La terza stagione è in calo rispetto alle precedenti due?
L’opinione pubblica si è spaccata nella valutazione della terza stagione: da
una parte la conferma di una serie superiore, dall’altra il primo passo falso.
Dopo aver conquistato il pubblico mondiale - anche grazie alla diffusione
capillare garantita da Netflix - ed essere entrata nell’olimpo delle serie
cult, Rick e Morty era chiamata ad un salto di qualità per esprimere appieno
alcune peculiarità appena accennate.
Pickel Rick |
Una terza stagione sulla falsa riga delle
due precedenti avrebbe certo ridimensionato le possibilità future dell’intera
serie. C’era bisogno di uno slancio verso qualcosa di più. E lo slancio è
arrivato come contestualizzazione del passato di Rick e Beth e, di conseguenza,
di quello che abbiamo visto in precedenza. In questo modo i personaggi
principali vengono approfonditi in maniera più esplicita, mentre sullo sfondo
della terza stagione si connotano le conseguenze della separazione di Beth dal
marito Jerry. In generale cambiano alcuni rapporti di forza interni alla
famiglia Smith e un Rick molto più umano appare allo stesso tempo il signore
indiscusso del multiverso e legato a dinamiche familiari molto più basiche.
Quella dell’esplicitezza è una scelta narrativa attorno
alla quale poi è stato sviluppato il delirio usuale della serie, il motivo che
l’ha trainata al successo. La terza stagione non può dirsi riuscita appieno per
non essere stata in grado di realizzare le potenzialità espresse nelle prime
due stagioni, ma almeno ha prodotto uno sviluppo e posto delle buone premesse
per una serie duratura e non più caratterizzata da una forte componente
episodica - one-shot.
Indubbiamente la scelta di andare a spiegare alcune
dinamiche emotive influenza anche il resto dello sviluppo: la terza stagione è
meno divertente, meno imprevedibile delle due precedenti, eppure si percepisce
uno spessore maggiore nel non-detto, che arriva sì da una costruzione pregressa
ma che riesce, attraverso questa terza stagione, a crearsi la possibilità di
uno costruzione futura. Nell’economia della serie, anche una stagione meno
brillante nello specifico degli episodi può rivelarsi fondamentale.
Concentrandoci sulla riuscita degli episodi appunto,
elemento maggiormente criticato dal pubblico, è impossibile non riconoscere la
grandezza dell’episodio 7, “Tales from the Citadel”. Esperimento di
fantapolitica realizzato con due soli personaggi e un intreccio incredibilmente
reale. Non si ride, ma il livello d’intrattenimento semplicemente superiore. Come questo
settimo episodio, anche altri lasciano il segno per inventiva e
imprevedibilità. Il problema celato è forse una rivalutazione complessiva a
posteriore, alla luce della mancanza di un finale emotivamente all’altezza. Certo, bissare il finale della seconda stagione, con "Hurts" dei Nine Inch Nails in
sottofondo, era operazione quasi impossibile, però gli sceneggiatori non hanno
neanche realmente tentato la strada del cliffhanger per una sciatta conclusione
quasi come non si trattasse del memorandum per i mesi senza Rick e Morty. Questa
sì, una scelta infelice, ma non possiamo riconoscere il giusto valore di un’intera
stagione per dieci assenti minuti.
Rick e Morty colpiscono ancora con qualcosa che tenta di
differenziare la proposta, approfondiscono il multi verso e i protagonisti, ma
mancano ancora il salto di qualità definitivo che faccia dire a gran voce di
aver visto compiuta la piena potenzialità della serie. Non tutto è perduto, questa
terza stagione potrebbe aver solo rimpinguato le basi per il capolavoro che
tutti noi aspettiamo da anni a questa parte. La prossima stagione non deluderà.
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