sabato 14 marzo 2015

PURE IMAGINATION

Giganti, streghe, spiriti dei laghi, città incantate, gemelle siamesi. Sono solo alcune delle avventure fantastiche che troverete in “Big Fish - Le storie di una vita incredibile”, film diretto da Tim Gothic Burton nel 2003.



Dopo aver dimostrato abili doti registiche anche al di fuori del suo campo di azione, ovvero il gotico e il grottesco, in “Planet of the Apes”, Burton viene contattato per dirigere il nuovo film ispirato ad un romanzo di novelle dello statunitense Daniel Wallace. Il cineasta chiama a se gli immancabili Elfman (Oscar per questo lavoro) ed Helena Bonham Carter e da sfogo a tutta la sua abilità registica regalandoci probabilmente il suo capolavoro (e Batman?). La trama del film è abbastanza semplice: un uomo anziano, Ed Bloom, è famoso per essere un grande racconta storie, ma quali di queste sono vere? Intanto il figlio, stanco della tendenza del padre ad esagerare nei suoi racconti e del suo egocentrismo, decide di allontanarsi della famiglia e andare a vivere in Francia. Solo il precario stato di salute del genitore lo riporterà a casa tre anni dopo. Con il padre sul letto di morte, Will Bloom decide di indagare sulle sue storie per verificarne la veridicità. 




Partendo da una base consolidata, quella del rapporto genitore-figlio, il film funziona: diverte e intrattiene, coinvolge e commuove. Il grande merito di Burton sta soprattutto nell’aver saputo bilanciare alla perfezione le scene dei racconti del padre e quelle in cui si torna alla realtà del presente. Nelle prime la fotografia è più accesa, ci sono movimenti di macchina più arditi, il ritmo è frenetico, ma mai esasperato, e i dialoghi sembrano vivere di un magia propria che li rende unici, fuori dall’usuale, fantastici. Nelle seconde invece il regista lavora più nell’ordinario e adatta le caratteristiche tecniche del film a questo contesto. Il contrasto porta lo spettatore ad immedesimarsi con il figlio nelle scene ordinarie e a sognare con il capofamiglia in quelle fantastiche. Con progredire della trama ci si lascia trasportare dalle magnifiche storie raccontate da Ed Bloom (un Ewan McGregor strepitoso, seppur non a livelli di Mark Renton), sta poi ad ognuno di noi se credere che queste siano vere. Indubbiamente nasce in ogni spettatore una domanda fondamentale: il mondo fantastico in cui sono ambientati i racconti del padre supera la realtà o è parte della stessa?
Proprio in questo quesito risiede il messaggio del film: chi dice che realtà e fantasia siano separate? Chi dice che il mondo descritto nelle storie di una vita incredibile non possa essere davvero il mondo reale?



Nel finale poi la pellicola si rivela per quello che è: un grandioso inno alla fantasia, alla capacità di integrare alla realtà un aspetto fantastico, prezioso, personale che renda ogni vita meravigliosa e quindi degna di essere vissuta. Se non ci fosse la fantasia ogni esistenza umana si rassomiglierebbe, senza l’”elemento umano della macchina”  la ragione prevarrebbe sull’emotività e l’uomo sarebbe succube del mondo che lo circonda. “Lentamente muore” l’uomo che smette di rendere indimenticabile ogni singola esperienza, ogni singolo respiro della sua esistenza attraverso l’infinita immaginazione di cui è dotato. Il film in questo senso invita lo spettatore ad avere il coraggio di abbandonare la realtà di tanto in tanto e di sognare liberamente con il cuore in mano, tenendo sempre presente che “A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie. Esse continuano a vivere dopo di lui, e così egli diventa immortale”.




L’ultima scena è da brividi. Elfman armonizza con classe e mestiere. Burton fonde i due mondi fino a quel momento paralleli in una rocambolesca e commovente fuga. Gli attori si superano regalando una prova di spessore. Ricorderete per molto tempo la voce calda di Will raccontare le storie del padre e, se come me non siete riusciti a staccare gli occhi dallo schermo per tutta la pellicola, farete fatica a trattenere le lacrime per l’ultima storia di una vita incredibile.
Un film che segna in maniera indelebile: insegna a fare di ogni esperienza un’avventura, di ogni avventura una storia indimenticabile. Un film sognante, per sognatori. Un film non per tutti.

Stay hungry, stay dreamy.

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