venerdì 10 giugno 2016

DOV’È MARIO? - COMMENTO EPISODIO 3

“Vent’anni di berlusconismo. Ecco cosa succede dopo vent’anni di berlusconismo”

Alla fine Guzzanti è uscito allo scoperto, con una frase semplice, diretta, che non maschera la satira dietro altra satira, ma che dichiara le intenzioni di una miniserie e connota ulteriormente il quadro generale, aggiungendo un filo logico che alza notevolmente il livello tecnico della scrittura, seppur questo non riesca complessivamente a riempire tutte le falle di cui avevamo parlato la scorsa settimana, nel commento al secondo episodio della serie.
Questo terzo capitolo, nella sua precisione e con una dose notevole di coinvolgimento, si presenta come turning point della miniserie. Lo spettro di Bizio Capoccetti infatti sembra aver preso il sopravvento, come per l’ultimo Hyde, sia nell’aspetto esteriore che nella personalità. Se prima infatti eravamo abituati a scontrarci col rozzo comico solo nelle sudate notti all’Odeon, ora, complice la mancanza della badante-infermiera rumena, le parti si sono invertite: Capoccetti gira a piede libero anche di giorno al grido di “Nummero uno!” (tormentone già cult - almeno per me). Questo capovolgimento dei ruoli si è manifestato anche nella seconda linea narrativa, quella del sogno che affligge il povero Bambea e che, presumibilmente, precede il risveglio della “bestia”. Nel ricordo onirico dell’incidente, infatti, non v’è più traccia dell’ultimo intellettuale italiano.


Si è detto per anni che Guzzanti fosse eccessivamente influenzato dal suo credo politico nella scrittura dei suoi pezzi satirici. Nel caso di “Dov’è Mario?”, con il protagonista sdoppiato nella personalità, il comico romano riesce a colpire con la stessa efficacia i figli del berlusconismo arrogante subito in questi anni e i finti intellettuali di sinistra che vorrebbero guardare il mondo da una posizione soprelevata, data dal loro bagaglio culturale. Due realtà coesistenti nella nostra società, due manifestazioni della decadenza. Esilarante e drammatica la scena in cui l’equipe di #massimiesperti realizza che la scoperta del disturbo di Bambea causerebbe la fine della sinistra in Italia. Una verità, per una sinistra antica che non c’è davvero più, ma che sopravvive nelle parole benpensanti di giovani attempati che non ci credono più da tempo.
Il vero punto a favore di questo episodio è il ritorno alla risata, quella amara e realistica che aveva caratterizzato alla perfezione il primo episodio, ma che era stata in parte oscurata dalle problematiche della serie nel secondo. Stavolta i tempi sono invece bilanciati in maniera più intelligente. Mancano così tempi morti o situazioni-riempitivo talvolta passabili, talvolta evitabili. Restano ancora alcune scelte discutibili, come quella di virare spesso verso il trash, non solo contenutistico, ma anche visivo. Scelta che sarebbe giustificata dalla volontà di trasporre per immagini un modello, quello del neoberlusconismo, centrale nella critica satirica e nella narrazione, ma che in alcuni frangenti appare esagerato e rischia di abbassare il livello medio di una produzione che invece, in termini tecnici sta mostrando, puntata dopo puntata, nuovi spunti interessanti che l’avvicinerebbero più a serie blasonate che ad alcune comedy, magari nostrane, magari scadenti.

Ciò che è emerso da questo terzo episodio è la volontà di Corrado Guzzanti di tirare le fila, di riprendere da dove aveva lasciato e di rispondere al quesito lasciato insoluto: “Dove eravamo?”. “Dov’è Mario?” è sostanzialmente questo: un aggiornamento del momento, uno specchio sull’Italia, per capire dove eravamo quando Berlusconi cominciava a massificare nel basso dello squallore sociale, politico e televisivo, e dove siamo arrivati oggi, quando la società non vede di buon occhio ciò che esula il caro e amato berlusconismo. Una serie che appare in una maniera, ma nasconde ben altro. Non come noi, che appariamo superficiali e tentiamo in tutti i modi di trasmettere questa superficialità anche al nostro interno.

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