Stranger Things rallenta, comincia a prendere delle pause
e diluisce i colpi di scena. Esempi di questo lieve cambio di rotta sono la
chiamata di Hopper nel quinto episodio e la reazione di Mike contro il letto
improvvisato di El nel sesto. Un leggero cambio di rotta che dà il tempo allo
spettatore di assimilare gli eventi delle due puntate in questione e anche
quelli rimasti in sospeso; risulta più semplice infatti interrogarsi riguardo
la natura e le cause degli eventi paranormali che vengono mostrati sullo
schermo. In questo modo sorgono dei dubbi propriamente logici rispetto agli
eventi che hanno portato alla situazione corrente, e a questi dubbi la serie
risponde con l’ormai usuale espediente del flashback in seguito ad un
particolare che richiama un momento passato. Una tecnica che non spicca per
originalità e probabilmente non rientra perfettamente nei canoni del tempo
prefissati dalla narrazione contemporanea, ma indubbiamente corrobora la
struttura della trama complessiva, andando ad espandere indietro nel tempo le
fondamenta delle azioni presenti.
Questi due episodi vedono il trio di amici girare senza
una precisa meta, Nancy e Jonathan sperimentare il paranormale e Hopper e Joyce
proseguire la loro indagine sull’organizzazione statale retta dal dottor
Brenner. I primi due casi dimostrano come in realtà le strade percorse dai vari
gruppi di personaggi stiano confluendo verso un’unica direzione che prende il
nome di multidimensionalità. Confermando le nostre supposizione sollevate nel
precedente commento, dobbiamo in qualche modo chiarire a questione
terminologica. Appare a questo punto errato continuare a riferirsi agli
abitanti dell’Upside down come “alieni”. Si tratta infatti di piani paralleli,
l’intracorda o l’altra faccia della corda del professore di scienze. Esseri in
parte umanoidi, violenti e predatori che dominano il negativo del nostro mondo,
un regno in tutto e per tutto simile, contraddistinto da una tonalità bluastra
e da residui organici nell’aria. Come intuito nel quinto episodio e confermato
nel sesto, El è stata, attraverso il suo potenziale telecinetico, la causa dell’apertura
del portale principale che ha permesso alle due dimensioni di entrare in
contatto. La bambina scomparsa, ormai ricondotta ad un presunto rapimento
avvenuto dodici anni prima, sarebbe dunque la matita che ha avvicinato i fogli
spaziotemporali e li ha forati, creando un collegamento diretto.
Resta però in piedi una questione fondamentale riguardo
il funzionamento di queste porte dimensionali, in particolar modo legata al
rapimento di Will. Nella prima puntata vediamo infatti un cambio drastico nell’atmosfera
di casa Byers e non sembra esserci nessuno in casa, all’infuori del cane. La colorazione
blu che domina le scene lascerebbe pensare che il ragazzino si trovi già nell’Upside
down al momento del rapimento, ma, seguendo la regia dei fratelli Duffer, non
siamo stato spettatori di un passaggio in una porta. Le cose si complicano
ulteriormente se consideriamo il rapporto tra i cosiddetti “mostri” e le porte:
la loro capacità di comparire a piacimento sembra andare contro la teoria
pseudoscientifica del professore secondo cui per aprire un varco
spaziotemporale c’è bisogno di un’ingente quantità di energia. A questo punto
vorrei focalizzarmi sulla fisionomia di queste porte o portali, che sembrano
godere di vita propria. Sono esseri organici che possono aprirsi e chiudersi a
piacimento, e la loro esteriorità sembra propendere più per una vicinanza al
mondo mostruoso. Come se queste porte stessero al volere dei mostri che abitano
l’Upside down. Certo però che, come evidenziato nel sesto episodio, la loro
capacità presenta dei limiti legati alla zona d’azione, finora confinata al
bosco adiacente la casa dei Byers. Cosa si cela dietro questa limitazione
palese? Forse la presenza della piccola El garantisce alle porte l’energia
necessaria per aprirsi a piacimento, ma nel primo episodio, seguendo l’ordine
cronologico, prima Will è stato rapito nella rimessa degli attrezzi, e poi El
ha fatto la sua comparsa nella tavola calda, braccata dalla squadra di finti
assistenti sociali ed elettricisti della zona. Potrebbe essere la presenza
della porta “madre”, la prima ad essere stata aperta dal potere della bambina,
ma ancora non mi è chiara la geografia del posto e la collocazione del
laboratorio sotterraneo rispetto al bosco.
Dagli eventi narrati in questi due episodi appare
relativamente chiaro il rapporto iniziale tra Brenner e i bambini dell’esperimento,
gruppo di prescelti di cui El è solo l’undicesima, come indica il nome. Quello che
risulta meno chiaro è lo scopo del gruppo di ricerca: certamente inizialmente il
loro obiettivo era quello di sfruttare una serie di capacità sovraumane per rintracciare
e tenere d’occhio specifiche personalità, ma, una volta assodato l’incontro spiacevole
occorso alla ragazzina, perché continuare a tentare di stabilire un contatto
con gli esseri senza volto? C’è soltanto l’amore per la scoperta a spingere l’equipe
di Brenner o quest’altra dimensione negativa potrebbe conservare in sé un’energia
superiore legata alla materia oscura e all’energia oscura appunto? Se ciò che
non vediamo avesse un potenziale esponenzialmente maggiore rispetto a ciò che
vediamo, credete che lo spietato Modine non tenti di appropriarsi di questa
risorsa? Una risorsa energetiche che in qualche modo altera il normale
funzionamento della corrente elettrica nel nostro mondo. Questo spiegherebbe le
spedizioni suicida nell’altra dimensione attraverso il portale principale, la
necessità di nascondere le prove della scomparsa di Will e la volontà di non
chiudere il portale per tornare ad una situazione precedente. In questo modo i
due schieramenti, quello dei ragazzi e dello sceriffo e quello del governo
sarebbero opposti su tutta la linea. Uno scontro aperto che lascia molti dubbi
sulle pieghe che il finale potrebbe prendere.
Piccola postilla sulle questioni amorose: in generale l’intera
serie non sembra spiccare per originalità, ma per una commistione originale di costruzioni
ampiamente sfruttate. In questo complesso non poteva certo mancare la
componente amorosa, che stata presente
fin dall’inizio con la relazione sempliciotta tra il bullo Steve e l’innocente
Nancy. In queste ultime puntate invece, come introdotto da alcuni segnali e
piccoli sguardi, gli sceneggiatori sembrano aver dato spazio alla coppia
Nancy-Jonathan. A dire il vero questa unione sembra, a dispetto del resto della
costruzione “di contorno” davvero eccessivamente stereotipata, sia nei tempi
che nelle modalità di sviluppo: lo scopo comune, i pareri cangianti, la
litigata con un filo di passione di
verità, la rivalità con l’ex. Tutti elementi purtroppo eccessivamente inflazionati
che, aggiunti alla trama in questa forma, non riescono ad emergere e anzi sanno
di già visto, come se alcune scene fossero davvero prese da una serie tv anni ’80.
Il vero twist sarebbe se quest’annunciata storia d’amore non finisse come da
copione. Ancora una sorpresa prima della fine?
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