Nel 1980 Michael Cimino è il regista del momento a
Hollywood: il suo ultimo film “Il cacciatore” è stato un successo strepitoso di
pubblico e di critica ed ha anche vinto 5 Oscar. Ora tutti stanno aspettando
con trepidazione il suo prossimo capolavoro. Finalmente! Eccolo! “Heaven’s
Gate”! Un’epopea western prodotta dalla United Artists con un budget stellare:
44 milioni di dollari. Si preannuncia un nuovo trionfo. Il film è un
disastro. E’ considerato il più grande flop della storia del cinema. E’ la fine per la carriera di Michael Cimino. E’ la fine
per la United Artists. E’ la fine per il genere western.
O almeno così dissero. Effettivamente la carriera di Michael
Cimino non si riprese mai più e la United Artists (una della più importanti
compagnie di distribuzione di sempre) l’anno dopo dovette essere venduta alla Metro-Goldwyn-Mayer
per non andare in fallimento. Il genere western però non scomparve come molti avevano pronosticato. Certo il fallimento
di “Heaven’s Gates” fu la goccia che face traboccare il proverbiale vaso: le
major, spaventate dal clamoroso insuccesso del film, smisero una volta per
tutte di finanziare i grandi progetti western. Il genere però non godeva di
buona salute ormai da tempo. L’età dell’oro era finita molti, molti anni prima.
Ciò nonostante il western esattamente come i suoi protagonisti è duro a morire.
Sono state raccontate innumerevoli storie sul mito della
frontiera e sembra impossibile che ancora oggi così tanto tempo dopo quel mito
continui ad essere raccontato in maniera sempre attuale, è incredibile come
riesca ad essere interpretato in tante maniere diverse.
Il western non è
morto e continua a regalarci storie sempre nuove, come ad esempio “Slow
West” (2015): un piccolo western innovativo e originale. Ed è proprio di questo
breve western indipendente che vi vorrei parlare oggi. Presentato qualche mese
fa al Sundance Film Festival, “Slow West” ha attirato subito l’attenzione su di
sé grazie al suo stile particolare ed originale.
La storia che ci racconta “Slow West” è quella del
giovane nobile scozzese Jay (Kodi Smit-McPhee) innamorato della povera ma bella
Rose (Caren Pistorius). Il padre di Jay, Lord Cavendish, si oppone fermamente
alla loro unione e una sera in un diverbio viene ucciso accidentalmente dal
padre di Rose. Così Rose e suo padre sono costretti a scappare in America per
avere salva la vita. Ma la taglia DEAD or ALIVE li segue anche nel West e Jay
viaggia “from the cold shoulder of
Scotland, to the baking heart of America” per trovare Rose e salvarla dal
guaio in cui lui stesso l’ha involontariamente cacciata. Nel West Jay incontra
Silas (Michael Fassbender) un avventuriero solitario che si offre di fargli da
guida e insieme si inoltrano nelle pericolose terre dell’Ovest.
Quando si guarda il trailer per la prima volta si ha
l’impressione che Wes Anderson abbia deciso di dirigere un western. La fotografia
infatti è molto colorata e l’atmosfera generale è più vicina alla commedia che
al film drammatico, per non parlare poi degli sketch comici inseriti nel film
nei momenti più inaspettati. Siamo di fronte ad un western che non si prende
troppo sul serio e si caratterizza per un tono leggero e scanzonato. Questo
tipo di approccio ha fatto storcere il naso a molti ma personalmente devo dire
che ho gradito la scelta del regista di distaccarsi da una concezione troppo
seriosa del genere.
“Slow West” segna il debutto alla regia del musicista
scozzese John Maclean. Lo stile del film è deciso e peculiare eppure ho avuto la
sensazione che Maclean avrebbe voluto spingersi ancora
oltre ma che non l’abbia fatto proprio perché essendo alla sua prima esperienza
come regista non si sentisse abbastanza esperto per premere fino in fondo il
pedale dell’acceleratore. A mio parere il film ha molte idee innovative che
però non vengono sviluppate con il coraggio dovuto, in diversi punti mi è
sembrato che non si sia osato a sufficienza.
Il protagonista del film sarà anche Kodi Smit-McPhee ma
la vera star è quel Michael Fassbender che tante mutandine ha fatto bagnare e
tante ancora ne farà bagnare nei prossimi anni. La sua carriera infatti sembra
essere definitivamente decollata e ha una buona scorta di film in uscita nei
prossimi mesi (è attesissimo il suo biopic su Steve Jobs). Qui si comporta
piuttosto bene anche se a dire il vero il personaggio che deve interpretare è
piuttosto stereotipato e non rappresenta certo una sfida per un attore della
sua levatura.
“Slow West” è un film piacevolissimo che scorre veloce
con estrema leggerezza toccando apici notevoli in alcuni punti. Certo forse non
sarà la miglior storia mai raccontata sul mito della frontiera ma è una nuova storia sul mito della frontiera.
E per quanto mi riguarda questo basta.
Amo il genere western e quindi mi dispiace ma non riesco
ad essere imparziale quando ne parlo. L’età dell'oro di questo genere sarà
anche finita ma il filone western non si è esaurito come un giacimento aureo
nello Yukon. Il western ha saputo
reinventarsi, rinnovarsi, adattarsi e oggi oltre 102 anni dopo la sua nascita
(1903 “The Great Train Robbery”) sa ancora affascinare.
Antonio Margheriti
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