FILM: Whiplash (2015)
Ormai l’avrete intuito: arrivo sempre tardi quando si
tratta di momenti importanti. Diciamo che il tempismo non rientra propriamente
nelle mie doti innate. Anche in questo caso mi confesso colpevole di non aver
riservato la giusta attenzione nel tempo giusto a questo film, di cui pure
avevo sentito parlare molto bene da fonti autorevoli come il mio collega di
blog Davide Quercia. Dopo aver fatto ammenda, però, direi di passare alla
receimpressione vera e propria.
Il panorama odierno è saturo. Prodotti freschi e innovativi, sia
nella forma che nella sostanza, spesso annegano nel tentativo di emergere dal
mare della mediocrità e della banalità. Whiplash ce l’ha fatto, invece. Tale
pellicola è riuscita a raggiungere il successo planetario stracciando ogni
canovaccio antiquato e proponendo finalmente qualcosa di nuovo. La scrittura,
in particolar modo, mi ha stupito per la capacità di saper intrattenere andando
oltre gli stilemi classici e quindi oltre la forma mentis comune. Non abbiamo eroi,
non abbiamo background, né morale, né finale strappa lacrime. Non abbiamo lo
sviluppo dei personaggi secondari o sottotrame utili ad allungare un medio
metraggio per trasporlo sul grande schermo. Abbiamo solo ed unicamente un
ragazzo provato dalla sua ambizione giustificata ma ossessiva e un insegnante
dispotico e controverso. Due personaggi soltanto attorno ai quali ruota
l’intera vicenda. L’unico elemento che poteva farci associare Whiplash alla
linea comune del cinema americano era la componente romantica che per pochi
minuti tenta di prendersi la scena a dispetto della musica, ma così non è, e lo
sviluppo della narrazione dimostra quanto in realtà tale elemento sia stato
inserito solo in maniera funzionale al resto della trama portante; e la scena
della chiamata a pochi minuti dalla conclusione della vicenda dimostra
chiaramente la validità di tale mia affermazione.
Il protagonista in realtà non è né il ragazzo né J.K.
Simmons, ma l’ambizione malata del primo che si sviluppa si pellicola
attraverso la musica. Teller infatti, consapevole delle sue grandi doti,
comincia a focalizzare la sua esistenza solo sulla carriera da batterista,
fagocitando in essa ogni altro aspetto della sua vita. il suo obiettivo però
non è solo la realizzazione umana che deriva dal successo, ma una vera e
propria scalata all’olimpo dei suoi sogni per ottenere la notorietà e quindi il
riconoscimento delle sue capacità da parte di persone a lui estranee.
Esattamente in questo punto degenera la comune ambizione di ogni essere umano e
si sfocia nella profonda problematica interiore che lo porta, anche attraverso
la figura del cinici direttore del Daily Mail, a compiere gesti inconsulti e
inconcepibile ad un occhio poco attento alle emozioni.
Tutto questo complesso si traduce in profonda tensione
emotiva che il regista Damien Chazelle riesce a rendere perfettamente
attraverso un’ansia spasmodica crescente che colpisce e coinvolge anche lo
spettatore più granitico e insensibile.
L’agitazione del protagonista è palpabile e sfocia nella scena del
concerto prima della crisi del protagonista.
Il rapporto tra i due protagonisti è assai solido e
convincente, riuscendo anche a generare una sorta di detto - non detto che
prende forma definita nel finale, quando non riusciamo a giungere ad un giudizio
definitivo sul comportamento del maestro nei confronti del giovane allievo. Chi
ha preso gli spartiti del primo batterista? Molte emozioni e molti eventi per
la trama fondamentali vengono resi unicamente attraverso sguardi, evitando così
abilmente i celebri spiegoni del cinema commerciale e di quello scadente
italiano in particolare.
La musica rappresenta quindi la chiave di lettura, o
meglio, il linguaggio scelto dal regista per la realizzazione del film, e ciò
la rende fondamentale per poter comprendere appieno il senso dell’opera. I
brani scelti risultano perfetti nel contesto e le scelte registiche per la
realizzazione delle scene più concitate valorizzano ulteriormente la pellicola.
Meravigliosa e mozzafiato la scena dell’interminabile assolo finale.
I due attori protagonisti meriterebbero di essere citati molto più spesso quando si parla di interpretazione memorabili; Teller,
nonostante qualche piccola sfumatura fuori posto dovuta probabilmente alla
giovane età, regala un giovane tormentato e psicotico, stratificato al punto
giusto, ma quello che più ha stupito sia me che la critica specializzata è
stato J.K. Simmons. Semplicemente magnifico. Un film che andrebbe visto anche
solo per le scene in cui è presente questo mio nuovo idolo. Pellicola indipendente
di assoluto e indiscusso valore che, dati alla mano, ha incassato briciole
rispetto a quanto avrebbe meritato. Vi invito quindi a recuperarlo e a farne
tesoro, perché Whiplash è cinema, e questo cinema è meraviglioso. VOTO: 9.5
FILM: Dragon Ball Z: The Fall of Men (2015)
Guardalo, mi hanno detto. È il miglior live action su
Dragon Ball, dicevano. Non sono ancora in grado di dare un giudizio sul
prodotto in relazione alla serie che l’ha ispirato, ma, in ogni caso, credo che
il livello del prodotto sia globalmente medio-alto, e il fattore gratuità ne
aumenta notevolmente l’appeal.
Fallo of Men è un cortometraggio indipendente, della
durata di appena venticinque minuti, rilasciato gratuitamente circa un mese fa su
youtube. Eventualmente foste interessati, potete trovarlo qui.
La storia tenta di esplorare un universo parallelo a quello conosciuto e anche al parallelo già svelato attraverso il personaggio fautore degli universi paralleli all’interno della
saga, ossia Trunks, che per l’occasione è stato però privato dei suoi
caratteristici capelli grigi per lasciare spazio ad una più credibile
acconciatura usuale ed occidentale. Purtroppo infatti nessuno dei personaggi
presentati sembra avere fattezze, movenze e connotati orientali, ma è come se l’intero
brand fosse stato trapiantato in una cittadina del Maine (King reign). Tale Trunks
alternativo al quadro si troverà, dunque, a combattere da solo contro la minaccia di Cell
forma perfetta. Mi fermo altrimenti rischierei di rovinare la maggior parte del
corto con commenti inutili se non l’avete ancora visto.
Registicamente il prodotto sembra realizzato con cura, ma
probabilmente i soldi disponibili per il progetto erano inferiori a quelli
rischiesti dalle ambizioni del progetto, in quanto taluni elementi sembrano
essere più grezzi e abbozzati rispetto al contesto in cui si trovano. La computer
grafica ad esempio è invasiva e molto fastidiosa, specialmente in alcuni
specifici frangenti dello scontro finale. Anche la scrittura dei rapporti tra i
vari (pochi) personaggi sembra essere ridotta allo scheletro nudo a causa di
mancanze economiche.
In generale però qualche strizzatina d’occhio alla serie animata e la
sequenza finale, con annessa sorpresa, rendono giustizia ad un prodotto amatoriale realizzato da veri
fan per veri fan della serie animata e del fumetto con cui siamo cresciuti. Non
un capolavoro e neanche il grande lavoro che mi aspettavo dopo qualche
recensione entusiastica, ma un piccolo omaggio molto godibile. VOTO: 7
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