Soderbergh continua il suo dipinto della grande mela
marcia di inizio ‘900. L’obiettivo di ampliare il parco personaggi e di rendere
la storia di più ampio respiro è evidente. Gli sceneggiatori hanno cercato di
alzare l’asticella nonostante nella precedente stagione fosse posta già ad un
livello encomiabile. L’aumento del numero di storie non ha però generato il
risultato sperato e probabilmente è stato fatto un passo indietro rispetto ad
una prima stagione che coglieva nel segno, grazie anche all’effetto sorpresa dato
dalla novita. Questi due episodi si perdono troppo spesso in storie meno
interessanti che allontanano l’attenzione dai personaggi principali che erano
colonne portanti della serie fino a pochi mesi fa. Ci perdiamo a trovare un
buon avvocato per la suora in carcere, a trovare i soldi per un buon avvocato
per la suora in carcere, a convincere il marito dell’insopportabile Cornelia
Robertson, a seguire la nuova storia d’amore del giovane e quasi ebreo Bertie
(giovane anche perché ancora da svezzare), a conoscere il padre pastore
dioscesointerra di Lucy, quando sappiamo benissimo che la suora sarà salvata
solo da un gesto illegale del signor Cleary, la Robertson continuerà a fare
quello che faceva prima di prendere un nuovo cognome ancor più altolocato e
Bertie tornerà con l’infermiera del Knick, lo deve fare. Se non succede mi
arrabbio. E il padre della povera ragazza che viene picchiata, umiliata e
insultata solo per non essere più pura come un tempo? Ah no, di quello non ci
interessa nulla.
Queste sottotrame tolgono spazio all’argomento
principale, quel luogo che dà il nome alla serie: il Knickerbocker. In questo
modo, anche le storie di Thack ed Edwards vengono diluite e perdono a poco a
poco la loro capacità di coinvolgere il pubblico. Diciamoci la verità: noi fan
accaniti guardiamo The Knick per le operazioni crude e macabre, per le ricerche
del dottor Thackery, per le dosi del dottor Thackery, per gli amori del dottor
Thackery, e anche per Edwards, che però assomiglia sempre più a Calimero. Non
perché è nero, per la sfortuna.
La trama legata alla dipendenza del protagonista però è
stata sviluppata in maniera troppo affrettata, non lasciando il tempo allo
spettatore di assorbire i cambiamenti radicali del personaggio. Il primo
episodio si era infatti chiuso con la presunta guarigione del chirurgo; il
secondo invece mostra un Thack più maturo, consapevole, ma comunque dipendente
da stupefacenti (in questa stagione l’oppio è stato sostituito dall’eroina, la via è quella giusta John).
Come se tutto ciò che abbiamo vissuto tra la fine della prima stagione e
l’inizio della seconda fosse un unico, grande ritorno nietzschiano. Cambia
tutto per non cambiare nulla, e ci ritroviamo al punto di partenza con appena
due variabili alterate: Bertie licenziato ed Edwards preferito a Gallinger.
Troppo poco per toccare la vena creativa degli spettatori.
Capitolo Bertie: tornerà? Non tornerà? Ricercherà? Ecco,
la ricerca. Secondo me sarà una delle chiavi principali per il suo ritorno al
nuovo Knick: gli studi sull’adrenalina saranno intimamente collegati al lavoro
svolta da Thack per curare se stesso e il mondo (ma prima se stesso, sempre
prima se stesso). Una volta tornato poi spero che l’infermiera Lucy si convinca
finalmente ad accettare le sue avance (so di ripetermi troppo spesso su
quest’argomento, ma ci tengo particolarmente).
Per quanto riguarda Edwards invece credo che gli autori
abbiano applicato un criterio conservativo che sarebbe calzato a pennello anche
alla situazione Thackery: hanno sostanzialmente rimandato la soluzione del
problema a data da destinarsi pur proseguendo con l’evoluzione del personaggio
attraverso le confessioni all’amico chirurgo e il prepotente ritorno della
Robertson. Spero che questa storia si chiuda presto, sia per la sensibilità del
nostro medico nero preferito (nonché unico presente in tutta la serie), sia per
il circolo di ripetitività viziosa che potrebbe venirsi a creare col passare
degli episodi. Ma in questo frangente non mi aspetto di essere accontentato,
anzi.
La situazione quindi, rispetto alla fine del primo episodio,
è mutata di un nonnulla attraverso una narrazione frammentata e troppo lenta per
essere frutto della mente degli stessi autori delle ultime frenetiche puntata
della prima stagione. Purtroppo The Knick non sta migliorando esponenzialmente
come mi aspettavo, ma comincia a ristagnare nella sua perfezione stilistica e
registica. Credo però che questa sia solo una fase di assestamento su nuovi
standard per la serie che si appresta definitivamente a fare il grande salto
verso l’olimpo. Nessuna serie al mondo ha portato avanti una narrazione
complessa come quella di The Knick senza accusare periodicamente dei cali. Io
continuo ad essere estremamente fiducioso.
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