mercoledì 21 giugno 2017

TWIN PEAKS 3 - EPISODIO 7

L’esordio di questa stagione evento aveva colpito tutti per la capacità di fondere lo stile visionario di Lynch con una concentrazione importante di eventi realmente significativi per lo sviluppo della trama principale, quella che ebbe origine con l’omicidio di Theresa Banks e che proseguì tra i silenziosi boschi di Twin Peaks agli inizi degli anni ’90. Questo settimo episodio rincara la dose del mistero e si accompagna con uno spostamento reale o figurato dei personaggi. Le diverse situazioni mostrate in questo frammentato quadro metafisico sembrano infatti cominciare a volgere in azione la carica ilare e ideale accumulata fino a questo momento. Senza dimenticare di aggiornare costantemente il catalogo dei dubbi che rappresenta il motore di un certo tipo di narrazione criptica.


Le vicende riprendo esattamente da dove le avevamo lasciate la scorsa settimana, con Hawk che mostra soddisfatto e confuso il risultato della sua ricerca. La profezia del ceppo è compiuta, e il commissariato di Twin Peaks è finalmente entrato in possesso delle pagine mancanti del diario di Laura Palmer, che, oltre a confermare l’identità dell’entità di Bob celata dietro le spoglie del padre, rende il nuovo sceriffo consapevole di un errore temporale, descritto precedentemente solo nel film FWWM. Durante una scena del film infatti Annie Blackburn appare come visione a Laura e le chiede di scrivere nel diario che il Coop buono è rimasto imprigionato nella loggia nera. Questo particolare conduce alla scena del dottor Hayward che ci fornisce ulteriori elementi sui giorni successivi alla possessione definitiva di Bob. Ed è altamente soddisfacente essere ripagati in questo modo dopo venticinque anni di attesa. Fino ad ora Lynch ha saputo dosare alla perfezione il fan service di cui un revival di questa portata sarebbe potuto essere pregno. In questo settimo episodio ha saputo contestualizzare meravigliosamente il premio che tutti noi stavamo aspettando. Eppure la faccenda non sembra risolversi: delle quattro pagine mancanti del diario di Laura, solo tre sono state ritrovate da Hawk dietro la porta del bagno. Per capire questo tassello mancante, dobbiamo rifarci alla notte dell’uccisione di Laura Palmer, descritta in parte in FWWM e in parte dalle ricostruzioni a posteriori. Una delle certezze, relativamente a quella notte, è il ritrovamento di un pizzino, bruciato sui bordi, che riportava la frase cardine “Fuoco cammina con me”. È probabile che quel fogli fosse in origine la quarta pagina strappata del diario, che rivelava ulteriori dettagli sulla possessione di Leland Palmer e sulla natura omicida dello spirito di Bob. Un ultimo tassello che legherebbe definitivamente ogni zona di questo dipinto, ma che non verrà probabilmente mai alla luce. Questa mancanza tiene aperta la necessità di un lavoro dei personaggi di Twin Peaks per accedere alla verità.


Altra questione fondamentale è quella relativa al cadavere del maggiore Briggs, all’intero del quale è stato trovato la fede nuziale di Dougie Jones e del quale non si trova ancora il capo. Ciò che più colpisce però sono le incongruenze emerse dall’autopsia che lasciano non pochi dubbi. Come sappiamo, la loggia può imprigionare delle anime umane al suo interno, come è accaduto a Cooper, ma anche queste, seppur esistenti solo nella loro forma spirituale, risentono del passare del tempo reale. Allo stesso modo i loro corpi, legati quindi ad altri spiriti, si aggirano nel mondo umane risentendo degli effetti del tempo. Per cui non è possibile che il corpo si stato conservato vivo nella loggia o in un piano metafisico adiacente per poi essere ucciso una volta uscito da questa zona d’ombra. Le ipotesi quindi sono due: o Briggs è stato ucciso nel momento della scomparsa e il copro è stato conservato alla perfezione nel corso di questi venticinque anni o si tratta di una questione metafisica. Perché manca proprio la testa? Mi spiego meglio: all’inizio del terzo episodio, nel momento in cui il vero Coop si ritrova in quella che abbiamo definito l’anticamera temporale della loggia, quando la donna con gli occhi cuciti lo conduce sul tetto dell’edificio e viene sbalzata giù da una scarica elettrica, vediamo il volto ingigantito del maggiore fluttuare a mezz’aria per pronunciare le parole “Blue rose”. E se quello non fosse stato il volto del maggiore Briggs, ma la testa? Una piccola differenza che potrebbe condurci a conclusioni ben diverse. Il maggiore potrebbe essere stato ucciso all’interno di un piano metafisico e la sua testa potrebbe essere in qualche modo ancora legata allo spirito del maggiore, che anche in questo stato non ha smesso di portare avanti la sua indagine sulle entità della loggia. Lo dimostra il fatto che sia comparso proprio lui a Cooper per ricordargli il dettaglio della rosa blu, e non si è manifestato come entità fisica, come è avvenuto per i doppleganger di Laura e Leland Palmer, ma proprio nella dimensione mancante sul piano del reale. Solamente il tempo ci darà i motivi di una scelta così curiosa e misteriosa, ma potrebbe trattarsi anche di uno di quei caso oltreumani così profondi che non terminano in una spiegazione metalogica.


