Dopo dieci anni dall’uscita del primo Iron man finalmente
vede la luce l’opera per la quale abbiamo avuto il coraggio di affrontare ore e
ore di perdite di tempo, villain posticci, personaggi piatti e trame scialbe.
Finalmente, dopo dieci lunghissimi anni, arriva il momento di raccogliere i
frutti di un piacevole sacrificio. Sono stati gli anni della nostra adolescenza
e anche degli eroi, prima introdotti in sordina, accolti con un pizzico di
scetticismo, poi adorati alla follia, poi mal sopportati e infine nuovamente
trionfatori. Avengers: Infinity War non è importante per la sua realizzazione
tecnica, ma per essere l’inizio della fine di un film lungo dieci anni, diciannove
pellicole, il compimento di uno dei capisaldi della nostra cultura pop anni
2000.
Allora c’è il film, la trama, i dettagli più minuziosi
che rimandano a questo o a quell’albo specifico, ma ci sono soprattutto le
sensazioni, le travolgenti emozioni che questo universo aveva promesso da
sempre di saper poi trasmettere, ma che finora non aveva intercettato a dovere.
Si parla di due ore e mezza e di una generazione: un’opera, la sua genealogia,
la fanbase e tutti gli altri. Andare in contro all’iceberg nella sua totalità
avrebbe comportato delle difficoltà, e infatti delle difficoltà ci sono state.
Il numero di personaggi - dagli eroi ormai storici agli
ultimi arrivati, passando per gli aiutanti, le guardie del corpo, i
simpatizzanti - richiedeva un lavoro di scrittura esagerato, minuzioso al
millimetro per far convivere delle singolarità tanto carismatiche, e la scelta,
più che corretta, è stata quella di riunire per dividere. Non si tratta più dei
film di Joss Whedon, non avremo più a che fare con stanchi momenti di riunioni
di gruppo, ma l’azione prende il sopravvento sulla teoria spicciola e, a
discapito di qualche nesso logico, i gruppi di eroi continuano a perseguire un
obiettivo sparsi nella galassia. Se lo spazio però, in questo modo, viene
sfruttato a meraviglia dagli sceneggiatori, non si può dire lo stesso del
tempo, che torna come cardine centrale della pellicola e spesso sfasa alcuni
momenti sfiorando l’incongruenza. Ma, alla luce della mole di lavoro, anche
alcune forzature sono trascurabili rispetto all’oliatura di un congegno quasi
perfetto.
La trama doveva essere magniloquente e lo è stata. Un
mattatore su tutti, forse vero protagonista della pellicola: Thanos. Attorno
alle sue azioni, ai suoi spostamenti e a quelli dei suoi sgherri ruota la narrazione
della pellicola e i protagonisti talvolta sembrano trasportati all’interno
dell’opera, in particolar modo il gruppo di Tony Stark. Si tratta di un ottimo
espediente per trasmettere l’inferiorità delle forze del bene rispetto alla
nuova e più temibile minaccia di Thanos. La preparazione all’inevitabile
battaglia finale è più una caccia al topo che lo studio attento di un piano.
Non mancano dei momenti rivedibili, qualche scelta fatta per portare avanti una
certa sottotrama o addirittura l’intero film, ma nel complesso ogni momento è
funzionale allo sconvolgente finale e ciò conta più delle singole scelte.
Il tono del film stavolta cambia e viene finalmente in
contro alle esigenze di un pubblico ormai stanco della solita commedia
action-fantasy. A rappresentare il punto di svolta, oltre alla tangibilità
della minaccia di Thanos - ben più reale già a partire dalla sequenza iniziale
- è la motivazione che spinge il villain, una motivazione politica,
comprensibile e proprio per questo ancora più folle. I protagonisti inoltre
partono da una forte posizione di svantaggio non avendo un piano organico per
contrastare lo strapotere del Titano e ciò li espone ad un rischio perenne di
rimetterci la vita. Giochiamo costantemente a sfilacciare il filo della vita di
personaggi amati e questo non può che colpire la nostra parte sentimentale,
perché la minaccia stavolta è reale e più di un eroe sarà costretto a
soccombere. Forse anche questa crudezza, questa malinconia anche nelle scene
più scanzonate, questa pretesa di una giocosa serietà mancava agli episodi
precedenti dell’epopea Marvel. Non è un caso che tutti i fan ricordino la morte
dell’agente Coulson, quella di Quicksilver o ancora quella di Yondu. Forse è
quando il meraviglioso e coloratissimo mondo Marvel si cala nella grigia vita
reale che riesce ad esaltarsi, perché raggiunge vette di epicità solamente
sperate e quando si parla di superuomini dotati di poteri che vestono un
costume per salvare il mondo l’epicità fondamentale tanto quanto l’azione,
tanto quanto l’umorismo.
Semplicemente, Avengers: Infinity War è una macchina
perfetta che arriva dove deve senza lasciare nella al caso. È una grande storia
che si regge soprattutto sul miglior villain mai visto nel nuovo corso dei
conecomic americani, sia dal lato Marvel che per la controparte DC. È tutto ciò
che avevamo sempre desiderato, ciò che ricercavamo dopo un ottimo Avengers, un
buon Age of Ultron e un minimizzato Civil War. Avengers: Infinity War è le
emozioni che volevamo provare da tempo.
PARTE SPOILER!
Se siete arrivati a leggere fin qui immagino abbiate già
visto la pellicola. Proseguite a vostro rischio e pericolo.
