venerdì 11 settembre 2015

IL MIO 11 SETTEMBRE

Oggi il cielo è coperto. Quel giorno invece c’era il Sole, me lo ricordo bene. Avevo da poco compiuto sei anni e mi apprestavo a cominciare la scuola elementare. Vacanza, amici di scuola, fratello rompi-giocattoli, quaderni con i quadretti da un centimetro, questi i miei pensieri. La mia vita sarebbe cambiata dastricamente da lì ad una settimana; questioni di opportunità. Quel pomeriggio, ricordo, stavo guardando come di consueto la Melevisione su Rai 3 con mio cugino più grande, un rito immancabile nelle infinite giornate di un bambino, del me bambino. Cresciuto con Tonio Cartonio, Solletico e le forbici dalla punta arrotondata di Muciaccia. Un tempo qui era tutta campagna.


Stavamo quindi gustandoci quel mix di gag fiabesche e cartoni animati memorabili, che ricordo ancora chiaramente, quando improvvisamente un’interruzione; un’edizione straordinaria del TG3 che annunciava la tragedia.

“Mamma! C’hanno tolto la Melevisione!”


Non ricordo se fosse più l’indignazione per la sospensione del nostro programma preferito o la curiosità nel vedere quelle immagini per noi nuove, strane. Due torri viste solo nei film mimetizzate in un fumo grigiastro che rovina l’azzurro del cielo e le grida. Tante persone intervistate in lacrime che vorrebbero ma non posso, tante anime che si accorgono di essere troppo piccole. Un bambino a sei anni non capisce, o almeno non coglie gli eventi che lo circondano alla stessa maniera di un adulto, ma assorbe, assorbe tutto ciò che lo trapassa e un giorno, magari più cresciuto, butta fuori ciò che ha dentro per amalgamarlo a quello che è diventato e formare un pensiero di vita. Mi tornano dunque in mente alcuni flash di quel giorno, uno in particolare: l’uomo che si lancia da una delle torri per fuggire alla devastazione. “Papà, ma perché si è lanciato? Si è salvato?”, l’ingenuità di un bambino che crede nella vita e nell’umanità. Fuggire alla morte rifugiandosi nella morte stessa. Ecco quando un uomo capisce di essere giunto alla fine del proprio viaggio. Cosa spinge l’uomo a gettarsi da un grattacielo andando incontro a morte certa? La disperazione di non avere più alternative è la morte stessa. Un’immagine che continuerò a ricordare almeno finché avrò sangue caldo nelle vene.


Per qualche anno ho pensato a quel pomeriggio come ad un gioco di grandi, all’intromissione del loro mondo nel mio, ma avevo visto troppo e col passare degli anni la leggerezza di spirito ha lasciato gradualmente il posto allo sdegno, alla rabbia nei confronti di tale tragedia umana. Quel giorno due aerei non c’hanno tolto solo la Melevisione, hanno tolto agli Stati Uniti la convinzione di poter vivere senza curarsi dei danni che il loro modello economico provoca sul resto del pianeta, di poter vivere isolati senza fare i conti con gli altri. Hanno tolto ad alcuni la speranza di un mondo migliore in cui persone che condividono la stessa Terra possano convivere senza sabotarsi, senza strappare la vita a migliaia di innocenti per lanciare un messaggio a quelli che restano. Hanno tolto un futuro a molti, la spensieratezza ad altri. Ma hanno compensato a queste nuove mancanze con la paura, l’odio, la divisione, il razzismo, la violenza e il sangue. Ecco l’obiettivo più indegno e becero: agire con violenza per incutere timore, fare leva sulla natura dell’uomo che trema di fronte al pericolo e associare al terrore quelle immagini. Impaurire per comandare. Ecco perché io non ho paura dell’ISIS, perché se un giorno dovessi pensare che la ragazza con il burqa seduta vicino a me sul treno possa saltare in aria da un momento all’altro portandosi via anche la mia vita, allora l’avrebbero vinta e tutti gli innocenti morti sgozzati in un video sarebbero scomparsi a favore di quel disgustoso e disumano progetto chiamato terrorismo. L’unica maniera per un ragazzo di ostacolare questi loschi e ignobili figuri è quella di non avere paura. Mai. Continuando sempre a ricordare, facendo bagaglio di ogni giorno tragico.


2752 potrebbe sembrare un numero come altri, ma se elencassi qui 2752 nomi di innocenti persone che quel giorno persero la vita tra le fiamme dell’inferno, forse riuscirei a raggiungere anche i cuori più materialisti e stratificati. Perché i nomi fanno un altro effetto, e vedere 2752 corpi senza vita sdraiati sul freddo asfalto di New York con un impersonale telo bianco sul volto lo fa ancor di più.


Quel giorno mi hanno tolto la Melevisione e non me l’hanno più restituita.

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