lunedì 10 aprile 2017

ADDIO! ADDIO! THE KNICK, ADDIO!

La terza stagione sarà fondamentale per riuscire a dare un giudizio complessivo e definitivo sull’intera opera. Dalla terza si capirà se siamo di fronte ad un Dr House migliorato in molti suoi aspetti o ad una serie similstorica che andrà meramente a sfociare in questioni di gossip e relazioni pericolose. Una sorta di Beautiful moderno. Ma io propendo decisamente per la prima ipotesi.”



Si chiudeva così la fortunata serie di commenti ospitata su questo blog ormai più di un anno fa. Il Knickerboker era caduto, il nuovo ospedale andato in fiamme, Thack deceduto dopo il delirio di onnipotenza. Le singole trame aveva raggiunto picchi di pathos in coincidenza con i momenti peggiori dei personaggi. Steven Soderbergh si era superato nella direzione di una serie sempre più a conduzione personale, regalando il suo vero capolavoro nell’ambito televisivo e non solo. Eppure lo scorso 23 marzo i capoccia di Cinemax hanno annunciato di aver deciso per la chiusura della serie alla seconda meravigliosa stagione. La motivazione, quanto mai banale e infantile, sarebbe quella di tornare a produrre serie incentrate sull’action più classico, in linea con il palinsesto storico della rete. Non è bastato l’enorme successo di pubblico e critica a far ricredere chi di dovere sulle possibilità di una serie differente, di qualità.

Il delirio di onnipotenza

E quindi noi fan ci ritroviamo con un pugno di mosche verdi fritte alla fermata della carrozza più pazza del mondo. Riguardando l’ultimo episodio è evidente che gli sceneggiatori, e quindi lo stesso Soderbergh,non avessero certezze sugli sviluppi della produzione al punto da optare per un finale aperto, ma anche chiuso. Le sottotrame sviluppate nel corso di due stagioni entusiasmanti raggiungono una sorta di fase di stallo che all’occorrenza può essere letta in chiave futura o come definitiva conclusione dai lineamenti indefiniti. La stessa morte-non-morte di Thackery è emblematica dell’ambivalenza della resa dei conti. Ma a ben vedere sarebbero state molto più convincenti e fondate le motivazioni di un prosieguo nella narrazione di un luogo e di un tempo, più che di una serie di eventi legati ai personaggi. The Knick è sempre stato Thack, ma è anche stato il Knick, l’ospedale: lo sviluppo delle nuove tecniche mediche, l’evoluzione della città di New York di inizio secolo, l’epopea della costruzione del nuovo ospedale. Il collante è sempre stato il Knick e ciò avrebbe reso possibile un’espansione smisurata delle possibilità di sceneggiatura.
Dietro l’amarezza di un altro progetto promettente naufragato nel mare della mediocrità della domanda, restano due stagioni di livello assoluto, al pari degli show più osannati degli ultimi anni. La caduta negli inferi del medico più promettente della New York di inizio secolo , collegata alle vicende di tutti i personaggi secondari, restituisce un affresco storico realistico, bilanciato e oltremodo curato in ogni minimo dettaglio. Complesso narrativo che, unito all’arrogante creatività di Steven Soderbergh - improvvisatosi anche macchinista per la serie sua diletta -, si traduce in un piccolo gioiello che tutti dovrebbero avere la possibilità di ammirare, anche solo per pochissimo tempo, il soffio di vento di venti puntate.

#addio

Non posso che consigliarvi spassionatamente il recupero immediato delle prime due stagioni, che si concluderanno con un mezzo finale, ma che sapranno intrattenervi come poche serie tv sono state in grado di fare. E quando sentirete l’opening elettronica di Cliff Martinez, pensate a me. Sedotto e abbandonato nell’attesa di una terza stagione, che doveva essere la consacrazione definitiva, ma che non sarà mai.

URGE PETIZIONE!!1!

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