Toy Story 3 uscì nel lontano 2010, quando avevo già 15 anni.
Fuori età per i cartoni animati, fuori età per i traumi infantili. Già traumatizzato abbastanza. Eppure quel film si legava in maniera così egregia
con i capitoli precedenti da farci tornare bambini nell’arco della visione. Quella
sala era una macchina del tempo verso il passato prima e il futuro poi. I primi
due film erano rivolti ai bambini di allora, il terzo invece rompe la
tradizione e punta ai bambini di allora, gli adolescenti o giovani adulti di
oggi, per chiudere un cerchio. Eravamo noi a scrivere i nostri nomi sotto i
piedi di Woody e Buzz, noi a creare un universo in camera nostra, noi che un
giocattolo dovevamo portarcelo dietro sempre e comunque. Era la realizzazione
di un sogno d’infanzia e non so se nel mio caso ci fosse arrivata prima la
Pixar o la mia fantasia, ma sono stato convinto che quei giocattoli sotto il
mio letto e nell’armadio avessero di ché discutere durante la notte, non appena
crollavo in un sonno profondo.
I primi due film sono stati la spalla dell’infanzia; poi è
arrivato il terzo capitolo a mostrarci la realtà del tempo che è passato e di
un’infanzia che vive ancora nelle videocassette. La conclusione dell’epopea
della grande fuga dei giocattoli dal Sunnyside è anche la fine di un’era, il
passaggio di un testimone da parte di Andy che accetta l’evoluzione della sua
vita. Il ragazzo in procinto di partire per il college, la vita adulta che
inizia a farsi, il momento in cui dobbiamo chiudere la nostra infanzia in una
scatola e riporla in soffitta o regalarla ad un altro bambino, quel ragazzo siamo noi che insieme al film
maturiamo e guardiamo verso il futuro. Toy Story 3 mette di fronte al fatto
compiuto di un rito di passaggio e il ragazzo di oggi non può fare a meno di
crescere. E succede di sentirsi cambiati, diversi dopo la visione di un cartone
animato che avevano detto essere per bambini e invece parlava a noi.
La morte di Fabrizio Frizzi arriva come una fitta e richiede
ancora una maturazione. Per i bambini dei primi due film, per i ragazzi del
terzo capitolo, quelli che avevano chiuso i giocattoli in una scatola è
arrivato il momento di recuperare la nostra infanzia e donarla a chi saprà farla rifiorire. Ma è difficile dover lasciare il bambino che era in noi e accettare che quei giocattoli racconteranno ancora
tante storie, ma non saranno le nostre. Avranno ancora molto di cui discutere
sotto il letto di qualcun altro. La giornata di oggi passerà alla memoria come un trauma
infantile, perché il lutto ha colpito i bambini che eravamo. Non sentiremo più
la voce di Woody rendere piacevole un’ora della nostra giornata. Credevo che
il mio vecchio cowboy fosse ancora in soffitta, ora non c’è più.
Ciao |
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