Rivediamoci velocemente le regole che non si sa mai, anche
se lo so che alla fine non le leggete.
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Film usciti in sala per la prima volta dal 1
gennaio al 24 dicembre;
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Film usciti su Netflix o sulle altre piattaforme
on-demand nello stesso arco di tempo;
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Non sono ammessi “film” di natale usciti
direttamente su Youtube sul canale della Rai, prodotti da Rai2 e Rai digital,
con il Pancio ed Enzuccio.
È stato un anno così ricco che avrei potuto stilare una TOP 30 senza calare di qualità. Ma sono state fatte delle scelte. Le mie. Che
non sono le vostre. Quindi scanniamoci sotto nei commenti come non volessimo
arrivare al 2019. Daje.
10 - Ready Player
One di Steven Spielberg
Dal besteller di Ernest Cline, il nuovo ambizioso
classico di Spielberg cambia forma a ritmo di musica nel regno della fantasia
digitale. Il risultato è un assolo di citazioni nerd e avventura anni ’80 che
abbaglia il cuore bambino e lascia dietro una scia di meraviglia. Peccato il
film tenda troppo spesso a specchiarsi nel suo stesso fanservice e finisca per
autolimitarsi in un canovaccio invecchiato tutt’altro che bene. Non il
capolavoro annunciato, ma un’opera di cuore (nerd).
Per approfondire: Ready Player One è un capolavoro?
9 - La ballata di
Buster Scruggs di Joel ed Ethan Coen
Dal cinema alla televisione; da una miniserie antologica
ad un film a episodi. Cambiano gli ingredienti, ma il risultato è sempre
altissimo cinema. I Coen tornano nel west per raccontare sei storie di morte e
fortuna e recuperare il livello delle migliori produzioni del loro passato,
dimostrando che Netflix non è solamente un mostro da demonizzare.
La collezione di storie del vecchio volume del west tocca
a turno tutte le corde, per arrivare ad un finale metacinematografico
semplicemente perfetto in cui gli ospiti della diligenza sono i personaggi
sulla pellicola e siamo anche noi, e i cacciatori di taglie sono dei semplici
funzionari e anche due angeli della morte. Corsi e ricorsi autocitazionisti si
intrecciano per chiudere un’opera totale sulla natura umana.
8 - BlacKkKlansman
di Spike Lee
Il ritorno in grande stile di Spike Lee nel suo habitat
naturale: la rivalsa sociale della popolazione afroamericana. Il film centra
fin da subito ambientazioni anni ’70 e ritmo, riuscendo ad alternare alla
perfezione il riso, la riflessione sociale e i momenti emotivamente più forti,
risultando efficace oltre ogni immaginazione.
(Apro una parentesi: il film più importante dell’anno
C’è chi utilizza il mezzo per un fine più alto. E allora,
oltre la qualità, va premiato anche l’impatto sociale, perché scrivere di un
mondo diverso da quello che abbiamo è più facile e infinitamente meno utile del
racconto per immagini. E quindi lo scorso anno la palma importanza andò a Detroit di Kathrine Bigelow. Quest’anno
è il caso di premiare Spike Lee, che sarà di parte dall’altra parte, ma come
racconta questa strana brutta storia americana (quasi) nessuno.
E considero chiusa la polemica tra me e il sottoscritto.
E chiudo anche una parentesi)
7 - Hostiles di
Scott Cooper
Sorpresa dell’anno per un’opera tagliante e scorretta che
inverte i canoni del genere western per dare nuova linfa ad un filone morente.
In particolar modo la prima parte rasenta la perfezione per il suo naturale
andamento aschematico che restituisce un quadro di violenza e sofferenze in cui
ognuno è toccato dalla colpa del genocidio degli indiani d’America. Il dolore
delle perdite di una madre sgretolata dal dolore sarà la chiave per un futuro
condiviso. Grande cinema anticontemporaneo e, anche per questo, perfettamente
attuale.
6 - Mirai di
Mamoru Hosoda
Quale meravigliosa scoperta.
Hosoda torna ai livelli di Wolf children per raccontare il percorso di crescita di un bambino
di quattro anni costretto a fare i conti con l’arrivo di una sorellina. Tra realtà
e immaginazione, tra passato e futuro, il regista restituisce alla perfezione
il passaggio da un naturale solipsismo al riconoscimento di una stato superiore: essere al contempo
se stessi e una parte di un altro individuo, di cui portiamo il sangue.
Raffinato, onirico e infine toccante, Hosoda intercetta
la vita nel suo groviglio di fantasie.
5 - L’isola dei
cani di Wes Anderson
Ogni nuovo lavoro il cinema di Wes sale di livello.
Stavolta una storia di contorno diventa in realtà il centro di una rivolta
nazionale per un Giappone tanto militarizzato quanto feudale e ciò porta la
tipica struttura dell’autore texano a fondersi con intenzioni spiccatamente
politiche.
Animazione tecnicamente eccelsa per una carrellata di
opere d’arte su pellicola che rapiscono l’occhio, colpiscono il sentimento.
Dopo Fantastic Mr Fox, più
dissacrante - ma non disimpegnato come potrebbe apparire - Anderson riprende la
stop motion come la miglior espressione della sua idea artistica fatta di
simmetrie, colori accesi e movimenti di macchina a 90°.
