Dove eravamo rimasti? Stavamo ripassando per la terza
prova mi pare. A volte mi stupisco di quanti dati sia riuscito ad infilare in
questa testa mediamente proporzionata per quell’esame. Intanto la Costa Rica
aveva battuto in rimonta l’Uruguay mentre io seguivo uno spettacolo amatoriale
per rilassare la mente (ma neanche tanto, vista la complessità della trama
dello spettacolo - qualcosa come Romeo e Giulietta tra presente e futuro).
Arrivò poi la vigilia della temuta terza prova. La prima
cosa da non fare il giorno prima di un esame è cercare di buttare a forza nella
mente nozioni a palate; si rischia di sotterrare le conoscenze pregresse e
arrivare alla prova senza ricordare il proprio nome o addirittura
dimenticandosi di avere un esame da sostenere, che è peggio. La seconda cosa da
non fare è studiare in coppia. Sicuramente voi avrete delle lacune e anche il
vostro compagno le avrà; ciò non farà altro che aumentare l’agitazione,
specialmente quando realizzerete che tutte quelle lacune non si colmeranno in
una notte. Terza cosa da non fare è messaggiare con i vostri compagni di
classe. Anzi, spegnere il cellulare è cosa buona e giusta. È scientificamente
provato che alle 00:14 qualcuno scriverà sul gruppo di Whatsapp qualcosa tipo:
“Ma il trafiletto in basso a pagina 763 del terzo libro di filosofia l’abbiamo
fatto?”. Quando scriverà ciò metà classe vorrà linciarlo e l’altra metà si
appresterà a scrivere: “Ma secondo voi lo chiede?”. Ecco, il maturando in
crisi. Dopo aver diffidato dei pareri altrui per cinque anni , confidando solo
nel suo buonsenso, crederà a qualsiasi banalità gli verrà detta, purché questa
sia in linea con la sua preparazione. Ma sarà troppo tardi per ripassare o per
schierarsi pro o contro il maledetto compagno dell’ultimo secondo. La notte porta
consiglio. Dormite bene.
Il giorno della terza prova l’ansia è forse maggiore
perché non si ha la più pallida idea di ciò che potrebbe capitare. Potrebbero
chiedere la scontata tettonica a placche o l’evitabilissima “Enciclopedia delle
Scienze Filosofiche in Compendio” di Hegel. Tutto è appeso ad un filo, alla
scelta del vostro rappresentante di classe tra la busta A, la B e la C, come in
un quiz di Carlo Conti.
Il giorno della terza prova mi sedetti nuovamente in
fondo, attorniato dai soliti fedelissimi. Dopo la consegna dei fogli avevo
paura di girare pagina e scoprire la dura verità. Da cosa cominciare? Ricordai le
parole dei professori “Cominciate dalle materie più difficili”. Cominciai dalle
materie più facili: arte e filosofia. In mezzora avevo finito di riempire
quelle asfissianti dieci righe. Passai ad inglese. Con calma la feci, con molta
calma. Rimanevano fisica ed astronomia. La prima la inventai, la seconda la
inventai con fantasia. Una di quelle fantastiche risposte in cui viene
riproposta la domanda mescolata ad un lungo e vuoto giro di parole. Quanto mi
mancano quelle risposte. Peccato che poi il giorno dell’orale mi avrebbero
chiesto delucidazioni in merito alla mia fervida immaginazione. Considerando
però il 13 della terza prova, forse a qualche invenzione hanno creduto.
Finito di riempire tutte le mie righe mi dedicai ad opere
di carità mimando risposte improbabili e inducendo all’errore anche altri
ignari studenti. È il karma: se infrangi volontariamente le regole per ottenere
un paio di punti in più può capitare che il karma ti punisca con suggerimenti
sbagliati.
Però i professori avranno pensato a quanto fossimo uniti
come classe; inventare tutti la stessa fantasiosa risposta alla stessa domanda
è dono raro. Azzarderei telepatia.
Una volta un ragazzo sosteneva che solo durante la
seconda prova è concesso copiare. Quel ragazzo si sbagliava. Ricordo ancora un
mio compagno di classe che mi chiedeva di suggerirgli una risposta infinita nei
pochi secondi in cui i nostri sguardi si incrociavano mentre uno dei due andava
in bagno. Doti circensi.