La trama legata alle indagini dell’FBI prosegue e finalmente vediamo l’incontra tra il Cooper malvagio e Diane. In un dialogo carico di tensione emotiva e nervosa, vengono fatti dei riferimenti agli avvenimenti di una notte specifica, ma non sappiamo nulla di più. Poi Diane abbandona il faccia a faccia e scoppia in lacrime per essersi trovata di fronte ad un’altra persona. E quando le indagini sembravo virare verso una chiarezza globale, ecco che Bob mette in atto un piano d’evasione studiato ben prima di finire in prigione. Resta aperta la questione sulla notte a casa di Diane. Al di là di speculazione immanentiste - in quanto Coop non era ancora entrato in contatto con le entità della loggia - resta la certezza di un rapporto più profondo tra il protagonista nelle sue vesti umane e Diane, prima che tutta la storia di Twin Peaks avesse luogo.


Rivediamo dunque Dougie Cooper Jones alle prese con il suo entusiasmante lavoro. Nonostante la situazione non sembra potersi risolvere in tempi brevi, è importante focalizzare l’attenzione sulla scena dell’attentato ad opera del nano senza punteruolo. Dougie ha uno scatto alla giovane Coop e riesce a sventare l’azione omicida seguendo le indicazioni del piccolo albero materializzatosi virtualmente sotto gli occhi del protagonista. Torniamo al secondo episodio, in cui l’albero antropomorfo aveva spiegato all’anima di Cooper alcune condizioni per recuperare il suo corpo. Ma al contempo l’avevamo visto possibilmente contrariato nel momento della scomparsa di Coop dalla loggia, e avevamo ipotizzato potesse essere legato all’essere comparso nella scatola di vetro a New York poco dopo il protagonista. Detto questo, finora avevamo visto Mike aiutare Coop a sopravvivere nel mondo reale in attesa di un’epifania, e, considerando che l’albero è in realtà lo sviluppo autonomo del braccio del corpo umano di Mike e che all’epoca della prima stagione esso era stato definito simile a Bob, non ci stupivamo che l’albero potesse essere avverso all’azione dell’agente dell’FBI. Ma in questo caso esso collabora attivamente a guidare Coop verso la sopravvivenza al tentato omicidio del nano mandato da Bob, opponendosi quindi al piano malefico della creatura più simile a lui. Le intenzioni reali dell’albero restano ancora annebbiate, ma potrebbe valere anche per lui la teoria del doppleganger all’intero della loggia, come suggerito dal collega Marsha Bronson. In questo modo avremmo due alberi, uno positivo e uno negativo, che agiscono per fini diametralmente opposti.


Torniamo quindi a Twin Peaks, precisamente al Great Northern hotel, in cui una collaboratrice della famiglia Horne non riesce a trovare la fonte di un rumore sinistro in una delle stanze dell’edificio. I casi plausibili possono essere due: potrebbe trattarsi di un individuo fisico nascosto in uno dei corridoi segreti dietro le pareti - di quelli utilizzati da Audrey nella serie originale, per intenderci - oppure il suono potrebbe essere legato al personaggio di Josie, deceduta senza apparenti motivi venticinque anni prima. Come sappiamo, e come ci è stato confermato da Pete Martell nell’ultimo episodio della seconda stagione, qualcosa di Josie è rimasta nell’hotel al momento della dipartita, qualcosa che ha lasciato alle sue spoglie mortali l’irrisorio peso di 29 chili. Io propendo maggiormente per la seconda ipostesi che, oltre ad essere sicuramente più suggestiva, meglio si sposa con la natura metafisico-mistica del suono udito della collaboratrice. Anche se la reazione di Benjamin Horne, quasi consapevole della natura del suone e senza dubbio meno preoccupato della donna, potrebbe stare ad indicare la natura più terrena dell’evento. Nel caso in cui Josie tornasse in questo modo dopo una scomparsa inspiegabile e poco contestualizzata, Lynch andrebbe ulteriormente, infinitamente elogiato per essere riuscito a connettere alla trama metafisica principale un altro personaggio in origine totalmente slegato.

Attenzione ad Andy

Ci sarebbe ancora molto di cui discutere, teorie da proporre, voli pindarici da intraprendere, ma credo che con questo poche riflessioni abbiamo toccato i cardini dell’episodio più ricco di eventi significativi dell’intera terza stagione finora. Twin Peaks sta confermando la superiorità di un’artista unico alla regia, senza dimenticare di portare aventi una narrazione convincente, condita dai giusti riferimenti all’opera di partenza. In questo settimo episodio tutto risulta bilanciato alla perfezione in un’atmosfera tra il magico e il realistico, tra l’oscuro e il meraviglioso.



Piccola nota a margine:

Lynch stesso, nel personaggio di Gordon, ci dà un accenno di spiegazione per la vicenda creazione e smaterializzazione dei finto Dougie Jones nel terzo episodio. L’agente dell’FBI, in un dialogo pressoché fuori contesto con l’agente Tammy, individua nell’anulare sinistro il dito spirituale. Questo è meta-metacinema. Ed è poeticamente fantastico.

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