Eppure la posizione dello spettatore è certamente più
complessa e drammatica rispetto a quanto erano in grado di fare Alps e The lobster.
Siamo spettatori di una composizione che opprime attraverso una violenza
eterogenea inaudita e rende spesso impossibile all’occhio di fissarsi proprio
sui particolari più scabrosi. Ma questa violenza, che passa dal soggetto alla
messa in scena e coinvolge ogni aspetto della pellicola, trova le sue radici
nel percorso artistico del regista. Fin dai suoi primi lavori Lanthimos ha portato
avanti uno studio sulle forme d’espressione per raffinare sempre più la sua
regia verso uno stato di difficoltà generato e ricercato. Questa difficoltà è
riscontrabile a partire dal piano linguistico. Martin, vero tassello
imperscrutabile della prima metà dell’opera, è un personaggio in grado di
trasmette una forma di ribrezzo che lo spettatore non riesce a ricollocare nel
contesto del film. Siamo rapiti dagli occhi viscidi dell’attore che impersona
Martin, Barry Keoghan, proviamo un forte senso di fastidio per le azioni
inopportune che questo personaggio compie, ma la questione che genera il
problema sta alla base, tra le maglie più strette della pellicola.
La questione
fondate si pone nell’ordine del linguaggio e ciò include pesantemente anche la
perfetta famiglia alto borghese dei protagonisti, che vive immersa in un tanto
immacolato quanto perverso simbolico dominante. La prima fatica dello
spettatore è riuscire a penetrare il simbolico dominante della finzione per
assumerlo in prestito per la durata della pellicola. Questo passaggio
richiede una certa abilità, una certa disponibilità. Ma solo in questo modo
possiamo godere di alcuni dettagli che rimandano alla simbologia classica e letteraria
dell’opera nella sua ricostruzione della tragedia. La pellicola si apre con un muscolo
cardiaco che pulsa durante un’operazione a cuore aperto. Alla prima difficoltà
visiva segue la difficoltà del linguaggio, quando Steven, stimato chirurgo,
intrattiene con il suo amico anestesista uno un dialogo approfondito sulla
qualità dei cinturini degli orologi. La forma eccede nella traslazione dell’importanza
dal momento dell’operazione a quello della discussione. Tutto ciò appiana gli
scambi linguistici ad un livello standardizzato con il quale possiamo
familiarizzare. L’operazione effettuata è del tutto simile a quanto visto in
The lobster, in cui era la necessità sociale ad appiattire il simbolico
dominante verso una completa apatia. Su tale tessuto coerente, ma comprensibile,
il personaggio di Martin agisce a mo’ di lama, squarciando il simbolico
dominante da parte a parte. Gli estremi della lama di Martin sono l’estremizzazione
ancor più caricaturale della forma del simbolico dominante e un’ingenuità
fanciullesca che non sta a tale piano dell’essere. Il connubio antitetico di
queste posizioni, assolutamente paradossale, rompe il solido paradigma della
pellicola e genera il problema dello spettatore. Mostra un’impossibile da
affrontare e sopportare, qualcosa che potrebbe avvicinarsi a toccare l’ordine
del reale.
Altro tema cardine nell’interpretazione de Il sacrificio
del cervo sacro è quello della sessualità. Il sacrificio della tragedia è legato
alla vergine e questo focalizza l’attenzione della pellicola sul modo in cui
ogni personaggio si rapporta alla sessualità. Vari sono i riferimenti e in
quest’ottica molte scene idealmente fuori contesto possono essere ricollocate
in una collezione di dettagli sulla sfera sessuale. Steven e la moglie Anna
vivono una relazione che nasconde delle perversioni inusuali; viene ripetuto
più volte che Kim, la figlia della coppia, è da poco giunta alla maturazione
sessuale, e non è casuale che mantenga la sua purezza nel corso della
pellicola, nonostante la relazione clandestina con Martin. Infine il piccolo
Bob, inizialmente ancora estraneo alla sfera delle pulsioni e delle passioni. La scena in
cui Steven racconta il suo segreto più scabroso al figlio (e si tratta
naturalmente di un segreto di natura sessuale) è il momento in cui il padre
cerca di testare indirettamente se il figlio sia già entrato a far parte o meno
della sfera della sessualità. In generale l’incontro tra la soggettività e il
sesso genera una sorta di corruzione dell’essere verso una moralità
frastagliata che i genitori mostreranno nel momento della scelta.
Questa lettura della sessualità è strettamente legata ad
una visione cristiana del tema e trova le sue radici nell’interpretazione agostiniana
dei testi sacri e del peccato originale. Questa versione giustificherebbe anche
la trasmissibilità della colpa di Steven ai figli e il successivo tracollo. A partire
dalla sessualità, cade la moralità e gli uomini perdono ogni possibilità di
mantenere salde contemporaneamente una giustizia terrena sul modello di quella
divina e una soggettività moralmente corretta. Emerge una spietatezza, un
cinismo proprio di chi è obbligato dal fato a spogliarsi dell’ultima fasulla
moralità che mostrava sul piano del simbolico dominante, all’attenzione di
altri individui della stessa caratura morale, della stessa superficiale
finzione collettiva. Dove si colloca quindi lo spettatore rispetto alla morale decaduta di una civiltà attempata e reazionaria che finge di essere giovane e intraprendete?
Se la messa in scena fa uso della questione del
linguaggio come mezzo per raggiungere in una maniera atipica e difficilmente
sostenibile lo spettatore, è nella sessualità che si consuma lo sciorinamento
della questione centrale dell’opera, sulla moralità umana. Il risultato è un
film che chiede di essere raggiunto attraverso uno sforzo notevole, ma che è in
grado di ripagare lo spettatore sia emotivamente che, soprattutto,
intellettualmente. Lanthimos confeziona ad arte un altro gioiello che respira
di cinema.
Personalmente credo di aver assistito ad una delle
esperienze cinematografiche più significative della mia vita di spettatore. Sono rimasto
catturato dal primo all’ultimo secondo della pellicola e ho partecipato della
tensione, dell’emotività e della violenza, ma ho faticato molto a sostenere il
peso dell’opera. Un film meraviglioso, che difficilmente riuscirò a rivedere.
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