Finita la terza prova ebbi un momento di rilassatezza.
Dai miei conti avrei potuto raggiungere il tanto agognato 60 prima di entrare all’orale e ciò
mi avrebbe anche permesso di raccontare storie divertenti alla commissione anziché
rispondere alle domande. Intanto mi avevano comunicato la data del mio orale; avevo la bellezza di nove giorni per dimenticare tutto il programma. Da un lato
così tanti giorni sono un aspetto positivo; ci si rilassa e si ricaricano le
batterie. Ma dall’altro si ha il tempo per fare i pensieri più strani, come
quello di scappare in Messico su un pickup degli anni ’60 con la paglia e i
maiali e lasciare la maturità agli altri. Non volevo essere “maturo”, quei
giorni li avrei vissuti all’infinito. La stupenda tensione nell’attesa della
fine.
Intanto, mentre Casa Azzurri (casa mia che quando gioca la
nazionale si tinge d’azzurro) si riempiva e si svuotava di persone che non
avrei più rivisto, avevo deciso che avrei seguito più orali possibili in attesa
del mio. Il primo giorno alle 8:30 io c’ero. Il cielo era triste, forse non
voleva che lasciassimo quelle mura accoglienti. Entrai a vedere il secondo del
giorno. Ricordo i vassoi di dolci appoggiati sul davanzale della finestra.
Tutto sommato questi professori non è che si trattano poi tanto male. Forse da
grande voglio fare il professore. O il vassoio di dolci, devo ancora decidere.
Sarà che il ripasso full immersion dovevo ancora
affrontarlo, ma nella mia testa pensai che non avrei saputo rispondere a metà delle
domande rivolte all’interrogato. Ma non allarmatevi: ad ogni esame che vedrete
prima del vostro non saprete rispondere a metà delle domande. È fisiologico. Il
giorno del vostro colloquio sarete così saturi di informazioni e stremati dallo
stress che le parole usciranno dalle vostre bocca senza nemmeno pensarci.
Purtroppo davvero senza pensarci. Poi capirete cosa intendo.
Al primo seguirono altri esami orali e, mentre avevo
fatto ormai amicizia con l’intera commissione (ah, le briscole con quello di astronomia
e col presidente) e avevo invitato anche loro a Casa Azzurri, il mio orale era
ormai alle porte. Cosa fare la sera prima della fine? Prima dell’ultima volta
in cui avrei varcato quella soglia da immaturo? La tentazione di riririvedere
il professor Faletti era forte, ma avevo bisogno di essere originale, unico. Di
esprimere il mio Io per rilassarmi. Optai allora per Scrubs: niente è meglio di
JD per divertirsi e riflettere allo stesso tempo. E conclusi la serata
originalità con una carrellata di canzoni strappalacrime, tipo quella
dell’addio di Bear e Luna nella grande casa blu. Lacrimoni.
Altro problema insormontabile che emergerà la notte prima
dell’ultimo esame sarà “Come mi vesto domani?”. Come se l’abito facesse il
monaco maturo. E invece l’abbigliamento conta, o meglio contribuisce a creare
l’immagine con cui vi presenterete alla commissione, la quale dovrà essere
sobria e trasmettere tranquillità. Per cui evitate maglie psichedeliche o
pantaloni con trame ipnotiche, evitate abiti col Che o con simboli satanici;
forse è meglio schierarsi a parole e argomentando piuttosto che lasciar partire prevenuta la commissione. Siate voi ma siatelo moderatamente.
Alla fine scelsi una camicia viola a righe (molto hipster
invero) e jeans. Ma poi quello che conta davvero sarete voi, anche se nudi.
Cioè nudi magari no o almeno non se la tartaruga l’avete mangiata a colazione e
nella frenetica scalata alla maturità avete dimenticato la fantomatica prova
costume. E mentre pensavo a me, ai miei compagni, alla macchina del tempo, al
professore di filosofia e a Supermario Balotelli che tanto super non era, mi
assopì come un gatto tra le braccia di Morfeo, non quello di Matrix, il Dio.
Mancava solo un passo, non potevo più inciampare.
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