10° POSIZIONE: Star Wars - Il Risveglio Della Forza (2015)
Il film più atteso dell’anno non delude
e, dopo ben due proiezioni al cinema (evento più unico che rara per me), mi
sento di dire anche che, per quanto riguarda determinati aspetti, il primo
capitolo della nuova trilogia spaziale del maestro J.J. Abrams (che poi
qualcuno conosce per cosa stiano le due “J”?) va oltre le mie personalissime
aspettative. Come avrete già letto e riletto su altre testate giornalistiche
più qualificate della mia, SW7 si presenta maggiormente come una transazione e
come una riproposizione della prima trilogia (o trilogia originale) in chiave
contemporanea. I riferimenti al primo film che diede inizio all’intero francise
si sprecano e abbondano, specialmente nella prima parte della pellicola. Al contempo,
però, viene sviluppata questa transizione anche per quanto riguarda i
personaggi, proponendo uno spostamento graduale dai vecchi “old but still gold”
Leia Organa, Han Solo, Chewbacca (di cui babbo natale mi ha regalato la
bubble-head - grazie babbo) e Luke (mi raccomando, badate bene alle nuove
pronunce originali) ad altri protagonisti giovani caratterizzati finora in
maniera interessante, proponendo diversi aspetti chiari, ma altrettanti oscuri,
che scopriremo con il tempo. Rey (tanto amore) e Poe emergono sugli
altri, anche se il vero protagonista credo sia il droide BB-08. Semplicemente
meraviglioso.
D’altra parte però la pellicola non è
esente da difetti quale un’eccessiva casualità che spinge la trama a proseguire
e i protagonisti a confrontarsi con il Primo Ordine. Qualche forzature che rischia
di stridere molto con la coerenza della trama del settimo capitolo con quelle
degli episodi precedenti, specialmente ad una seconda visione. In due cinema
diversi, per capire meglio. Il duello finale però è un tripudio d’azione
e scene perfettamente realizzate. Coreografie uniche e spade laser incrociate.
In ogni caso, quando si esce dalla sala,
non si vede l’ora di rientrare a guardare il prossimo capitolo. E invece
bisogna aspettare due anni. E invece…
9° POSIZIONE: Fury (2014)
Fury è un film dai due volti: la prima metà del film tenta e
riesce a fornire uno spaccato sincero e crudo della guerra vissuta da coloro
che vivono giornalmente a contatto con la morte, ovvero i soldati. Ci vengono
presentati i membri storici del tank Fury e poi viene introdotto il
protagonista, un giovane Percy
Jackson capitato lì per caso.
Quest’ultimo personaggio in realtà viene presentato più come elemento in cui lo
spettatore possa identificarsi e come escamotage cinematografico per proporre
semplificate alcune meccaniche consuete del campo di battaglia. I messaggi
lanciati in questa prima fase sono molto profondi e interessanti. Spara o
muori. Realismo, qualità
visiva e qualche elemento tarantiniano riescono a rendere il tutto perfetto.
Poi arriva una mina e il carro armato viene messo fuori uso. Insieme ad esso
viene messo fuori uso anche il realismo: i protagonisti si ritrovano a dover
fronteggiare da soli trecento soldati tedeschi. Non scappano, non cedono, il
cielo diventa nero e riescono ad abbatterne centinaia. Si perde così la
funzione critica della pellicola in favore dell’intrattenimento, dell’eroismo,
dei valori patriottici. Si vira decisamente vero toni più consoni a vuote americanate moderne. Anche l’evoluzione del
protagonista risulta forzata e irreale. Peccato. Per quanto riguarda il livello
tecnico e la recitazione invece il tutto è eccellente e impeccabile. Aldo Raine
sembra sempre più a suo agio; sorpresa LaBeouf.
Peccato per le pistole laser di Star Wars, si poteva fare meglio. Il voto
finale è la media tra il dieci della prima parte e il sette della seconda.
