Attraverso un complesso e contorto giro che è passato
dallo sconvolgente finale della prima stagione, Soderbergh sembra essere stato
in grado di rimettere ogni elemento al suo posto originario. La situazione, nel
suo insieme, pare infatti tornata ad essere quieta e luminosa come lo era
qualche mese prima. I principali cambiamenti che hanno ricostituito l’integrità
della storia sono stati il ritorno del figliol prodigo Bertie, la nuova luce
negli occhi di Thack, la rinascita della premiata ditta Cleary-Harriet (di
nuovo pronti a far danni) e le vecchie abitudini dell’accantonata ma rediviva
Cornelia Robertson. Un quadretto variopinto di tonalità calde che sembrerebbe
finalmente volgere l’attenzione ad un futuro più radioso, piuttosto che
all’eterno ritorno ammirato finora, ma la convivenza è difficile e i problemi
fanno parte della vita. in questo caso l’evento che tenta di minare le
fondamenta del trittico di chirughi è la posizione del dottor Algie nel nuovo
Knick, ormai prossimo all’inaugurazione. Per la sciagurata pecora nera,
infatti, non ci sarebbe posto nella nuova struttura a causa del coloro della
sua pelle e al cambiamento del target della struttura. Sarebbe davvero un
peccato vedere il povero Edwards disoccupato e lontano dal suo collega mentore Thack,
ma credo che ciò si verificherà entro la fine della stagione in corso e il
giovane dottore deciderà di aprire una clinica clandestina dedicata agli altri
afroamericani in difficoltà in una New York così razzista. Una sorta di
ampliamento della subclinica che gestiva nello scantinato dell’ospedale durante
la prima stagione. Illazioni.
Ciò che emerge maggiormente da questo doppio episodio è
lo sviluppo di alcuni personaggi chiave. Alcuni sembrano essere più
convincenti, altri molto meno. Thack sembra aver finalmente ritrovato la
serenità al fianco della sua vecchia fiamma Abigail e i momenti di forte
debolezza sembrano essere ormai strascichi lontani di un ricordo passato, come
conferma la sua nuova dipendenza prima dell’operazione delle gemelle siamesi: l’amore.
Un’evoluzione graduale che ha portato l’uomo più solitario del pianeta a fare
un passo indietro per lasciare spazio ad altre personalità influenti nella sua
vita, e ciò si sta ripercuotendo anche sulla trama della serie, che vede Thack
sempre meno centrale nella narrazione. Ormai quasi tutti i personaggi,
abilmente costruiti durante le puntate, riescono a reggersi in piedi da soli e
ad attrarre l’attenzione su di solo senza il bisogno della presenza del collante
generale.
Altra evoluzione significativa è quella di Bertie, che,
attraverso un peregrinare circolare e costante, è tornato alla madre senza la
madre, ma molto più maturo, consapevole e preparato dal punto di vista medico. Quando
aveva lasciato il Knickerbocker sembrava ancora un ragazzo talentuoso ma
impacciato, ancora legato profondamente alle radici familiari e probabilmente
sostenuto oltremodo dalle finanze paterne. Ora invece tutto ciò è stato
sovrastato da una personalità nuovo, innamorata e sicura di sé, emersa in
particolar modo nell’abbraccio con il suo superiore, gesto attraverso cui il
giovane mette un macigno sulle vecchie ruggini e sul disguido Lucy. Lucy che
invece ha subito probabilmente lo sviluppo meno credibile e più affrettato. Nel
giro di due tre puntate è passata dall’essere una giovane infermiera innocente,
innamorata e succube del padre, a losca approfittatrice, incline alla
prostituzione, senza sogni e senza grandi aspirazioni o progetti di vita. una
morte interiore che stupisce più per le tempistiche per le motivazioni, che a
dire la verità ci sarebbero tutto. Il fondo si è toccato con la scena in cui la
giovane figlia di Bono si è concessa per denaro al feticista strozzino ninja
giapponese spacciatore d'oppio (che detto così sembra un personaggio di un anime molto troppo sopra le
righe). Una nuova caratterizzazione che purtroppo stride troppo con quella
precedente e che rende il personaggio poco credibile alla luce degli
avvenimenti imminenti, ossia uno scontro con la famiglia Robertson, una rottura
difficile e il ritorno a Bertie.
Dal punto di vista tecnico, invece, Soderbergh ha tentato
di virare verso uno stile più moderno e consueto, abbandonando le atmosfere più
cupe per colori più accesi, ma senza mai rinunciare ai suoi meravigliosi piani
sequenza. Una scelta stilistica questa che tende ad evolversi di pari passo con
la trama. Il crollo del finale della prima stagione è infatti coinciso con l’apice
della cupezza e della malinconia trasmesse dalla fotografia e dalla regia.
La seconda stagione di The Knick sembra aver ormai preso
una piega decisiva e l’insieme risulta nel complesso troppo addolcito e
tranquillo per poter essere reale, per poter durare a lungo. La crisi e dietro
l’angolo. Mi aspetto un peggioramento graduale verso un finale e verso il
cambiamento più importante dell’intera serie: il trasferimento al nuovo Knick. Aspetto
trepidante.
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