I più orridi, quelli che già prima di vederli sentivo
l’olezzo ma che ho visto fino in fondo anche per voi, anche per poi scrivere
quest’attesissima flop 10 2018.
Allora ricapitoliamo un attimo le regole per chi se le
fosse perse:
-
Film usciti in sala per la prima volta dal 1
gennaio al 24 dicembre;
-
Film usciti su Netflix o sulle altre piattaforme
on-demand nello stesso arco di tempo;
-
Non sono ammessi “film” di natale usciti
direttamente su Youtube sul canale della Rai, prodotti da Rai2 e Rai digital,
con il Pancio ed Enzuccio.
L’altra faccia della medaglia di una clamorosa TOP 10 doveva essere una FLOP di buchi nell’acqua e cocenti delusioni. Ma andiamo
spediti, che domani è un nuovo giorno anno.
10 - Batman Ninja
di Junpei Mizusaki
Allora, ci stanno:
Il regista de Le
bizzarre avventure di Jojo
Lo sceneggiatore di Kill
la kill
Il character designer di Afro samurai
E già così pare una barzelletta. E invece le premesse
potevano sembrare sensazionali, ma il risultato è un accrocco di idee tendenti
al trash che tentano di avvicinare il cavaliere oscuro all’anima del Giappone
feudale, fallendo alla base del progetto: Batman
Ninja è uno stand alone che come film non si regge in piedi e i colpi di
scena arrivano uno dopo l’altro senza nessuna logica.
Le animazioni spettacolari si sprecano e finiscono per
diventare un puro esercizio di stile. Vedibile, ma anche rivedibile.
9 - Sono tornato di
Luca Miniero
L’originale tedesco era una buona idea per un brutto film
televisivo. Il remake italiano del rodato regista di Benvenuti al Sud invece migliora la componente cinematografica per
un’opera che non riesce ad essere altrettanto efficace. Spara due tre colpi a
salve, cambia il finale e crolla nel tentativo di italianizzare un problema che
era invece il passatismo, che non ha colore o dimensione storica.
E Frank Matano non ci azzecca niente. Per piacere.
8 - A casa tutti
bene di Gabriele Muccino
Questo film è costruito su delle fantastiche scene corali
fatte di dialoghi intrecciati, piani sequenza, perfette coincidenze temporali.
Una gioia per gli occhi.
Ebbasta.
Non c’è nient’altro.
Personaggi imbarazzanti, storia trita e ritrita, reazioni
umane che L’ultimo bacio al confronto
era uno studio sociologico accurato. Ma poi la comic relief è Massimo Ghini che
ha l’alzheimer? Aspè, ve lo spiego meglio: se fai una commedia nera, pure Aigor
il gobbo diventa esilarante. Se invece vuoi fare un mezzo dramma molto italiano
che ammicca alla crisi, ammicca alla fine dei valori e tutti questi buoni
sentimenti, non puoi in nessun modo cercare di far ridere con una malattia
degenerativa. E dai, le basi proprio.
Sosteniamo l’indie italiano, purché non si tratti di quei due scappati di casa con la chitarrina.
Però qui l’idea non basta e l’esordio cinematografico di Misischia si affloscia col passare dei minuti. Un Roja costantemente fuori parte non aiuta certo l’opera ad acquisire un ritmo degno e i pochi colpi di scena non riescono ad invertire un senso di noia e di già visto che aleggia su una pellicola dimenticabile.
Il cinema di genere è possibile, lo abbiamo dimostrato. Questo The End? L’inferno fuori si attesta semplicemente come un passaggio non riuscito appieno. E parlarne in questa classifica è un dispiacere vero.
Sosteniamo l’indie italiano.
6 - Il vegetale
di Gennaro Nunziante
Favoletta contemporanea sulla famiglia, l’amicizia, la
solidarietà, l’ecologia. Evvabene.
Però Nunziante ha mantenuto anche i riferimenti ai film
precedenti, quelli con Zalone: e quindi caporalato, immigrazione, crisi del
lavoro, situazione giovanile, corruzione. Però questo non va con quello e un
film per tutti diventa un’operetta infantile con strizzate d’occhio al pubblico
più impegnato.
Ah, e comunque Nunziante continua a non realizzare una
messa in scena cinematografica.
Ah, e comunque Rovazzi.
