Esattamente un anno e un giorno fa, dopo l’attenta
lettura de “La Casa Stregata” di H. P. Lovecraft, decidevo di buttarmi nel
vuoto di un’esperienza che non conoscevo, che non pensavo sarebbe durata e che
non credevo mi avrebbe portato così grandi benefici. La sera dell’otto marzo di
un anno fa, mentre in casa mia si banchettava tra parenti lontani (perché casa
mia ha sempre avuto i connotati di un’allegra casafamiglia, anche quando
abitavamo in sessanta metri quadri), decisi che era arrivato il momento di
osare e di provarci. Le mie precedenti esperienze di scrittura extrascolastica
risalivano ai tempi delle elementari in cui, con un paio di amici, decisi di
mettere per iscritto le avventure che vivevamo in quel periodo nel fantastico
mondo dei Pokemon. Ma, beh. Diciamo che eravamo bambini e che mai farò leggere
a qualcuno estratti salvati a fortuna di quella dimenticabile esperienza. Dopo quel
periodo non ho mai abbandonato l’ambizione di poter un giorno esprimere idee
per iscritto, ma un liceo povero di soddisfazioni in questo senso mi aveva
allontanato dal calamaio per la calcolatrice. Ho vissuto per anni credendo di
essere verboso e ripetitivo, pedante e noioso nella scrittura perché facilmente
convincibile, quando credo sinceramente queste invidiabili qualità potessero
essere attribuite più agli argomenti che alla forma. Probabilmente per anni non
ho avuto le occasioni per poter esprimere le mie idee e la forma ha risentito
della mancanza di sostanza. Perché credo sia questo quello che faccio o almeno
provo a fare: spesso mi diverto a giocare con le parole, ma il fulcro dei miei
articoli è ancora il contenuto, è senza esso la prosa è vuota.
Dicevo quindi di Lovecraft. Articolo che riscriverei in
toto, nonostante in me qualcosa sia cambiato. A dire il vero riscriverei tutto,
dagli articoli banali alle classifiche, dalle recensioni ai pezzi più
impegnati, quelli a cui tengo di più. ci sono articoli che sento ancora come
parte di me nonostante il tempo e spesso mi ricapita di rileggerli per
ricordare cos’ero e cosa vivevo in quel momento. “Narcisista” direte voi. “Egotista,
vanesio”. E forse avete anche ragione, ma ogni tanto ho bisogno di sentirmi
parte di qualcosa di concreto, come tutti. E allora scelgo di sentirmi parte di
me.
Questo percorso, condiviso con voi fedelissimi lettori,
mi ha dato e mi sta dando ancora tanto. È riuscito a significare un melmoso
passato e continua a rappresentare motivo di vita. Grazie a InsideMAD, e quindi
grazie a tutti voi che mi leggete e supportate, ho potuto scoprire capacità, ma
soprattutto piaceri di cui non ero a conoscenza; elementi che hanno modificato
radicalmente la mia ottica futura. Ogni tanto mi capita di pensare: “E se non l’avessi
fatto? E se fossi rimasto dov’ero? Dove sarei oggi?”. Sicuramente non sarei qui
a scrivere a ruota libera e cuore non chiuso. Probabilmente sarei ancora
coinvolta in lotte interiori, probabilmente porterei addosso segni ancor più
evidenti di un passato presente e non avrei lo spirito nuovo che sento ora. Avrei
certamente una visione più grigia di domani e più nera di oggi. Nell’universo
parallelo in cui Doc mi ha convito a non aprire questo piccolo spazio di vita,
sarei investito da una cappa al nero di seppia che mi affligge nell’anima. Ma così
non è. Doc non mi ha incrociato e io sono ancora vivo dentro. Un discorso alla “La
verità è che la musica il blog mi ha salvato” sarebbe retorico,
superficiale e irrispettoso nei confronti di tutti coloro che giornalmente
realizzano la loro importanza rispetto al mostro della vita; ma la verità è che
il blog mi ha cambiato. Sento tangibile il cambiamento nel mio modo di
rapportarmi alla sconfitta e alla sciagura. Sento una grande fiamma riardere e
voler uscire ancora ad accendere il mondo.
E quindi le recensioni della settimana. Come avrete
notato, da quasi un mese non pubblico più articoli relativi a tale storica
rubrica. Il motivo è semplice: quando il sabato pomeriggio o la domenica
mattina devo scrivere delle impressioni sui prodotti visti, letti e ascoltati
in settimana, mi passa la voglia di accendere il computer e dedicarmi al blog,
e sto male perché ci sto male per il blog. Questo sentimento non è del tutto
nuovo, già dalla fine dello scorso anno solare avevo realizzato questa
sensazione, ma per un po’ ho tenuto testa a me stesso e ho continuato a
tentare. Credo che questo rifiuto sia legato al fatto che mi è capitato di
scrivere forzatamente alcune impressioni. Talvolta ho creato dei ghirigori
attorno ad opinioni che non mi rappresentavano e in cui non mi rispecchiavo per
poter accontentare una branca dei lettori, quelli più famelici, quelli meno
profondi e interessati a stabilire un dialogo. Le ultime volte che ho tentato
di scrivere le recensioni, ho scritto tutti i film visti e gli album ascoltati,
mi sono soffermato a riflettere e, in preda alla disperata noia, sono partito
dal prodotto che più mi aveva colpito e sul quale ero certo avrei trovato
qualcosa di originale da dire. Le singole recensioni in questione si sono poi
prolungate. Sono nati così gli articoli “His Majestic Grace”e “L’amore dell’Aragosta”.
Perché fin dall’inizio era questo ciò che volevo per me e per il mio blog:
sfruttare le mie passioni per far emergere una parte di me. Spesso mi capita
infatti di conoscermi scrivendo, e certi giorni vivo per questa stupenda
sensazione. Ora ho vent’anni e un blog; sono libero di esprimere me. Tempo per
esprimere i pareri degli altri ce n’è, ce ne sarà. E non ho neanche intenzione
di standardizzarmi e diventare un uomo stempiato con gli occhiali spessi e il
collo alto che passa la vita a recensire gli altri senza mai produrre qualcosa
di suo.
E in quest’ottica manca purtroppo, ancora dopo un anno, un
vero e proprio confronto sugli articoli più profondi che propongo. Ma non
demordo, la tenacia aiuterà.
Niente più recensioni quindi? Non saprei e non direi. Probabilmente
un giorno mi sveglierò nuovamente con una voglia rinnovata di fingere di capire
di fotografia e bemolli e tenterò nuovamente la via delle impressioni, ma
chissà. Non mi precludo nulla.
D’ora in poi quindi cercherò di mantenere la linea
adottata da un mese a questa parte, provando sempre a trasmettere qualcosa di
me, provando ad essere me attraverso delle parole su uno schermo (impresa più
impossibile che ardua) e mantenendo sempre una creatività attiva, nel tentativo
di generare discussione, polemos e riflessione in chi, sbadatamente o meno,
capita da queste parti.
Ringrazio dunque Davide, Cristiano e Antonio (anche se
questo non è il suo vero nome, ma sia fatta la sua volontà) per l’enorme
sostegno che mi hanno dato e che ancora mi fanno, assicurandomi di poter tirare
il fiato ogni tanto, prendendo sulle loro spalle il peso leggero di questa mia
pagina. Grazie a voi, amici, e grazie a tutti quelli che in quest’anno hanno
creduto che questa goccia potesse diventare un oceano. Anche se oggi siamo
ancora una goccia. Grazie. Cento di questi cciorni.
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