mercoledì 24 agosto 2016

IL SUONO DELLA CONTEA

“Nove compagni. E sia! Voi sarete la Compagnia dell’Anello.”

Frodo, Sam, Merry e Pipino, Aragorn, Boromir, Gandalf, Gimli e Legolas. La Compagnia dell’Anello. I nove rappresentanti dei popoli liberi incaricati di portare il fardello dell’Anello del potere fino al monte Fato per distruggerlo nella lava e porre fine al regno di terrore dell’occhio di Sauron. Nove personaggi diversi, dissimili e spesso in disaccordo, accomunati però dalla voglia di ritrovare casa, sotto le macerie di una guerra che imperversa sulla Terra di Mezzo, portando con sé morte e devastazione. Solo attraverso questa visione d’insieme possiamo percepire la presenza di un decimo membro della compagnia, un’essenza che aleggia da sempre e sempre accompagna i protagonisti nel viaggio verso l’oblio; quell’essenza che io chiamo “Il Suono della Contea”.


Il Suono della Contea è probabilmente il primo personaggio che ci viene presentato all’inizio del primo atto dell’opera cinematografica, e fin da subito qualcosa ci colpisce nel profondo: percepiamo la quiete di un popolo libero, sentiamo l’aria leggera della festa e la voglia di costruire un futuro fondato sulle immense distese e sulle case dalla forma caratteristica. La voglia di vivere con animo pacifico la Contea. Quella melodia celeste che appartiene solo al luogo in cui si trova la nostra casa. La quiete viene però rotta dalle parole sconnesse del torturato Gollum, “Contea. Beggins”. Due parole che, pronunciate con quella sofferenza, al cospetto delle armate avverse, gettano l’aria di casa nello sconforto, nel buio della notte dell’assalto. Ciò costringe i protagonisti alla fuga, lasciandosi alle spalle una casa avvolta nel mondo delle tenebre della guerra. Ma quando il Suono della Contea viene coperto da quello delle lame e Frodo sembra destinato a soccombere lontano dalla casa di Bilbo, ecco che quel suono armonioso risorge dalla cenere e ridà al protagonista e al fido Sam la forza di proseguire nel viaggio contro la morte, anche nel cuore di Mordor, anche alle porte della fine. È la Contea che popola i discorsi di speranza dei due hobbit quando Gollum, vittima bipolare dell’anello, tenta di separarli per recuperare il suo tesoro, motivo di sopravvivenza oltre il tempo e lo spazio della natura. Il luogo natio è la chiave per tornare a credere in un futuro migliore, per se stessi e gli altri. E i progetti che prima erano imminenti ed ora sono remoti tornano con più forza a vincere la paura dell’oblio, diventano lo slancio che dal fondo riporta alla luce della vita.
Il suono leggero della Contea rappresenta la forza di andare avanti, con la speranza nel cuore di tornare indietro, quando quest’avventura sarà finita e gli hobbit svestiranno i panni degli eroi per tornare ad essere nella loro dimensione di comuni mezzuomini. Soltanto alla fine delle infinite peripezie dei nove dell’anello, Sam, vero fulcro dell’opera insieme al combattuto Frodo, potrà realizzare il suo sogno di un suolo fertile, in una casa hobbit splendente di vita.



Perché Casa è il mare fratello, dove sentiamo di essere nel momento, dove ci rinvigoriamo con gioia e amiamo col cuore, mettendo in secondo piano le fatiche che ci hanno portato fino a quell’istante. È dove tutti vogliamo tornare, anche chi non ha una casa, anche chi ha paura, anche chi non la dimostra, anche chi fugge con la morte nel cuore, anche chi protesta per andare ancora più lontano, anche chi ha sangue fraterno che bagna le mani tremanti. Ci sono posti che viviamo con leggerezza, altri che sopportiamo con animo tenace, altri ancora che subiamo e temiamo. E c’è un posto che chiamiamo Casa, quando, di ritorno da un viaggio, risentiamo i nostri odori, rivediamo i colori del nostro tramonto nel Sole che si perde tra le colline e il mare. E una musica leggera ci scalda il cuore e carezza il viso; è il Suono della Contea. Andare avanti per tornare indietro. Un giorno.

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