Prima della visione avevo previsto tre morti illustri:
Loki, Heimdall, Nebula; ho sbagliato solo a scegliere tra le figlie di Thanos. Poi
il finale ha un po’ smontato le mie teorie. Ma andiamo con ordine.
Bisogna ammettere che tutti i personaggi sono stati
trattati con grande eleganza e misura, ma, proprio a partire dall’opera da cui
provengono, i Guardiani della Galassia si sono confermati una spanna sopra gli
eroi terrestri. Ciò che li contraddistingue è proprio un’aura differente, unica, che viene trasmessa anche agli altri personaggi che interagiscono con il gruppo,
come ad esempio Thor e Iron man. Gunn ha dato vita ad una creatura in grado di
camminare da sola ormai. Succede molto all’interno
dei Guardiani anche se si tratta di un film corale. Finalmente, dopo cinque
anni, vediamo il tanto atteso bacio tra Quill e Gamora, al quale segue una
repentina evoluzione della loro storia d’amore, velocizzata ulteriormente dalla
minaccia di Thanos: Gamora infatti viene prima catturata e poi sacrificata per
ottenere la gemma dell’anima. Vediamo il cadavere dell’aliena esanime in fondo
al dirupo, eppure non riesco a capacitarmi della sua dipartita, perché la
storia d’amore con Quill è appena sbocciata, perché non potrebbero esistere dei
Guardiani della Galassia senza Gamora. Allora immagino che questa morte
sacrificale possa essere reversibile con la restituzione della gemma dell’anima.
Vedo un Quill distrutto recarsi a Vormir e gettare la gemma nel dirupo per la
resurrezione di Gamora.
Sulle morti di Loki e Haimdall invece niente da
aggiungere: i personaggi avevano fatto da tempo il loro corso ed è stato giusto
sacrificarli all’interno dell’evento più importante del MCU.
Il resto della pellicola invece si poggia su un twist
forse sottovalutato, un momento che sembra essere stato pensato per condurre ad
una frase ad effetto, ma in verità nasconde il senso delle azioni di alcuni
personaggi da quel momento fino al termine dell’opera. Sto parlando del viaggio
nei futuri possibili del Doctor Strange, quando su Titano si isola dagli altri
eroi per verificare quante possibilità avessero gli Avengers di vincere la
guerra contro Thanos: 1 su circa 13 milioni. Da quel momento in poi il saggio
Strange, il custode della nostra realtà sembra giocare contro i suoi stessi
interessi e consegna la gemma del tempo a Thanos per salvare la vita di Tony
Stark. Voglio fidarmi di Strange e di ciò che ha visto, probabilmente il futuro
in cui gli eroi vincono contro il titano prevede anche la consegna della gemma
del tempo - e quindi la sopravvivenza di Iron man -, prevede anche la disfatta
finale. Allora tutto avrebbe senso e ci troveremmo perfettamente in linea con
la parte due del film - in uscita nel 2019 - in cui la situazione dovrà per
forza di cose ribaltarsi.
Il finale è stato straziante; che il film potesse
effettivamente finire con il guanto dell’infinito completo era un evento
pronosticabile. Ciò a cui avevamo pensato meno è stata la moria di eroi che ne
è seguita. Un vero e proprio massacro che mi ha commosso in alcuni frangenti,
come la scomparsa di Bucky che riesce a dire solamente: “Steve”; quella di
Peter Parker tra le braccia di Tony e in generale tutti i Guardiani. È stato difficile
affrontare un momento così carico di pathos, ma in questo caso la
programmazione a lungo termine di Kevin Faige è andata contro gli interessi
stessi dell’azienda. Se non fossimo costantemente a conoscenza dei prossimi 4/5
film del MCU in via di sviluppo avrei creduto a queste morti polverose, ma
sappiamo già che in seguito ad Avengers 4 usciranno nelle sale il sequel di Spiderman
Homecoming e Guardiani 3. Purtroppo questa scelta toglie una parte della
drammaticità alla scena, si tratta solo di scoprire quando e soprattutto come
tutti questi eroi torneranno in vita (o torneranno nel mondo reale). Restano
però i momenti, quelli meravigliosi e toccanti, che anche una programmazione
poco o troppo lungimirante non può cancellare. La svolta, come suggeriscono i
titoli di coda, sarà rappresentata da Captain Marvel, supereroina di cui non
conosco pressoché nulla e sulla quale non mi sbilancio, spero solo non si
tratti di un deus ex machina troppo spudorato. E spero anche che non si faccia
confusione con i paradossi temporali, ma vista la precisione degli
sceneggiatori per questo terzo teamup, sono fiducioso verso il quarto capitolo.
Visto anche lo strumento utilizzato da Nick Fury nella
scena post credit, sono dubbioso sulla destinazione del messaggio a Captain Marvel,
non tanto per la collocazione spaziale quanto per quella temporale: la soluzione
più semplice sembrerebbe essere l’utilizzo della gemma del tempo, ma se il
guanto fosse andato distrutto o quantomeno danneggiato dopo lo schiocco di dita
e non fosse più possibile utilizzare tale pietra rimarrebbe solo un ritorno al
passato in maniera “manuale”. E se Captain Marvel fosse già nel passato? E se
Nick Fury avesse inviato un messaggio al passato? In questo caso la paura
sarebbe di veder cancellato dalla continuity spaziotemporale l’intero terzo
capitolo degli Avengers. Ci sono pro e contro in ogni situazione. Probabilmente
Avengers v Thanos parte II sarà ancora più difficile da scrivere, speriamo
ancora più entusiasmante da vedere. Intanto i capoccia del MCU sono riusciti a
farmi salire l’hype per Captain Marvel. Es el marketing.