Detto sinceramente: sono in crisi. Ci eravamo lasciati lo
scorso agosto con la promessa di riprendere i commenti alle serie tv il prima
possibile per aumentare il numero di articoli settimanali ed evitare che voi
sentiate la mia mancanza per troppi giorni consecutivi. Con questi presupposti
ho cominciato a guardarmi intorno alla ricerca di nuove serie stimolanti,
interessanti e adatte a subire un commento sistematicamente serializzato, ma
nulla. Tutto ciò che di nuovo ho provato, tastato con mano, si è rivelato
essere poco adatto ai miei piani di conquista del mondo. Per maturare questa
profonda decisione ho però dovuto ragionare più o meno a fondo sui pilot
visionati; perché quindi buttare via il tempo impiegato a riflettere? Perché
non parlare delle serie di cui non parlerò? Tutto questo non ha senso.
The Whispers
Serie prodotta dall’uomo dietro le quinte di Hollywood,
Steven Spielberg, e trasmessa in Italia dalla Fox con un ritardo fisiologico
perdonabile di qualche settimana. La prima puntata si apre con una bambina che,
seguendo le indicazioni di un fantomatico amico immaginario, convince la mamma
a salire sulla casa sull’albero favorendo così l’incidente in cui la donna
rimane coinvolta. Tanto per la cronaca, la madre della bambina è Taylor
Townsend di “The O.C.”, così, per dire.
L’attenzione si sposta quindi sugli agenti dell’FBI
incaricati di fare luce sullo spinoso caso dell’amico immaginario che tenta di
commettere malefatte attraverso gli innocenti bimbi del quartiere. Bimbi, al
plurale, perché si viene a sapere poco dopo che un altro incidente domestico che
vede coinvolto un bambino potrebbe corrispondere al primo per caratteristiche
peculiari.
Da questo punto in poi la narrazione è abbastanza
confusa: vengono introdotti diversi personaggi di cui non viene specificato il
ruolo e le indagini sembrano procedere a tentoni piuttosto che secondo un
ragionevole filo logico. Fin da subito la serie sembra essere abbastanza
forzata nelle meccaniche, nella costruzione e nei colpi di scena, e ciò si
ripercuote sulla capacità del prodotto di coinvolgere ed invogliare lo
spettatore alla visione del prosieguo. I motivi che più mi hanno allontanato
dal commento di questa serie sono diversi: l’eccessiva somiglianza con diversi
episodi del capostipite delle serie mystery X-Files, la confusione generale e
il finale in cui ci viene mostrato un tuono che cadendo a terra ha generato una struttura luminescente nella quale è rimasto incastrato l'aereo sul quale viaggiava un personaggio chiave. Mi è passato davanti agli occhi lo
spettro di Wayward Pines, e nessuno vuole un WP-bis, vero? Serie che tutto sommato
sembra studiata bene nel posizionamento dei colpi di scena strategici, ma che
non si discosta abbastanza dai soliti canoni, da ciò che abbiamo già visto.
Stavolta hanno introdotto la componente bimbi, ma la sostanza rimane la stessa.
Magari un giorno la recupererò, ma non oggi.
Texas Rising
Miniserie coprodotta da History Channel. Già questo
dovrebbe suggerirvi la qualità, il tema, il modo e gli intenti della serie. Le
avventure narrate si svolgono in Texas, più precisamente nei pressi di Alamo,
nel 1836, anno in cui gli indipendentisti texani decisero di seguire le orme
degli statunitensi che anni prima si erano ribellati ai governi europei per
costituire lo stato dell’aquila calva. Vengono quindi presentate varie fazioni
in continua lotta armata tra loro: i Messicani guidati da Santa Rosa che
tentano di mantenere il controllo sulle terre contese, i nativi Americani
minacciati da ogni fronte e armati solo di asce e frecce e gli indipendentisti
di cui sopra.
