venerdì 9 dicembre 2016

2016: TOP 10 UNDERRATED ALBUMS

Uno dei pochi, pochissimi lati positivi dell’essere pendolare è quello di passare una discreta parte della giornata sui mezzi. E si sa che per il pendolare il migliore amico è il cellulare con annessi auricolari, perché il pendolare è un animale asociale. Questo quotidiano dondolio mi permette di ascoltare un buon numero di album nel corso dei mesi, quelli più attesi, di artisti famosi e meno famosi, album di debutto e non. A volte poi, si riesce perfino a scoprire qualcosa che in pochi conoscono. Ecco alcune delle uscite più interessanti del 2016 che magari vi sono sfuggite.


Suuns – Hold/Still
Be’ in realtà questi quattro ragazzi di Montreàl hanno una certa fama, conquistata in quasi dieci anni di ottima musica. In questo caso Hold/Still rientra nella categoria di quegli album notevoli – a mio avviso tra i migliori in assoluto di quest’anno – a cui purtroppo non è stato reso il riconoscimento che gli spettava. Il terzo album dei canadesi ha l’aspetto scarno di un qualcosa a cui è stato tolto con minuziosa precisione tutto il superfluo, lasciando solo l’ossatura, l’essenziale.
Da ascoltare: Instrument

Palmistry – Pagan
Pagan è quello che succede quando la club culture inglese fa una vacanza in Giamaica. Con il suo debutto – publicato non a caso per la Mixpak – Benjy Keating, a.k.a. Palmistry, ha sperimentato efficacemente una dancehall minimale che cattura immediatamente con la sua estrema semplicità, spesso nulla di più di un beat regolare e una voce sottile, a tratti sussurrata.
Da ascoltare: Club Aso



Africaine 808 – Basar
Altro esordio felicemente inaspettato del 2016, Africaine 808 è un progetto elettronico tedesco che con lì elettronica tedesca non ha nulla da spartire. O forse ha tutto da spartire. In perfetta sintonia con il suo titolo, Basar esplora gli angoli più lontani ed esotici del pianeta, ne cattura ritmi e melodie, strumenti e voci, e li modella intorno alla buona, vecchia techno europea. Uno degli album più variopinti dell’anno, una ventata di freschezza in un genere che ultimamente iniziava a odorare un po’ di chiuso.
Da ascoltare: Crawfish Got Soul

Lowtide – Lowtide
Questo album potrebbe non essere uscito proprio nel 2016. Sembra strano, ma si trovano così poche informazioni – per giunta contrastanti – su questo gruppo Australiano, che non sono riuscito a capire se il loro album di debutto è uscito nel 2016 o nel 2014. A prescindere da ciò rimane un bellissimo lavoro, etereo nel suo essere shoegaze ma orecchiabile – o come dicono gli americani, catchy – nelle sue melodie pop.
Da ascoltare: Held

Eluvium – False Readings On
Eluvium bazzica la scena ambient da parecchi anni, con lavori decisamente buoni e atri meno, ma sempre interessanti. Quest’anno però ha pubblicato quello che è probabilmente il suo miglior album, False Readings On, che è stato purtroppo quasi ignorato da critica e pubblico, nonostante endorsement di band di tutto rispetto come gli Explosions In The Sky. E nei mattini invernali, quelli un po’ malinconici, silenziosi, vuoti e colmi di pensieri, questa musica riesce sinceramente a commuovere.
Da ascoltare: Fugue State



Not Waving – Animals
La musica in Italia nel 2016 ha la faccia di Calcutta, Tommaso Paradiso e Niccolò Contessa. Questo per noi autoctoni almeno. Per chi ci osserva da fuori l’Italia ha tutta un’altra forma d’onda. L’ultimo disco di Lorenzo Senni ha come al solito ricevuto il plauso di critica e pubblico, d’altronde è stato pubblicato dalla Warp Records che, concedetemelo, ha una risonanza un po’ diversa da quella di Bomba Dischi. Senni non è la sola eccellenza italiana nell’elettronica, a fargli compagnia c’è il neofita del genere Alessio Natalizia, in arte Not Waving, che ha stupito un po’ tutti con un album acid-techno davvero notevole.
Da ascoltare: 24

Yeti Lane – L’aurore
In questa multietnica non-classifica trova il suo spazio anche la francia, troppo spesso snobbata – specialmente da noi cugini d’oltralpe – per quanto riguarda la musica. A nostra discolpa possiamo dire che non sono troppo bravi a farsi pubblicità. Gli Yeti Lane sono pressoché sconosciuti, quasi del tutto ignorati anche dalla stampa specializzata. Ed è un peccato, perché il loro ultimo album, L’aurore, è un viaggio psichedelico a cui non si rimane indifferenti.
Da ascoltare: Good Word’s Gone

Xenia Rubinos – Black Terry Cat
La musica jazz fa sempre una certa fatica ad arrivare al grande pubblico, è cosa ormai nota. Gli artisti che riescono a renderla appetibile ad un gran numero di persone sono più unici che rari, e in genere riescono nel loro intento facendole oltrepassare i confini di genere. Innegabilmente l’album jazz che ha avuto più eco in questi mesi è l’ultimo lavoro di Esperanza Spalding, Emily’s D+Evolution. Un altro album, decisamente pop, ma con spunti jazzistici interessanti, è Black Terry Cat della statunitense Xenia Rubinos; piacevole e ancora una volta scarsamente considerata sorpresa della scorsa primavera.
Da ascoltare: Right?



Let’s Eat Grandma – I, Gemini
Uno dei nomi di band più inquietanti e malati di sempre nasconde il debutto più dolce dell’anno. Dietro Let’s Eat Grandma si celano due ragazzine inglesi, Jenny Hollingworth e Rosa Walton, entrambe nemmeno diciottenni, che hanno confezionato un album pop dai colori freddi e notturni. La giovane età non deve far però presupporre superficialità o mancanza di sperimentazione, anzi. I, Gemini è un album forse fin troppo eterogeneo nella sua mescolanza di generi e influenze, ma mantiene sempre una sua coerenza interna. 
Da ascoltare: Deep Six Textbook

Mothers – When You Walk A Long Distance You’re Tired

Ormai tutto è indie e, di fatto, nulla lo è più. Come per il cosiddetto alternative, che non si sa più bene a cosa fosse alternativo, si è perso il concetto di indipendenza (se mai c’è stata un’indipendenza) che dovrebbe contraddistinguere questo genere. Per un qualche misterioso motivo però, alcuni gruppi sembrano suonare autenticamente indie, qualunque cosa ciò voglia dire. Tra questi ci sono i Mothers, al loro debutto con un album il cui titolo sprizza hipsteria da ogni poro. Hipsteria su cui si chiude un occhio quando si ascoltano pezzi come Too Small for Eyes.

Marsha Bronson

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