Lo so, sono in ritardassimo, ma sto recuperando. Mi
dispiace avervi abbandonati così su due piedi per privilegiare una serie che
non sta regalando le soddisfazione che aspettavo. Errore mio. Rimedierò.
Intanto Fargo 2 è ormai arrivato alla quarta puntata (probabilmente alla quinta
quando io avrò pubblicato tale commento), per cui prometti di rimettermi in
pare in breve tempo per riuscire a pubblicare il prossimo commento nel giro di
una settimana a partire da ora. Ma queste sono tutte illazioni e raramente mantengo
le promesse, sappiatelo.
In questi due ultimi episodi Fargo ha alternato momenti
convincenti a passaggi a vuoto non clamorosi ma neanche trascurabili,
confermando le voci che mi erano arrivate riguardo i contro della prima
stagione. Il secondo episodio in particolare, a parer mio, non è riuscito ad
enfatizzare i momenti clue(edo), di cui comunque era dotato, scadendo troppo
spesso nella noia gratuita. E stavolta dico noia, non lentezza. La lentezza è
una scelta stilistica e di scrittura attraverso cui i tempi delle azioni
vengono dilatati per avvicinarsi alla realtà ed approfondire determinati temi o
personaggi. La seconda puntata invece è lenta perché non riesce a bilanciare
bene scene al cardiopalma e altre di intermezzo; quindi un errore nella
gestione dei tempi è stato commesso e si nota. Il regista però riesce a
sopperire alla parziale mancanza di materiale con la valorizzazione di uno dei
capisaldi della serie, ossia lo stile visivo. Tutto è preciso, fine,
geometrico, ordinato. Ogni elemento fuoriposto si colloca perfettamente in un
contesto violento e sporco di sangue, ma per certi versi puro e immacolato. Sarà
la costante della neve posata sui prati del Minnesota e del Sud Dakota.
Altra costante mantenuta in questi primi tre episodi è l’ironia
tipica dei fratelli Coen che permea ogni scena, ogni inquadratura. Attraverso questo
stile narrativo a tratti surreale, gli scrittori riescono a creare un mondo
realistico ma irreale al punto giusto per risultare allo stesso tempo ilare e
minaccioso. La scena in cui il suocero del protagonista ferma i malviventi di
Kansas City riesce ad essere contemporaneamente carica di pathos ed
estremamente divertente, grazie soprattutto allo scrittura del personaggio
interpretato da Ted Danson: sopra le righe, dissacrante, intelligente e
stranamente realistico. Sul binomio antitetico realismo- surrealismo si fondo l’intero
clima dell’opera finora, e, se gli sceneggiatori riuscissero a mantenere il
perfetto equilibrio mostrato finora, ci troveremmo finalmente al cospetto di
una perla di black humor di rara bellezza.
Il terzo episodio, a differenza del secondo, è invece carico
di eventi attraverso i quali si sviluppa la trama principale legata al caso
dell’assassinio del giudice e quella secondaria collegata indirettamente alle
indagini, ovvero l’imminente guerra tra i Gerhardt e la mafia di Kansas City. Delle
due trame quella che sulla carta dovrebbe essere più affascinante e
coinvolgente è la seconda, ma lo spettatore è portato dalla caratterizzazione dei personaggi
secondari e dallo sviluppo degli eventi ad aspettare con più ansia il momento
in cui la telecamera si concentra sulle intuizione della nostra madre preferita
o sulle macabre usanze notturne dei macellai negli anni ’70. Spero che questo
terzo episodio non rappresenti l’eccezione alla regola, perché a mio parere
questo perfetto connubio tra momenti di stanca televisivi ed improvvise folate
di eventi significativo potrebbe rappresentare il dispiegamento delle ali di
Fargo.
La caratterizzazione dei personaggi, sia quelli
principali che secondari, mi è sembrata inoltre estremamente naturale, mai
forzata e perfettamente in linea con l’opera in toto. Non avremo mai una scena
in cui due personaggi interagiscono tra di loro per il puro sviluppo dei due
caratteri, ma tutte le scene sono in qualche modo legate alla trama e quindi
non risultano mai fini a loro stesse. Da questo punto di vista va dato atto
agli sceneggiati di un lavoro accurato e studiato nei minimi dettagli.
Angolo delle previsioni: la guerra sarà guerra e la mafia
giungerà alla felice coppietta di assassini prima dei protagonisti. In ogni
caso i morti, da qui alla fine, come ha dimostrato la scena del venditore di
macchine da scrivere iper tecnologiche, non mancheranno.
Finora Fargo ha rispettato tutte le aspettative pur
mostrando qualche lacuna dal punto di vista della divisione degli eventi e dell’organizzazione
del tempo. Rimane però stilisticamente perfetto e dissacrante. Anche l’uso
delle musiche è stato sviluppato in maniera intelligente in modo da coinvolgere
ulteriormente lo spettatore nel nero della serie crime più bizzarra degli ultimi
anni. Le premesse sono ottime, ma riusciranno a tenere sempre costante il
livello d’intrattenimento in dieci lunghe puntate?
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