Ma quello è Montalbano?
5 - Sconnessi di Christian Marazziti
Ed è come sparare sulla croce rossa, lo so.
Sono prodotti un po’ così, nati per essere futili, velleitari. E il cinema sta da un’altra parte. Però - come volevasi dimostrare - il livello della commedia popolare italiana fatica ogni anno a risollevarsi e non basta qualche trovata a invertire la rotta.
Sconnessi aveva catturato la mia attenzione per la presenza di Fabrizio Bentivoglio nel cast. E Fabrizio Bentivoglio è sempre degno d’attenzione.
Sempre, ma non qui.
4 - Animali
Fantastici: i crimini di Grindelwald di David Yates
Togliete la penna di mano alla Rowling per piacere!
E quello che doveva essere il capitolo della svolta per
la nuova saga diventa un filler bruttino, diretto senza grande gusto e
soprattutto scritto troppo male per essere vero: buchi di trama, spiegoni,
salti temporali, personaggi inutili e una narrazione che fa acqua da tutte le parti.
La saga non è morta, visti i numeri al botteghino. Ma
qualcosa va fatto, e io ho una proposta, anzi tre:
-
Assumete un’equipe di esperti che tengano
d’occhio la continuity
-
Lasciate Johanna al soggetto, ma avvaletevi di
validi sceneggiatori e dialoghisti
-
Ma soprattutto, affidate l’intero progetto nelle
mani di Guillermo del Toro. È lui l’uomo della svolta. Me lo sento dentro.
3 - Tonno
spiaggiato di Matteo Martinez
Ariecco Frank.
Mi hanno detto per anni che Frank Matano è figlio di
un’altra comicità, quella americana. Poi gli si dà la possibilità di fare un
film in totale libertà e quello che ne esce è un film per sketch che non fa
ridere; sfiora anzi il cringe involontario in parecchi frangenti.
Se la scena più divertente è quella della signora che
bestemmia, forse così alternativa questa comicità non è.
2 - Natale a 5
stelle di Marco Risi
Filmaccio inguardabile. E fin qui niente di nuovo.
Ma ora proviamo a spiegare perché Natale a 5 stelle non fa ridere: il riso - che sia del gesto, per
parole o scritto - si fonda su un’incongruenza, un disvelamento che mette a
nudo un procedimento sociale fino a quel momento ritenuto naturale.
La satira è il disvelamento dell’attitudine troppo umana
che si cela dietro la maschera dell’ars politica.
Natale a 5 stelle
invece non disvela, ma narra la politica italiana nelle sue sfaccettature.
Narrare è descrivere un paesaggio. Avete mai riso di un paesaggio?
1 - Venom di
Ruben Fleischer
Opera ignobile, fuori tempo massimo. Un film vecchio
anche per gli inizi del Duemila.
Viene snaturato il personaggio di Venom per andare in contro,
assecondare basse esigenze di un pubblico troppo giovane e poi si vieta il film ai minori. La trama scorre senza
dare il giusto peso agli eventi mostrati e quindi i presenti colpi di scena
arrivano telefonati e fiacchi. Lo stesso egregio Tom Hardy finisce per fornire
un’interpretazione macchiettistica a metà tra body horror e commedia degli
equivoci.
Il comparto tecnico inoltre fallisce nel tentativo di
eguagliare le produzioni più ricche e contribuisce ad affossare un prodotto
difettoso e pretenzioso, ma soprattutto consapevole della propria pochezza.
E questo è stato uno dei migliori incassi del 2018.
E il pubblico l’ha amato.
Allora forse ho davvero smesso di capire le cose che
vedo.
La Flop 10 finisce qui.
Questo è anche l’ultimo articolo del 2018, a cui seguirà
come di consueto una buona pausa, almeno finché non mi sarò raccapezzato tra la
laurea, il sonno e le cose della vita. In questo preciso ordine.
È stato un anno mediamente ignobile, ma direi che il
bilancio dopotutto – al netto della TOP 10 2018 – può dirsi pienamente
positivo.
Non mi resta che augurarvi un 2019 più
intenso e sorprendete. Sia in sala che fuori.
Che capiti qualcosa di inaspettato: un grande ritorno,
una conferma sperata, la dirompente novità.
Io sono qua che guardo film e aspetto. Quando volete.