Giancarlo Magalli, Presidente eletto della Repubblica,
Filottete, Re Louie, Luigi dei Pills e a tempo perso autore televisivo. Balzato
recentemente agli onori della cronaca per gli epiteti con cui si è rivolto alla
collega Adriana Volpe, rea di aver rivelato l’età del conduttore de “I Fatti
Vostri”. Attenta Adriana, mai rivelare l’età di un satiro addestratore di eroi!
O Presidente, mio Presidente! |
Manco a dirlo, l’incidente diplomatico dell’uomo solo al
comando ha generato un'immancabile indignazione pubblica, che ha portato il
grande match a colonizzare anche le reti Mediaset.
Pochi mesi fa lo stesso Magalli era stato coinvolto in un
episodio simile: nella medesima cornice del programma di Rai 1, durante un
gioco a premi in cui gli spettatori, per vincere, avrebbero dovuto solamente
alzare la cornetta di casa, in risposta ad un potenziale concorrente assente,
proveniente dalla provincia di Reggio Calabria, Magalli disse testualmente: “Ci
abbiamo provato anche oggi. Se poi voi andate in giro a scippare le vecchie non
è colpa nostra”.
Delirio, putiferio e indignazione. Magalli rimbalzato dalle maggiori testate giornalistiche online, “Magalli contro i Calabresi”, lo scontro del secolo. Lo stesso Pino Aprile, autore di testi di denuncia contro le differenze storiche di trattamento tra Nord e Sud, fu chiamato ad un intervento sull’argomento. Andato in onda su Telenorba, il giornalista pugliese, data per assodata la malafede di Magalli, spostò la lente d’ingrandimento sulle discriminazioni territoriali, sulla sua campagna di promozione di “Terroni” e su Calderoli. La polemica non accennava a placarsi e Magalli si vide anche obbligato a mostrarsi in video per spiegare le sue ragioni e cercare di arginare l’indignazione dei "permalosi" Calabresi.
Delirio, putiferio e indignazione. Magalli rimbalzato dalle maggiori testate giornalistiche online, “Magalli contro i Calabresi”, lo scontro del secolo. Lo stesso Pino Aprile, autore di testi di denuncia contro le differenze storiche di trattamento tra Nord e Sud, fu chiamato ad un intervento sull’argomento. Andato in onda su Telenorba, il giornalista pugliese, data per assodata la malafede di Magalli, spostò la lente d’ingrandimento sulle discriminazioni territoriali, sulla sua campagna di promozione di “Terroni” e su Calderoli. La polemica non accennava a placarsi e Magalli si vide anche obbligato a mostrarsi in video per spiegare le sue ragioni e cercare di arginare l’indignazione dei "permalosi" Calabresi.
Tutto questo un teatrino costruito sul nulla, sulla
parola giocosa di un conduttore storico della televisione italiana, intento ad
ironizzare in maniera molto divertente sulla singola esperienza del signore che
non aveva alzato la cornetta in tempo. Battuta di spirito eventualmente
allargabile alla cerchia di coloro che negli anni non hanno risposto al gioco
di Rai 1, non alla regione d’appartenenza del singolo concorrente. Siparietto divertente, Magalli incontestabile, polemica spenta sul nascere. Eppure decine
e decine di commenti profondamente toccati nell’orgoglio dalle parole del
conduttore dicono il contrario. Dicono che nel 2017, nella vita virtuale che
animiamo ogni giorno su internet ogni momento è buono per indignarsi ed
esprimere il proprio dissenso verso questo o quell’evento specifico.
Ecco a voi una carrellata dei migliori - e relativamente
meno spinti - commenti che potreste trovare sotto i video di Magalli:
In cosa consiste questo sentimento d’indignazione che ci
pervade e ci orienta nelle scelte sociali? Che peso possiamo dare allo sdegno
espresso su internet? L’evoluzione tecnologica e sociale ci ha portati ad un
bombardamento di notizie senza eguali e la conseguente possibilità di prendere
a cuore specifiche campagne attraverso i social. Spesso però queste rivolte da
tastiera sono l’espressione di un attimo in cui abbiamo sentito vicino un
avvenimento . Non è indignazione, è il trasporto del momento, favorito
dall’immediatezza della multimedialità della rete. Resta però la tendenza a
definirsi anche attraverso le proteste contro ignoti che popolano la vita
irreale, e non possiamo tralasciare senza conseguenze un fenomeno di questa
portata, ma va assegnato un valore alla parola espressa sbadatamente in questa
modalità spersonalizzante. Ogni giorno le notizie che vengono diffuse dai
media, costruite appositamente per generare uno strascico di protesta, sono sì
molte, ma di numero finito, allora potremmo valutare il peso di un’indignazione
sulla base di quali eventi un individuo sceglie di sentire propri.
Dimmi per
cosa ti indigni e ti dirò chi sei.
Si sta diffondendo a macchia d’olio questa
modalità di definizione dell’essere che lo relega a stomaco del mondo:
parlante, innocente, immobile, perfetto. Ma la verità della realtà sta dietro
ciò che ci viene proposto giornalmente, dietro l’evento di cronaca, la rapina,
la legittima difesa, Magalli e Adriana Volpe. Sta nei fenomeni visti da
lontano, nella loro progettualità e devastante pienezza. I quali fenomeni si
traducono in un sottobosco di notizie ben più profonde, più shockanti, più
oscure. Ampliando in questo modo lo spettro degli eventi appare evidente che
un’analisi della scelta nello scarto delle notizie del mondo non basta per
definire la portata dell’indignazione di cui tanto amiamo servirci. È
probabilmente più significativo ciò che resta sullo sfondo in un mondo di
storie silenziose di cui nessuno sussurra. Potremmo provare a valutare le
persone per ciò per cui non s’indignano o non lo fanno abbastanza.
Dimmi per
cosa chiudi gli occhi e ti dirò chi sei.
In questo modo tutto l’apparato delle indignazioni e
delle proteste inutili avrebbe un peso più definito, misurabile.
Ti indigni per Magalli e sputi sui profughi a Lampedusa?
Oppure tieni alla salvaguardia del mondo, ti opponi alle
manovre di Trump e tralasci gli agnelli di Cruciani?
Non riesci a tollerare il totalitarismo turco e ritieni
superfluo discutere di Selvaggia Lucarelli.
Oppure ti indigni per la sudditanza psicologica a favore
della Juve ma ignori completamente la situazione siriana?
In questo modo spiccherebbero per contrasto le mancanze,
gli eventi che non si trascinano dietro una polemica infinita. E i nostri
giudizi sarebbero più rilevanti alla luce di un quadro generale completo o
tendente ad una visione d’insieme. A fare da contraltare ad un sentimento d’indignazione
che ha, allo stato attuale delle cose, la stessa valenza del ricordo che lascia
nell’indignato a distanza di anni, c’è però l’agire, che in una scala di valori
condivisi spicca al di sopra del pensiero e dell’espressione impersonale. Che l’indignazione
sia il motore, non la tomba di ogni slancio d’azione.
Non è tanto chi sei quanto quello che fai che ti
qualifica.
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