Mattia Labadessa appartiene ad una nuova tendenza pop del
fumetto italiano che nasce da una mancanza editoriale ed esistenziale. Incarna la
risposta ad una società vetusta e asfissiante che preme sulla vita quotidiana
di una gioventù incastrata. Sulla scia di Zerocalcare, l’autore napoletano crea
ormai da due anni situazioni realistiche attraverso un tratto fantasioso per
dare voce ad un divertente disagio generazionale. Il percorso de Labadessa è
allo stesso tempo particolare e usuale. Peculiare se analizzato nel suo
complesso, del tutto naturale se calato ai nostri giorni. Il fenomeno dell’uomo-uccello
rosso su sfondo giallo nasce dal web, da una pagina facebook diventata ben
presto virale e arriva nelle librerie. Questo percorso editoriale coincide con
una maturazione artistica che ha permesso all’autore ampliare il mezzo di
trasmissione del messaggio di fondo. In questa espansione si cela anche la
criticità di Mezza fetta di limone,
primo inedito de Labadessa.
Nella prima graphic novel, che arriva dopo una fortunata
raccolta di vignette, attorno all’uomo-uccello viene creato un contesto fin
troppo usuale che comprende Wilson e Francuccio, un coniglio nano antropomorfo
dedito all’uso di droghe leggere e un uomo-tucano nero. Le new entry sono il
punto forte dell’opera, i colori pastello fanno il resto, ma la mole di
sviluppo non è giustificata dal messaggio che l’opera tenta di trasmettere e il
racconto di uno straordinario sabato sera come tanti si riduce a pochi
siparietti comici, due concetti realmente sinceri e molti ricami. Mezza fetta di limone non riesce ad
essere efficace come le singole vignette della pagina facebook, non coglie nel
segno. Questa nuova tendenza artistica che si rivolge ad un pubblico giovanile
si fa fregio di riuscire a far trasparire verità universali attraverso poche
immagini, senza didascalie superflue. Labadessa invece non riesce ed asciugare
alcuni intermezzi, si dilunga nella contestualizzazione e accompagna alle
immagini descrizioni superflue nell’economia dell’opera. Il passaggio dalle
vignette all’opera prima ha rappresentato un importante salto creativo da un
format che l’autore aveva ormai fatto proprio ad un altro ben più complesso e
rischioso da gestire. Concettualmente, la riflessione di Mezza fetta di limone si colloca invece in continuità con la linea
tracciata dall’uomo-uccello e anzi entra nel dettaglio di un sentimento
malinconico che prima muoveva solamente la comicità verso un impatto immediato
e istantaneo, mentre ora tende a raggiungere un contatto con il lettore per
condividere questa difficoltà, il muro della terra della nostra generazione, la
socialità, il futuro. Elementi che vanno a costruire un quadro amaro e condivisibile,
definendo ulteriormente i connotati di un personaggio iconico che è Mattia
Labadessa, che siamo a anche noi.
Nonostante alcune difficoltà fisiologiche e strutturali, Mezza fetta di limone conserva diversi
punti a favore, tra cui la capacità di trasporre su carta una certa
napoletanità, che rappresenta un mondo di significati, da una particolare
comicità a dei tempi propri della vita nei vicoli dei Quartieri Spagnoli. Riaffacciarsi
alla meravigliosa cultura millenaria della civiltà partenopea è già un modo per
incanalarsi verso un’identità artistica; un luogo dell'anima, come Rebibbia lo è per Zerocalcare. L’opera
de Labadessa riesce ad intrattenere anche grazie alla semplicità con cui è in
grado di far rivivere la nostra monotona quotidianità, grazie alla piacevolezza
che si prova nella lettura. Il finale poi tira le fila del discorso con una
certa poesia nell’aria. Pur non avendo centrato appieno il bersaglio, Mezza fetta di limone si distingue per
la sua originalità, per la freschezza e la voglia di arrivare a questa stanca
gioventù.
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