E con questa perla termina per il 2018 la quota animata.
Purtroppo ogni anni perdiamo una settimana di cinema da Natale a capodanno,
proprio quando la Disney decide di rilasciare i nuovi classici. Lo scorso anno
il fuori-classifica toccò a Coco, che, da un’analisi a posteriori, si sarebbe fermato ai piedi del podio. Quest’anno è
la volta di Spiderman: un nuovo universo,
che avrò modo di vedere solo il 27 dicembre. Mi flagello.
4 - La forma
dell’acqua di Guillermo del Toro
Del Toro sguazza sorridente nel cinema (quello vero).
Racconta la diversità in ogni sua forma. Tratteggia dolcezza e amore sconfinato
per la settima arte. E il risultato è puro godimento sensoriale.
Il film trionfatore agli Oscar 2018 è figlio di un cinema
passato e delle migliori fiabe Disney. Potrebbe bastare l’intermezzo da cinema
muto in bianco e nero a portare in alto l’opera in questa personalissima classifica.
Un film da guardare con gli occhi che avevamo anni fa.
Per approfondire: La forma dell'acqua - solo un classico Disney?
3 - Tre manifesti a
Ebbing, Missouri di Martin McDonagh
Disarmante la maestria con cui McDonagh è in grado di alternare
il dramma più crudo al riso. Nella dimensione della commedia nera si trova il
perfetto equilibrio di un’opera curatissima e intelligente che intercetta come
nessun’altra il carico di violenza che grava sulla società occidentale.
Una serie di personaggi sui generis ed estremamente umani
è il mezzo per raccontare il percorso della violenza che nasce da un efferato
omicidio e si conclude con una soluzione vuota: una dispersione che possa
racchiudere in sé un nuovo inizio, oltre la sofferenza.
Tre manifesti
ricalca lo stile dei Coen per arrivare dove i fratelli registi non erano mai
riusciti e punge un sistema inefficace nella sua manifestazione, che è l’apice
della sua criticità.
Attori straripanti e due sequenze magnifiche (scena delle
scale e incendio dei manifesti) portano il film verso il cult istantaneo, un
apice della commedia nera che resterà a lungo insuperato.
Per approfondire: Tre manifesti a Ebbing, Missouri
2 - Il sacrificio del cervo sacro di Yorghos Lanthimos
Il lavoro di Yorgos Lanthimos sulle falle della
natura umana e della sua organizzazione sociale prosegue con una rivisitazione
del mito di Ifigenia, protagonista di due tragedie di Euripide. Il regista
greco mantiene e accentua il suo stile fortemente cinematografico per
mettere lo spettatore in una condizione di difficoltà e spingerlo ad aprire una
questione. Le immagini disvelano una violenza nascosta che non passa dalle
parole, ma dalla messa in scena, dalle musiche, dalle inquadrature.
Il sacrificio del cervo sacro è un’esperienza superiore e
complessa, difficilmente sostenibile senza una preparazione adatta. La
difficoltà creata a livello linguistico si traduce gradualmente in una
difficoltà concettuale sulle forme sociali e familiari.
Lanthimos si rinnova e ritorna su se stesso per dare sempre
vita a qualcosa che non c’era.
1 - Dogman di
Matteo Garrone
Il miglior film del 2018 è senza dubbio l’italianissimo Dogman di Matteo Garrone, rivisitazione
del brutto affare del canaro della Magliana. Il canaro cinematografico non pone
tanto l’attenzione sul fatto di cronaca nera, ma lo utilizza per raccontare la
vita degradata degli ultimi nella periferia romana. Marcello Fonte, miglior
attore a Cannes, interpreta un uomo a cui viene sottratto tutto, finanche
l’umanità. E senza l’ultimo briciolo di umanità, anche la violenza più efferata
può sembrare adatta al degrado del contesto.
La forza del racconto è nelle immagini più che nella
trama. Garrone riversa una forza d’impatto nella sua pellicola tale da
devastare lo spettatore ad ogni nuova visione. Questo cinema arriva
all’istintività dell’uomo, dove giace una violenza sopita, che è la stessa che
muove il canaro, ormai fantoccio della società che l’ha cullato in un rovo di
spine fin dalla nascita.
L’eccellenza quest’anno è italiana; segno che il problema
non sono i mezzi, ma le idee per un cinema migliore.
Per approfondire: Dogman - l'ultimo canaro di Garrone
Siamo arrivati quindi alla conclusione. Avrei potuto
parlarvi ancora di Lady Bird, opera
dolce e indipendente, proprio come la sua protagonista, oppure di The disaster artist, esperimento
imperdibile; di Tonya o de L’uomo che uccise don Chisciotte, di First man o del piccolo cult che è Notti magiche di Virzì, ma non lo farò,
questa classifica, questo meraviglioso anno di cinema termina qui.
Sono state scelte inusuali? Forse
Sono state scelte in controtendenza? Sì
Sono state scelte un tantino hipster? MA CERTO!!!
E quindi prendete queste scelte per quelle che sono. Soggusti.
Non prendetevela ammale.
Noi ci rivediamo il 30 dicembre, quando ancora non
saprete cosa fare a capodanno, ma verrete finalmente a conoscenza della mia
FLOP 10 2018. Che non aspettate altro, e buon inizio di fine anno (?)
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