Finalmente il giorno è giunto; il giorno che aspettavamo
da trent’anni. Il giorno in cui Marty e Doc arrivano finalmente a farci visita.
Oggi finisce il futuro della trilogia di Zemeckis e comincia il nostro
presente. Oggi è il #backtothefutureday. Purtroppo però, girovagando per il
mondo (del web), ho trovato ripetute troppo spesso le solite battute sul fatto
che il 2015 ipotizzato dal film del 1989 è assai differente da quello reale. Potrebbe
quindi questo giorno-tributo, una volta terminato, scalfire l’enorme successo
che le pellicole in questione ottengono incondizionatamente anche ai giorni
nostri? Il fatto che i nostri baldi viaggiatori del tempo appartengano ormai in
tutto e per tutto al passato, potrebbe rendere la trilogia meno appetibile alle
nuove generazioni?
Partiamo innanzitutto dai film: i tre capitoli di Ritorno
al Futuro fondano il loro successo sull’intreccio intricato, sui protagonisti
iconici e sui riferimenti alla cultura pop. L’intreccio colpisce in particolar
modo considerando i primi due capitoli come episodi di uno stesso grande
progetto (tralasciando quindi il terzo che, come ben sapete, si discosta molto
dal “continuum spazio-temporale” della serie). Gli spettatori sono invitati costantemente a notare i dettagli,
ad imparare bene i nomi dei luoghi e dei personaggi principali, perché solo
questo atteggiamento sveglio e attento consente loro di ottenere grandi soddisfazioni nella scoperta di piccoli colpi di classe quali il dialogo tra
Marty e il futuro sindaco nero o il nome del centro commerciale che cambia nel
futuro a causa dell’incidente del protagonista. In questo modo lo spettatore è
invogliato a prestare particolare attenzione ai più piccoli dettagli perché,
specialmente quando internet non era un sistema diffuso in tutte le case
(secoli fa ormai), poteva vantarsi di aver scoperto un preciso easter egg che
altri non avevano notato. Nasceva così quindi l’attenzione spasmodica e morbosa
che la serie ha ottenuto fin dalla prima uscita nelle sale. Film che invitano
lo spettatore a tendersi in avanti.
Associato a questa componente, perfettamente gestita
dagli autori, la trilogia presentava un’attenzione particolare alla cultura pop
soprattutto contemporanea, ma anche passata ed eccezionalmente futura. Nei primi
due film infatti venivano ripresi molti fenomeni di culto, oggetto storici o
icone immortali. Un esempio di queste ultime era Chuck Berry, esilarante verso
la fine del primo capitolo quando, chiamato dal cugino Marvin, si ritrova
faccia a faccia (o meglio, orecchio a orecchio) ad un suo futuro capolavoro, la
celeberrima Johnny B. Goode. Anche i riferimenti al futuro, cioè legati al
secondo capitolo, non sono da intendere, a mio parere, come semplici riempitivi
e ipotesi campate in aria, ma rispecchiano chiaramente la visione che la
cultura pop proponeva del futuro. Visto nel 1989, il secondo capitolo portava
il pubblico ad uscire dalla sala sorridente perché assecondato nelle sue
fantasie fantascientifiche futuristiche. Film che si tendono in vanti verso il
pubblico.
E poi ci sono loro. Due pezzi immortali della storia del
cinema. Doc Emmett Brown e Marty McFly; Christopher Lloyd e Michael J. Fox. Lo scienziato folle ma geniale e il
ragazzo scapestrato ma simpatico ed irresistibile. La strana coppia che funziona
ed ha parzialmente innovato le alchimie tra personaggi in film di questo
genere. Due simboli degli anni ’80 di cui ricordiamo ancora tutte le battute a
memoria.
“Grande Giove”
“Se
i miei calcoli sono esatti, quando questo aggeggio toccherà le 88 miglia orarie,
ne vedremo delle belle, Marty”
“Penso
che ancora non siate pronti per questa musica... ma ai vostri figli piacerà”
“Ehi,
tu porco levale le mani di dosso!”
(lo so, questa non appartiene ai due
protagonisti, ma è comunque epica)
“Strade?
Dove stiamo andando non c'è bisogno di strade!”
Battute
ormai storiche, che, unite al character design dei personaggi, hanno reso cult
il cult.
Questi
secondo me i punti forti che rendono la trilogia ancora oggi amata da chiunque
a livello mondiale. Ogni dettaglio è perfetto, ogni battuta o espressione è
collocata al posto giusto e al momento esatto perché tutto scorra alla
perfezione. Non film tecnicamente eccelsi, non personaggi profondi, tormentati
e realistici, ma uno delle migliori saghe commerciali di sempre (se non
addirittura la migliore). Si potrebbe poi parlare della componente
fantascientifica, dei paradossi che tira in ballo il secondo film e
parzialmente anche il primo, dell’eccezionale trovata di far ruotare i
personaggi e fargli cambiare personalità senza mai snaturarli davvero, ma
rendendoli sempre subito riconoscibili e amabili da chiunque. Così tanti temi e
spunti di conversazione che su questa trilogia si potrebbe addirittura
costruire una tesina per la maturità, cosa che vidi fare una volta, ma questa è
un’altra storia.
I
bimbi di oggi, che saranno poi i giovini di domani, apprezzeranno ancora
Ritorno al Futuro tra cinque, dieci o vent’anni? Io credo che il mito andrà via via scemando verso una natura più cult (nel vero senso del
termine) e quindi più legato ad un pubblico attempato (ah, la mia schiena!),
senza però mai scendere nel genere di nicchia. Ma i capisaldi rimangono. Un giorno, non molto tardi, un
bambino si rifiuterà di vivere le avventure del nostro Marty perché troppo
vecchie, troppo lontane da lui. A quel punto dovrà essere la mia generazione a
tenere vivo il mito della DeLorean, degli overboard e dell’almanacco sportivo,
del cane Einstein e di Levi. Saremo noi a tenere in vita il cult che ha
appassionato tutti e tanti ancora deve appassionare. Sperando che non veda mai
la luce un remake/reboot, personalmente, credo che mio figlio non potrà
esimersi dal gustarsi tutta la trilogia. In un giorno. Più volte al giorno. Povero
bambino.
2 commenti:
E pensa che ci sono persone della nostra età che non l' hanno nemmeno visto! Purtroppo io sono uno di quelli...
Please rimedia. Rimedia subito, non perdere tempo!
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