La libertà di essere chiunque travalica il nostro nome?
Lady Bird è la storia di un nome, di un anno speso alla
ricerca dell’emancipazione dal passato e dal presente. Christine viene da una
bizzarra famiglia in dissesto economico dopo il licenziamento del padre e deve
affrontare i dubbi dell’ultimo anno di liceo senza la solidità di un futuro
aperto e la tranquillità di un rapporto chiaro con la madre.
Lady Bird disegna un groviglio di strade che cominciano a
perdersi nel deserto e altre che sopravvivono confluendo verso un’unica
direzione. La protagonista vive la condizione di veder morire uno dopo l’altro
i fantasmi del suo futuro senza la possibilità di salvare la sua vita dalle
scelte obbligate. È intrappolata in una situazione che designa per lei un avvenire già scritto, con l’università vicino casa e un nome a pesare sulla sua vita
sociale. Per contrastare una vita che va naufragando, Christine sceglie di
cambiare nome e di farsi chiamare “Lady Bird”. Da quel momento in poi la sua
personalità va mutando di pari passo con le scelte che lei pensa di imporre a
se stessa. Decisioni che sembrano finalmente segnare la strada della sua
definitiva maturazione, ma che finiscono inevitabilmente per regalare alla
protagonista solo traumi e delusioni. Ma lo spirito tenace di Lady Bird non
demorde, arrivando anche ad invertire l’ordine sociale prestabilito, portandola
oltre i limiti che il suo nome, il nome che la sua famiglia aveva scelto per
lei le imponeva. Almeno fino alla frase chiave dell’opera:
Le persone si chiamano a vicenda con i nomi
che i propri genitori hanno scelto per loro, ma non credono in Dio
Quando nasciamo occupiamo una nicchia nella culla della
società e crescendo, cambiando, siamo in grado di muovere la nostra posizione
rispetto al mondo, ma non possiamo cancellare il solco lasciato dal nostro
passaggio. Il nostro percorso qui e ora.
Il nostro nome ci orienta, è il taglio che i nostri
progenitori hanno scelto per noi, l’unica condizione nella quale possiamo
esistere ed essere presenti nella nostra realtà. Questa è la grande
responsabilità di un nome e del peso trascendentale che esso porta con sé; non un capriccio,
non un accessorio. Quando veniamo alla luce abbiamo le potenzialità di
diventare chiunque ma non potremo mai smettere di essere noi stessi. Il nome che
potiamo ha in sé i luoghi, i momenti, le nostre storie e anche le possibilità.
Lady Bird è la storia di un percorso di formazione che porta
la protagonista alla scoperta dei limiti del suo nome e delle immense ricchezze
che esso potrà regalarle. Anche se la sua casa è a Sacramento, nella zona
povera oltre i binari. Maturare, entrare nell’ottica adulta è superare l’inseguimento
continuo della nostra ombra e accettare di essere chiamati per nome. È una
crescita che si avvicina molto ad una decrescita, al ritorno alla
spensieratezza dell’infanzia, quando non avevamo concezione di essere in un
altro posto da noi.
Un giorno, sbadatamente, ci accorgeremo che quello che
abbiamo è ciò che siamo sempre stati. A volte riguardiamo un sentiero, uno
scorcio nascosto in fondo alla via e scopriamo di appartenere ai nostri luoghi
tanto quanto essi appartengono a noi. E potremo rinunciare al nostro nome e a quello
dei nostri genitori, ma non possiamo cancellare la nostra via illuminata dal
sole, nell’estate di Sacramento.
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