mettendo davvero troppo a carburare e a creare un feeling deciso e duraturo con lo spettatore. Possiamo dire che dal punto di vista della trama la serie sia partita eccome, ma nonostante ciò il livello d’intrattenimento è ancora molto basso ed è lo spettatore stesso a doversi abbassare, a dover modificare la propria posizione e la propria attenzione per poter far posto alla pesantezza e alla lentezza della serie, almeno in queste prime tre puntate. Volendo fare un rapido riassunto degli eventi finora avvenuti potremmo dire che Ray è morto e risorto, l’assessore Caspar era ossessionato dal sesso e non solo da quello con il gentil sesso, anche Paul è in realtà gay, Semyon ha perso dei soldi in seguito alla scomparsa del suddetto politico e gli assassini che ci sono dietro tutto il delitto amano indossare maschere animalesche.


Ora, secondo il buon Pizzolatto, lo spettatore medio di TD2 dovrebbe passare ore e ore a chiedersi perché Velcoro è stato risparmiato, chi si cela dietro le maschere, cosa centra il film che stanno girando in città e perché gli enti governativi legati al povero Ray vogliono tenere celata la verità. Questo secondo lo sceneggiatore. La verità invece è che una ripetitiva, lenta ed estenuante narrazione rischia di far passare in secondo piano gli elementi d’interesse della trama principale. Mi sto riferendo nello specifico a quelle scene infinite (anche se molto spesso ben girate) che si dimostrano essere del tutto slegate dalla narrazione del caso di omicidio e tentano solo di caratterizzare ulteriormente dei personaggi che, a furia di dettagli poco originali e prevedibili hanno perso già molto del mordente iniziale dopo appena tre puntate.


Capisco chiaramente le intenzioni dello sceneggiatore: True Detective 2 È la strada di Vinci che viene spesso ripresa dall’alto. Una strada ampia e ingombrante al centro che poi si dirama in vie secondarie che non sembrano avere più nulla a che fare con la principale; lo stesso messaggio che voleva mandare con l’onnipresente albero della prima stagione. Ogni strada rappresenta nel suo piccolo la vita e le disgrazie di ognuno dei quattro protagonisti, ma anche la vista nel complesso del panorama cittadino potrebbe indicare l’anima frastagliata, distorta e corrotta degli sciagurati personaggi attorno ai quali ruota la serie. Una complessa commistione di crime e introspezione psicologica. Quello che manca a questi primi tre episodi è il bilanciamento di questi due aspetti: finora ha decisamente prevalso quello psicologico; ma una serie che si rispetti e che ambisce ad entrare nell’olimpo del cinema per la TV (dove l’aspetta la prima stagione) deve necessariamente riuscire a trovare l’alchimia necessaria affinché lo spettatore non cambi canale. Secondo il mio modesto parere il problema fondamentale sta nella distanza tra le vite private dei protagonisti e le indagini sul caso Caspar. Quando sono in scena le prime, le seconde si fermano, quando in realtà la parola “intreccio” ha già in sé in senso di mescolanza tra le varie anime che compongono un prodotto. TD2 finora è stata tanti ingredienti, tutti ottimi, tutti di prima qualità, ma cotti in padelle diverse. In questo modo è pressoché impossibile godersi un’unica indimenticabile portata.


Parlando poi delle interpretazioni, se nel pilot bene o male tutti i nuovi attori erano riusciti a convincermi e a dare prova di poterci stare in quella determinata situazione, a distanza di tre puntate i meno adatti ad una serie di così ampio respiro cominciano a mostrare inevitabilmente il fianco. Vaughn alterna scene da applausi ad altre in cui si limita a fare smorfie fastidiose davvero poco adatte al contesto. Da ciò si capisce quanto in realtà il suo personalissimo stile di recitazione sia legato all’ambiente comico in cui ha lavorato finora. Anche Taylor Kitsch mi convince sempre meno e mi ricorda da vicino il Diele Pastore di 1992 (Oddio che paura!). La McAdams e Farrell invece risultano essere sempre più nella parte e sempre più a loro agio sul set dando sfoggio delle loro qualità recitative. Una spanna sopra gli altri due.



Parliamoci chiaro: se questo prodotto non portasse il pesante nome del capolavoro dello scorso anno, stareste ancora tutti così attenti e fiduciosi nella buona riuscita della serie? Ho i mie dubbi. Comunque la tavola è imbandita, i fornelli accessi. Orsù Nick, siamo venuti fin qui, preparaci qualcosa di memorabile. Il tempo è ancora tuo (e la sigla è splendida).

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