Ce n’era bisogno? Non ce n’era bisogno. Dopo la
conclusione pressoché perfetta delle avventure di Ripley nel film precedente,
la produzione aveva in mano ben poche carte da giocare per riaccendere la fiamma
della serie. E un Alien senza Sigurney Weaver era considerato una manovra
fallimentare in partenza. Come ovviare allora all’annoso problema della morte
del personaggio cardine di una serie di film? Semplice: spostiamo gli eventi
nel tempo di duecento anni e rendiamo plausibile la clonazione di Ripley (da
cui il titolo del film). Una scelta così lontana dalla origini però pesa sull’intero
prodotto e non fa che avvicinare l’opera quarta del brand ad un gusto action
che non rispecchia più la filosofia delle origini.
Dopo quattro lunghi film, la molla che produce l’azione è
ancora la stessa di sempre: una corporazione terrestre ha in mente di mettere
le mani sull’arma biologica rappresentata dagli xenomorfi e farà di tutto per
riuscire a recuperare un essere della specie aliena. In realtà l’aggancio che “Alien
- la clonazione” cerca di creare con il suo predecessore non è affatto pessimo,
poiché riesce a mantenere un legame tra il ritorno forzato di Ripley e la nuova
ondata di xenomorfi. Il problema è che la struttura abusata, a partire da “Aliens”,
di un’opera a metà tra l’horror e l’action, che si risolve sempre con un atto
di eroismo della protagonista, spegne ogni forma d’interesse e non riesce a
trovare il guizzo giusto per ridare originalità ad un film che sa di già visto.
Alien - the clone wars |
Eppure i presupposti per un nuovo grande capitolo c’erano
tutti: Jean-Pierre Jeunet in cabina di regia, Joss Whedon alla sceneggiatura,
un cast di livello e l’utilizzo di una CGI più adatta rispetto al film di
Fincher. E infatti il film non manca di alcune sequenze ben realizzate, decisamente
all’altezza dei film precedenti, come la fuga sulla scala o la scena nella
stanza della regina. La regia più ricercata di Jeunet, pur non risaltando
particolarmente nelle sequenza d’azione - talvolta appiattite - riesce a
ricreare un ambiente realistico, ma che al contempo sembra voler sottolineare
lo stacco temporale che intercorre tra il terzo e il quarto film della saga. Come
il suo predecessore, “Alien - la clonazione” è un’opera di fantascienza, ma si
tratta di una fantascienza differente, tendente ad un futuro ancor più remoto. Questa
caratterizzazione dello spazio viene accentuata anche da una colonna sonora che
prende le distanze dalle musiche che avevano accompagnato l’originale Ripley.
Quegli occhi umani |
Jeunet non abbandona gli elementi ideologici e politici
che la serie porta avanti da quasi trent’anni, come la questione degli
androidi, che torna con una maggiore carica nel personaggio interpretato da Winona
Ryder. L’evento centrale della clonazione di Ripley saprà inoltre aggiungere
una componente riflessiva all’opera. Quanto c’era di umano nell’ultimo
xenomorfo espulso violentemente attraverso il forno nel vetro? Cosa resta di
umano dopo una serie di esperimenti genetici di questa portata?
La risoluzione degli eventi - senza la risoluzione dei
dilemmi etici - lascia spazio ad un finale drammatico e carico di pathos, ma
indubbiamente lontano dalla vetta della morte sacrificale di Ripley. Il clone e
l’androide si interrogano sul senso delle storie del mondo, sullo sfondo di una
Parigi devastata dall’uomo.
Le avventure di un’iconica Ripley terminano con questa
malinconica chiusa, alla ricerca di un senso per la devastazione che abbiamo
dovuto ammirare nel corso di quattro lungometraggi. Il vero problema di questo
quarto capitolo della saga è quello di venire dopo tre episodi meritevoli di
aver esplorato a dovere le possibilità offerte da un concept di fondo
meraviglioso. Se l’opera di Jeunet fosse staccata dal brand di Alien e portasse
un altro nome, probabilmente staremmo parlando di un cult di successo degli
anni ’90, ma l’effetto more-of-the-same che pervade la maggior parte delle scene
di questo film non può non spegnere l’interesse degli spettatori. In verità l’intera
saga ha dimostrato di non voler ricercare l’originalità narrativa, quanto
soddisfare il palato più facile di un pubblico di massa a partire dal secondo
capitolo. E “Alien - la clonazione” non è altro che l’evoluzione naturale di
una saga in fase calante, che si muove a braccetto con l’abbassamento del gusto
collettivo.
Anche per oggi abbiamo concluso l’analisi non richiesta
di questo capitolo non richiesto. Dopo le avventure di Ripley, e prima di
giungere a "Prometheus", l’attenzione di InsideMAD si sposterà sugli spin off,
sugli spin off crossover, su “Alien vs Predator”. Ci vuole molto coraggio per
andare fino in fondo.
A mercoledì prossimo, segnatevi l’appuntamento nell’agenda, mi raccomando.
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