Il primo elemento che salta all’occhio è indubbiamente la
cifra stilistica del prodotto. La fotografia in particolar modo dimostra la
mano attenta dei produttori di casa History che hanno voluto riprodurre la
polvere, la sporcizia e le atmosfere aride del texas negli anni precedenti alla
famosa età d’oro. Sembra quasi che venga interposta una densa coltre di polvere giallastra tra gli interpreti e la macchina da presa in ogni scena. Anche la regia si conferma all’altezza della produzione
riuscendo a cogliere sempre al meglio le emozioni degli attori. Tra questi
inoltre spiccano Ray Liotta, Brendan Fraser e Bill Paxton. Tutto di alto
livello, direte voi. Nessun motivo per non scegliarla come serie da commentare,
direte voi. E invece no. L’enorme problema di Texas Rising è che non si capisce
nulla. Non si capisce chi è chi, chi sta con chi, di chi stanno parlando, chi
vuole cosa e dove si svolgono gli eventi. Io, personalissimamente, non ho
capito nulla di tutta la prima puntata. Chi è Ray Liotta? Cosa fa? Alamo è
stata bruciata? Perché gli Indiani attaccano i gruppi indipendentisti che
evidentemente non sono i reali responsabili delle loro misere condizioni di
vita? Chi è quel tizio con la barba e la compagna afroamericana? Mi sento
alquanto stupido. Non sempre la veridicità storica si sposa alla perfezione con
la narrazione romanzata. Come commentare una serie di cui non si capiscono i
capisaldi della trama? Provateci voi.
The Brink
Senza dubbio la migliore tra le tre finora analizzate.
Secondo me, l’unico modo di fare comicità intelligente su temi scottanti
d’attuali quali droni, ISIS, terrorismo e conflitti internazionali. The Brink,
letteralmente il confine, il margine o il limite estremo, narra delle
fantasiose disavventure di un gruppo di personaggi molto sopra le righe alle
prese con una crisi geopolitica successiva alle tensioni tra USA e Pakistan.
Ciò che salta subito all’occhio è il tono scanzonato e dissacrante che
contraddistingue sia i singoli personaggi che le situazioni critiche in cui
questi si trovano.
Tra gli interpreti principali spicca sicuramente un
brizzolato Tim Robbins, eroe per caso della redenzione di Shawshank, in forma
strepitosa e perfetto per il segretario di stato per gli affari esteri Larson.
Cinico, amorale, alcolizzato, democratico, pacifista, esilarante e molto
intelligente a dispetto dei precedenti aggettivi. Davvero un personaggio
tridimensionale. Al suo fianco emerge anche un fastidioso Jack Black (o Black
Jack, se vi piacciono i giochi di carte) nei panni dell’agente Talbot,
sottoposto di poco conto nell’ambasciata americana. Tale agente si ritroverà
invischiato in qualcosa di molto più grande di lui e dovrà cercare di
sopravvivere ad un sequestro ordito dal sedicente presidente eletto del
Pakistan. Oltre a loro la storia coinvolgerà anche un pilota divorziato
dipendente da morfina e un autista locale agli ordini della CIA.
Una serie esilarante, fresca, nuova, ben scritta, ben
girata e meravigliosamente recitata. Tutto perfetto, una miniserie che rimarrà
come metro di paragone nel settore specifico per diverso tempo. Cosa non ha
funzionato allora? Il format, la struttura e le tempistiche. La comedy è
difficile da commentare e creare una serialità su un prodotto che non fonda
sulla trama e sulla suspance il proprio successo sarebbe un’utopia. Da non
perdere, ma non adatta alle mie rubriche. Recuperatela, subito.
Detto questo la situazione di partenza rimane immutata. Continuo
a non avere una serie da commentare in questi giorni dell’estate che volge al
termine. Sono ben accetti i consigli dunque. Conoscete una miniserie o la prima
stagione di una serie che verrà messa in onda a breve e che potrebbe rientrare
nei taciti canoni che avrete sicuramente individuato leggente questo articolo? Ditelo
con un commento, confido in voi. Ogni suggerimento è ben accetto. Speriamo che
questo momento di pausa seriale non si prolunghi più del dovuto. A presto, si
spera.
1 commento:
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