Tolse le scarpe e scordò il suo nome. Con il nome
lasciava anche un passato di anni di vita costruiti tra falsi miti e immagini
prestate. Prese la strada meno battuta della collina animata dal vento e avanzò
carezzando i fili d’erba con i nudi piedi. Giunse stanco alle pendici di un
monte ripido, dove scelse di fermarsi per la notte, e per i giorni, e per gli
anni. Visse in quell’anfratto per anni, senza sentire il bisogno di
ricongiungersi con la civiltà, senza provare nostalgia per il tempo smarrito a
ricercare la solitudine.
Un giorno smise di parlare, sentiva di essere ormai parte
di quel luogo e non trovava un motivo per non dimenticare anche il suo
linguaggio umano. Passavano le stagioni, ma non riusciva a scordare una canzone. Un
motivetto allegro che aveva imparato da bambino. Talvolta cercava di seminarlo
durante una battuta di caccia, una sessione di raccolta. Scattava improvvisamente
col pensiero e la sua ombra con lui. Ma alla fine della corsa sentiva ancora
avvicinarsi dalla valle l’eco di quella musica, che tornava a stare nel luogo a
cui apparteneva. Un giorno ci riuscì e la scordò. Era impegnato ad esplorare l’altro
versante del monte e, calato il sole, crollo su un tappeto di foglie e rugiada
fresca. Quando si svegliò sentì la natura, sentì il suo respiro e quello della
brezza silenziosa, ma nessuna traccia di una canzone. E poté finalmente fondersi
con la terra morbida.
Gli anni sfiorirono e con loro le forze della vita. Una
lunga ruga segnava la fronte serena dell’uomo attempato, intento ad inspirare
le ultime boccate. Una lunga barba segnava il tempo che l’uomo aveva trascorso
fuori dal mondo, dentro la vita. Una lunga e fredda notte coincise con il suo
silenzioso congedo. Stanco si copriva di pelli scuoiate e foglie secche, cercando
di limitare il pungente vento senza sentenza. Brividi lo tenevano
semicosciente, al valico della vita, quando sentì nella notte dei passi
gentili. Cercò di aprire gli occhi, me le assenti forze glielo impedirono. Sentì
una presenza candida avvicinarsi al suo riposo, tentò di voltarsi, ma fallì. Percepì
un calore amorevole colorargli la guancia, imbrattata di un rosa perduto, e una
bocca sinuosa avvicinarsi all’orecchio. Udì docili le note del motivetto
allegro che aveva imparato da bambino e che non era mai riuscito a cancellare
dall’orecchio del cuore. I muscoli del viso si tirarono un’ultima volta in un
sereno sorriso. Non era mai stato solo.
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