Dogman non è la storia del “delitto del Canaro”, al quale
il film si ispira, ma si tratta di uno spaccato di periferia che descrive la
graduale perdita d’umanità di uno degli ultimi della società. Marcello è un uomo
ricurvo e scavato, succube, complice suo malgrado di una piccola malavita
locale. Divorziato, è proprietario di un negozio di tolettatura per cani. Sopravvive all’ombra
di Simone, ex pugile cocainomane che vive di piccoli crimini e terrorizza i
commerciati della zona con la sua forza bruta. In una vita priva di grandi
soddisfazioni, sofferta, Marcello trova l’occasione di dimostrare la sua
umanità nell’amore per i cani che accudisce, nell'affetto che lo
lega ai negozianti del litorale e soprattutto nel rapporto con la figlia. Il personaggio
che dà il titolo al film suscita nello spettatore un’empatia immediata,
nonostante non si tatti di una macchietta tagliata ad hoc per spiccare
positivamente sulla negatività generale. È anche lui inserito nel tessuto
sociale di cui fa parte, ma più di ogni altro personaggio egli è vittima e non
carnefice, anche se materialmente colpevole. Le vicende di Marcello toccano il
cuore per il fondo di dolcezza che si scorge in fondo alle difficoltà e agli
stenti di un’esistenza al limite della morte in vita. Il protagonista è ancora
vivo per la posizione marginale e insignificante che in anni di sacrifici è
riuscito a ritagliarsi tra gli ultimi; ma un evento legato all’ex pugile Simone
innescherà una serie di vicissitudini che lo
porteranno a perdere ogni legame con il suo ruolo sociale e quindi con il fondo
d’umanità che ancora lo tratteneva dall’abisso.
In un anno Marcello perde l’affetto e l’amicizia degli
altri commercianti, perde la faccia, il nome e soprattutto la sacralità del
rapporto con la figlia, che lo vede arrancare nella sua quotidianità. Una scena
essenziale nella perdita d’umanità del protagonista è quella in cui un attacco di
panico gli impedisce di accontentare i desideri della figlia. Quando il
protagonista perde anche lo sfogo familiare di una solitudine subacquea, egli smarrisce
l’ultima essenza umana che restava su un fondo di pietà e sconforto, e con essa
viene meno anche la morale borderline che il contesto aveva permesso fino a
quel momento. Qualcosa nello sguardo del protagonista cambia e, pur senza un
piano preciso, senza la premeditazione dei peggiori criminali, egli non bada
più a preservare qualcosa della sua vita, ma sarebbe disposto a tutto pur di
riottenere la vitalità dell’essere presenti a se stessi e agli altri. Il
fantasma di Marcello diventa prima un efferato omicida, poi supera la vergogna
dell’atto compiuto per ritrovare un contatto con il passato e con se stesso, ma
potrebbe essere tardi per riportare in vita Marcello dalla morte. La silenziosa
spiaggia dell’ultima scena, la morte che non stona con lo sfondo annegato di
pioggia e sangue. Lo sguardo di Marcello non lascia trasparire altro sentimento
che un’immensa disperazione per non aver trovato nella vendetta la forza di
tornare in vita.
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