8° POSIZIONE: Gran Torino (2009)
Clint Eastwood ha l’abilità (probabilmente economica) di
attorniarsi di artisti di primissimo livello. Solo lui e pochi altri al mondo
possono permettersi una fotografia così curata, nitida e luminosa, un sonoro
così pulito, una regia così rigorosa e mai eccessiva. Al vecchio Clint non
rimane quindi che farsi condizionare da ciò che legge e vede nei momenti di
pausa della sua floridissima carriera cinematografica e unire a queste idee il
tema bellico. Perché, se c’è Eastwood, la guerra c’entra sempre. Questa volta un
cinico reduce della guerra in Corea, repubblicano, conservatore e razzista, si
troverà a fare i conti con il nuovo vicinato proveniente dall’est (che poi per
noi è l’est, ma per loro sarebbe più comodo chiamarlo l’ovest). I temi trattati
non sono freschissimi e l’intera costruzione pone le fondamenta
sull’interpretazione più che convincente del pupillo di Leone. Ciò che stona è la
virata graduale verso il buonismo e il finale “in fondo a tutti c’è del
buono”. Il buono avrebbe potuto evitare di sfociare così platealmente in
una retorica altrettanto positivista, nonostante il colpo di scena finale. Forse
l’età ha mitigato le corde ruvide di uno degli artisti più influenti dei nostri
tempi. Basti pensare al finale di Mystic
River e alla sua potenza negativa, basti pensare a Million Dollar Baby. Per
il resto sviluppo perfetto della trama e finale riflessivo e appassionante.
7° POSIZIONE: School of Rock (2001)
Un classico moderno che sta invecchiando meglio ogni anno che
passa. Il one man show Jack
Black (di cui avevamo già
parlato in relazione a The
Brink) si carica sulle spalle l’intera pellicola riuscendo a non far mai
stancare lo spettatore. Tutti i personaggi, in particolar modo i bambini
prodigio, sono caratterizzati in maniera perfetta e ciò li rende immediatamente
riconoscibili ed adorabili. Zack il chitarrista, Freddy Jones, Lawrence e la
sua pistola, Summer presidente degli Stati Uniti, le coriste, lo stilista, i
bodyguard e il tecnico delle luci. Tutti
fantastici e indimenticabili.
La trama forse non mostra grandi aspetti innovativi, ma
l’argomento della musica è trattato in maniera encomiabile e unica, mostrando
realmente quanto tale magnifica arte possa valere per la vita di un uomo che la
società considera uno sconfitto e per dei bambini innocenti incatenati
dall’istruzione e dalle regole benpensanti. Il finale, inteso come liberazione
da tutti i pregiudizi, le catene e la maldicenze, si mostra a noi in tutta la
sua potenza emotiva. Un tripudio di musica, rivincita e ottimo cinema.
In realtà questa receimpressione avrei potuto postarla già qualche
tempo fa: in casa mia School of Rock è d’obbligo una volta ogni 2/3 mesi e
ormai io e mio fratello non
sappiamo più in che lingua guardarlo per
poter rendere la cosa più interessante. Ormai sappiamo tutte le battute e
cantiamo a squarciagola le fantastiche canzone che scandiscono il perfetto
ritmo del film; specialmente quelle originali. Forse non un capolavoro, ma
indubbiamente uno dei film che sento più miei, e per questo probabilmente
sopravvalutato nella classifica di cui fa parte, ma tant’è.
6° POSIZIONE: Juno (2007)
Quando si è realmente maturi?
La vita è semplice: ad ogni azione corrisponde una reazione contraria, ma non
sempre questa ha la stessa intensità della prima e una ragazza in realtà debole
e insicura, un’adolescente ancora alla ricerca di sé, come la protagonista
Juno, si ritrova a dover far fronte a responsabilità molto più grandi di lei e
della sua età. La vita molto spesso riserva sorprese e prove inaccessibili, ostacoli insuperabili.
Siamo davvero maturi per affrontare questi ostacoli o la maturità arriva dopo?
A volte credo che non si sia mai realmente pronti per affrontare ogni
sfaccettatura del mondo, ma poi il mondo scorre e le prove si superano col tempo
e solo dopo ci si accorge che la maturità necessaria per superare una prova la
si acquista solo affrontando
la prova stessa. Questo tema
semplice e profondissimo sta alla base di un film divertente, leggero, ben
scritto, stilisticamente perfetto ed egregiamente recitato. Fantastica Page,
perfetto Cera, usualmente ben calato nella parte Malkovic. Un’opera
indipendente di grande valore che riporta il auge un cinema low cost basato
sulle idee più che sui budget stratosferici. Un’ottima alternativa al cinema
hollywoodiano che tutto fagocita, ma ch non riesce a catturare la luce di Juno
e della sua perfetta protagonista.
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