Il calcio è il nuovo oppio dei popoli.
Scopriamo una carta: nonostante sia ampiamente consapevole
di quanto in realtà il gioco del calcio funga da enorme anestetico e
contemporaneamente da valvola di sfogo ingiustificata per diversi milioni di
Italiani, a me piace abbastanza e quando posso lo seguo. Lungi da me però un
condizionamento della mia vita privata in relazione ai risultati della
domenica. Quello è, a parer mio, un degenero dell’iniziale e genuina passione
che dovrebbe accompagnare ogni evento sportivo. Ma qui in Italia il calcio è
molto di più.
Essendo legato ancora alle mie terre natie, spinto dalla
curiosità di luoghi abitualmente non frequentati, ho deciso, con la mia
famiglia, di passare una giornata diversa andando a vedere al Menti di Vicenza
la squadra di casa sfidare la drammatica Salernitana nel posticipo dell’ennesima
giornata di serie B. La partita, per la cronaca, è terminata con un deprimente
e sonnolento 0-0, ma non è stato tanto lo “spettacolo” (se di spettacolo si può
parlare) in campo o il risultato finale a colpirmi, quanto un paio di cori
intonati dalla curva biancorossa (foltissima) rivolti alla desolata amaranto. A
pochi secondi dal fischio d’inizio, infatti, è aleggiato nell’aria un dolcissimo
e per niente razzista “Benvenuti in Italia!”. Si, siamo nel 2015 e, dopo anni
di sanzioni, partiti politici speranzosi che inneggiavano all’odio (che -
badate bene - non sono morti, ma digievoluti), discorsi politicamente corretti e
curve chiuse, ci ritroviamo ancora a parlare di razzismo territoriale. Ci ritroviamo
ancora a parlare di sciocchi tifosi di curva, categoria tanto rumorosa quanto incolta,
che interpretano il sostegno alla loro squadra del cuore (o della pelle, se ce
l’hanno tatuata addosso) come insulto della compagine avversaria e dei loro
pochi supporter accorsi dal lontano sud. E quale modo migliore di provocare un
centinaio di infreddoliti se non dimostrare di dormire ogni notte con lo Chabod
sul comodino, facendosi beffe della "questione meridionale" e richiamando all’odio
verso il diverso che tanto caro fu ai vecchi giovani padani?
L’Italia ha da sempre mostrato delle evidenti difficoltà
nell’unificazione dei popoli peninsulari, che da sempre si sono formati con
modelli culturali di matrice diversa (ma indubbiamente compatibili), negli
ultimi anni, però, lo spostamento della rabbia e dell’odio represso, derivato
dall’insofferenza a cui ogni essere umano è sottoposto giornalmente, verso gli
stranieri più stranieri ha fatto in modo che il meridionale venga oggigiorno malvisto ma non
violentato verbalmente; guardato con sospetto, come quei rom che rubano il rame
(reale piaga sociale - sveglia!1!!1), ma dopotutto accettato, perché la società
lo vuole, perché l’Italia lo vuole, perché i giornali lo vogliono. Ma quando l’arbitro
fischia, la bestia è libera di scorrazzare e di esprimere la sua
antidemocratica idea sopita. E quindi benvenuti in Italia piccoli Salernitani,
benvenuti nella civiltà degli incivili e delle bestie!
L’altro coro che mi è rimasto in mente e mai se ne andrà
è invece molto più divertente, spigliato e ironico: “Noi non siamo Salernitani!”;
con annesso elementare battito di mani classico imparato alla Juilliard di New
York. Al ché io e mio fratello, anche lui presente al big match, ci siamo
guardati con un leggero sorriso ricolmo di amarezza e consapevolezza. Come
spiegare loro che una costatazione di fatto non fa un’offesa, o meglio: come
spiegare a me e a mio fratello l’accezione dispregiativa che una marmaglia di
gente ha tentato di dare alla parola per la popolazione di una città vicina a noi e alla nostra cultura? Cosa vuol
dire “Salernitani” in quel contesto? Tutto. Tutto ciò che di negativo vi viene
in mente. Cancellate la parola “Salernitani” e aggiungente un aggettivo dispregiativo
a piacere; il peggiore che vi viene in mente. Non sbaglierete.
Questa mia riflessione non vuole andare contro il
Vicenza, il Verona, il Vercelli (e tutte le squadre che cominciano per V), ma
vorrei fosse intesa in senso generale. Anche per le tifoserie del sud che
cantano gli stessi cori a parti invertite. Perché se questo è il mondo che
ruota attorno al rettangolo verde, cambio volentieri canale.
Ma nel caso specifico un consiglio per il Vicenza (che
non leggerà mai quest’articolo su questo blog sconosciuto) ce l’avrei: caro
signor Vicenza, quando il prossimo anno, verso agosto, i tuoi tifosi verranno
da te con i soldoni guadagnati d’estate ad acquistare un abbonamento per la
curva, assieme alla tessera e a qualche gadget biancorosso, regala loro anche un libriccino, anche piccolo. Basterebbe
poco. Basterebbe “Il Piccolo Principe”, magari nella versione illustrata, così
da renderla accessibile anche ai meno abbietti alla lettura. Grazie.
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