martedì 8 settembre 2015

TRUE DETECTIVE: RUST VS RAY - PRIMA PARTE

Siamo dunque arrivati al fatidico confronto tra la prima e pluripremiata stagione di True Detective andata in onda nel 2014 e la seconda, più controversa e criticata, appena conclusasi. Le due stagioni potrebbero sembrare molto diverse ad un primo e poco attento sguardo; in realtà nascondono punti in comune a partire dallo stile, fino ad arrivare agli intenti più profondi. Se non ci fossero questi piccoli dettagli a collegare i due prodotti e se il creatore non fosse lo stesso Nick Pizzolatto, non mi sarebbe mai balzata in mente l’idea di proporre un confronto netto e definito tra le due stagioni. Per fare ciò ho pensato fosse più interessate e veritiero sviluppare il confronto per punti, magari cinque, che possano analizzare ordinatamente i vari aspetti delle serie TV che io ritengo fondamentali. Eviterò di fare spoiler clamorosi e fastidiosi per chi non avesse ancore visto una o entrambe le stagioni, ma un punto in particolare mi costringerà a parlare chiaramente dei finali.
Prima di gettarci nel confronto vero e proprio però verrei aprire una piccola parentesi sulle aspettative: la prima stagione fu incredibile per impatto di critica e pubblica in quanto nuova, inedita e inattesa. Le aspettative erano sì modeste ma nulla più. In pochi la videro al lancio, ma molti, me compreso, lo ammetto, la recuperarono mesi dopo su consigli di amici, siti e quant’altro. Ciò ha ovviamente creato delle notevoli aspettative nei confronti della seconda, che quindi è stata accolta in maniera totalmente diversa rispetto alla prima. In questo caso il pubblico ha preteso naturalmente netti miglioramenti sotto tutti i punti di vista, ma, come spesso accade, un seguito pecca in alcuni frangenti, ma mostra delle migliorie in altri. La critica e il pubblico, a mio parere, sono stati ampiamente condizionati da fattori esterni e regressi sulla valutazione complessiva della seconda serie. Il mio intento, in questo speciale confronto diretto, sarà quello di non cedere a facili qualunquismi di sorta e di analizzare i due prodotti evitando di tirare in ballo le aspettative. Parentesi chiusa. Cominciamo…



I)  Sigla
Gli show televisivi, di consueto, cominciano tutti con una sigla; perché non cominciare anche noi il confronto in questo modo? Quella della prima stagione era più adatta alle atmosfere che si apprestava ad introdurre, le immagini erano più scure, gotiche e allungate, in linea con il finale metafisico che avrebbe concluso la miniserie. La sigla della seconda è invece più iconica, d’ampio respiro. Le immagini che scorrono più suggestive e profonde nei loro contrasti di colore. Forse però la seconda pecca nella lunghezza e nell’imperfetto incastro tra colorazione di fondo ed atmosfere. Chi vince allora? Ai punti opterei per un pareggio, ma la voce di Leonard Cohen è semplicemente meravigliosa e non può uscirne senza il punto. VINCE 2. 0-1



II) Personaggi
Cominciamo a fare sul serio. Ecco uno dei tasselli fondamentali per la buona riuscita di un prodotto di altissimo livello. In questo punto mi prospetto di analizzare sia la costruzione e la caratterizzazione dei personaggi che le interpretazioni fornite dagli attori.
Da una parte Rust, Marty e Maggie, l’avvenente moglie di quest’ultimo, dall’altra invece il parco di protagonisti è più ampio: Ray. Ani, Paul, Frank e la moglie, più svariati personaggi secondari, discretamente caratterizzati, che risulteranno a tratti fondamentali per il prosieguo della narrazione.
La discrepanza numerica fa sì che ovviamente nella prima stagione l’attenzione si concentri maggiormente sulle vite private dei due detective e quindi indirettamente anche sulla loro indagine. A dispetto delle aspettative però i caratteri dei due sono più velati, nascosti e centellinati nel corso dell’intera stagione rispetto a ciò che avviene con i protagonisti della seconda. Nella serie ambientata a Vinci infatti i personaggi vengono rappresentati in maniera troppo appesantita e a tratti caricaturale. Essi partono come un libro aperto nel quale è possibile leggere fin da subito del buio tormento che attanaglia le loro anime, e solo progredendo nella narrazione acquistano connotati interessanti e umani che li rendono fortunatamente tridimensionali e non più macchiette.
Passiamo poi all’analisi dei singoli: sostanzialmente Ray e Rust. Ray si dimostra alla lunga più concreto del metafisico protagonista della prima stagione, egli infatti non si perde in volatili discorsi sul senso della vita e non disdegna l’uso della violenza per la soluzione di questioni personali. Rust invece è più complesso e complessato. Più intelligente. Pensa e scrive piuttosto di parlare e quelle poche volte che apre la bocca sembra di leggere un trattato ottocentesco scritto in linguaggio volutamente aulico. Nessuno dei due potrebbe mai esistere nella realtà, ma Ray Velcoro sembra essere quantomeno più plausibile del suo predecessore. Il finale della prima stagione però potrebbe in un certo senso giustificare cinematograficamente l’intero personaggio di Rust. A mio parere un confronto tra questi due fantastici protagonisti dipende unicamente dai gusti personali, ma, visto che devo obbligatoriamente dare un parere definito ai fini del confronto, tiro in ballo la sopracitata recitazione; e qui non c’è storia, non c’è autostrada che tenga: Matthew McConaughey stravince su Colin Farrell con L’Interpretazione del 2014. Qualcosa che va oltre. Scusa Ray, ma non ce n’è per nessuno. VINCE 1. 1-1



Dopo aver rimesso in pari la situazione, prendo una pausa molto breve per riflettere, curare maggiormente gli ultimi e decisivi punti del confronto ed evitare l’appesantimento di questa prima parte. L’appuntamento è quindi fissato per domani alla stessa ora, quando spero che i miei dubbi siano ormai sciolti. Intanto vi invito a dire la vostra sui primi due aspetti esaminati e sul confronto generale tra le due stagioni. Spero che non siate d’accordo con me. Senza disaccordo non c’è dialogo.

Clicca qui per la seconda ed ultima parte.


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