sabato 18 novembre 2017

RICK E MORTY 3 - ANCORA SULLA CRESTA DELL’ONDA?

La terza stagione è in calo rispetto alle precedenti due? L’opinione pubblica si è spaccata nella valutazione della terza stagione: da una parte la conferma di una serie superiore, dall’altra il primo passo falso. Dopo aver conquistato il pubblico mondiale - anche grazie alla diffusione capillare garantita da Netflix - ed essere entrata nell’olimpo delle serie cult, Rick e Morty era chiamata ad un salto di qualità per esprimere appieno alcune peculiarità appena accennate

Pickel Rick

Una terza stagione sulla falsa riga delle due precedenti avrebbe certo ridimensionato le possibilità future dell’intera serie. C’era bisogno di uno slancio verso qualcosa di più. E lo slancio è arrivato come contestualizzazione del passato di Rick e Beth e, di conseguenza, di quello che abbiamo visto in precedenza. In questo modo i personaggi principali vengono approfonditi in maniera più esplicita, mentre sullo sfondo della terza stagione si connotano le conseguenze della separazione di Beth dal marito Jerry. In generale cambiano alcuni rapporti di forza interni alla famiglia Smith e un Rick molto più umano appare allo stesso tempo il signore indiscusso del multiverso e legato a dinamiche familiari molto più basiche.


Quella dell’esplicitezza è una scelta narrativa attorno alla quale poi è stato sviluppato il delirio usuale della serie, il motivo che l’ha trainata al successo. La terza stagione non può dirsi riuscita appieno per non essere stata in grado di realizzare le potenzialità espresse nelle prime due stagioni, ma almeno ha prodotto uno sviluppo e posto delle buone premesse per una serie duratura e non più caratterizzata da una forte componente episodica - one-shot.


Indubbiamente la scelta di andare a spiegare alcune dinamiche emotive influenza anche il resto dello sviluppo: la terza stagione è meno divertente, meno imprevedibile delle due precedenti, eppure si percepisce uno spessore maggiore nel non-detto, che arriva sì da una costruzione pregressa ma che riesce, attraverso questa terza stagione, a crearsi la possibilità di uno costruzione futura. Nell’economia della serie, anche una stagione meno brillante nello specifico degli episodi può rivelarsi fondamentale.


Concentrandoci sulla riuscita degli episodi appunto, elemento maggiormente criticato dal pubblico, è impossibile non riconoscere la grandezza dell’episodio 7, “Tales from the Citadel”. Esperimento di fantapolitica realizzato con due soli personaggi e un intreccio incredibilmente reale. Non si ride, ma il livello d’intrattenimento semplicemente superiore. Come questo settimo episodio, anche altri lasciano il segno per inventiva e imprevedibilità. Il problema celato è forse una rivalutazione complessiva a posteriore, alla luce della mancanza di un finale emotivamente all’altezza. Certo, bissare il finale della seconda stagione, con "Hurts" dei Nine Inch Nails in sottofondo, era operazione quasi impossibile, però gli sceneggiatori non hanno neanche realmente tentato la strada del cliffhanger per una sciatta conclusione quasi come non si trattasse del memorandum per i mesi senza Rick e Morty. Questa sì, una scelta infelice, ma non possiamo riconoscere il giusto valore di un’intera stagione per dieci assenti minuti.



Rick e Morty colpiscono ancora con qualcosa che tenta di differenziare la proposta, approfondiscono il multi verso e i protagonisti, ma mancano ancora il salto di qualità definitivo che faccia dire a gran voce di aver visto compiuta la piena potenzialità della serie. Non tutto è perduto, questa terza stagione potrebbe aver solo rimpinguato le basi per il capolavoro che tutti noi aspettiamo da anni a questa parte. La prossima stagione non deluderà.

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