lunedì 26 marzo 2018

TRAUMI INFANTILI - TOY STORY 3


Toy Story 3 uscì nel lontano 2010, quando avevo già 15 anni. Fuori età per i cartoni animati, fuori età per i traumi infantili. Già traumatizzato abbastanza. Eppure quel film si legava in maniera così egregia con i capitoli precedenti da farci tornare bambini nell’arco della visione. Quella sala era una macchina del tempo verso il passato prima e il futuro poi. I primi due film erano rivolti ai bambini di allora, il terzo invece rompe la tradizione e punta ai bambini di allora, gli adolescenti o giovani adulti di oggi, per chiudere un cerchio. Eravamo noi a scrivere i nostri nomi sotto i piedi di Woody e Buzz, noi a creare un universo in camera nostra, noi che un giocattolo dovevamo portarcelo dietro sempre e comunque. Era la realizzazione di un sogno d’infanzia e non so se nel mio caso ci fosse arrivata prima la Pixar o la mia fantasia, ma sono stato convinto che quei giocattoli sotto il mio letto e nell’armadio avessero di ché discutere durante la notte, non appena crollavo in un sonno profondo.


I primi due film sono stati la spalla dell’infanzia; poi è arrivato il terzo capitolo a mostrarci la realtà del tempo che è passato e di un’infanzia che vive ancora nelle videocassette. La conclusione dell’epopea della grande fuga dei giocattoli dal Sunnyside è anche la fine di un’era, il passaggio di un testimone da parte di Andy che accetta l’evoluzione della sua vita. Il ragazzo in procinto di partire per il college, la vita adulta che inizia a farsi, il momento in cui dobbiamo chiudere la nostra infanzia in una scatola e riporla in soffitta o regalarla ad un altro bambino, quel ragazzo siamo noi che insieme al film maturiamo e guardiamo verso il futuro. Toy Story 3 mette di fronte al fatto compiuto di un rito di passaggio e il ragazzo di oggi non può fare a meno di crescere. E succede di sentirsi cambiati, diversi dopo la visione di un cartone animato che avevano detto essere per bambini e invece parlava a noi.


La morte di Fabrizio Frizzi arriva come una fitta e richiede ancora una maturazione. Per i bambini dei primi due film, per i ragazzi del terzo capitolo, quelli che avevano chiuso i giocattoli in una scatola è arrivato il momento di recuperare la nostra infanzia e donarla a chi saprà farla rifiorire. Ma è difficile dover lasciare il bambino che era in noi e accettare che quei giocattoli racconteranno ancora tante storie, ma non saranno le nostre. Avranno ancora molto di cui discutere sotto il letto di qualcun altro. La giornata di oggi passerà alla memoria come un trauma infantile, perché il lutto ha colpito i bambini che eravamo. Non sentiremo più la voce di Woody rendere piacevole un’ora della nostra giornata. Credevo che il mio vecchio cowboy fosse ancora in soffitta, ora non c’è più.

Ciao

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