Big Mouth racconta
l’ingresso di un gruppo di adolescenti nel mondo della pubertà con una forte
dose di ironia e senza aver paura di mostrare gli aspetti più indicibile di un
periodo complesso. Come si valuta un prodotto del genere? Il metro di giudizio
deve essere la gratuità degli argomenti trattati. Se il contesto creato
richiama un lessico spinto e una costruzione esplicita, allora è corretto che
venga utilizzato un registro adulto. Molte produzioni - sia cinematografiche che
televisive - hanno tentato questa strada in passato, ma spesso il risultato non
è stato all’altezza perché il complesso delle interazioni sessuali e
potenzialmente divertenti è così ricco che collocare la giusta esagerazione nel
posto corretto è talvolta un’opera difficile da realizzare. D’altra parte c’è
da considerare la sensibilità del pubblico, che indubbiamente rischia di creare
uno schermo di imbarazzo tra lo spettatore e il piano linguistico e allusivo in
gado di inficiare la fruizione del prodotto. Il rischio costante per una serie
del genere è di cadere in una forzatura senza fondamento, ma Big Mouth ha saputo individuare una base
solida da cui sviluppare una comicità istrionica e viscerale: la pubertà. L’elemento
cardine della nuova serie animata Netflix è anche quello che regge meglio la
costruzione del nonsense e dell’esagerazione cercata. Ma questo, d’altra parte,
palesa anche delle difficoltà quando l’argomento tende ad evadere troppo dal
focus principale. In generale quindi le sequenze con i ragazzi funzionano a
meraviglia, grazie anche ad un’atmosfera che ricalca alla perfezione quella della
pubertà più celata, mentre le situazione create attorno a personaggi secondari
quali genitori e professori perdono il senso dell’opera e lasciano percepire
uno scarto di contestualizzazione comica rispetto alle precedenti. Questi momenti
rallentano il ritmo e lasciano entrare un nonsense che non contribuisce allo
sviluppo di una trama lineare. Seppure si tratti di una serie di episodi
sostanzialmente autoconclusivi, l’elemento amoroso e le situazioni che vengono a
crearsi tendono naturalmente a richiamarsi nel corso delle puntate, creando una
velata narrazione orizzontale. È l’argomento della pubertà stessa a richiedere
un’evoluzione della situazione
presente; un fine verso cui tendere. In questo senso si percepisce che gli
sceneggiatori avrebbero potuto osare molto di più, introducendo una narrazione
continua, intervallata da momenti episodici, perché proprio nella continuità
delle storie dei protagonisti sta il vantaggio di una serie animata di questo
tipo e il punto a favore attorno al quale potrebbe svilupparsi in modo
originale.
Oltre una narrazione con molti picchi e alcune lacune,
gli sceneggiatori hanno dimostrato di essere in grado di confezionare un
prodotto completo, maturo,
arricchendo le gag con rimandi continui alla cultura pop e ad episodi stessi
della serie, canzoni che tendono a scimmiottare miti della storia della musica
(Freddie Mercury e Prince su tutti) ed esilaranti momenti di rottura della
quarta parete. Il tutto a confermare la cura con cui Big Mouth è stata
confezionata dai due creatori.
A rimanere nel cuore degli spettatori è però l’hormon
monster, personificazione del demone della pubertà che saprà regalare momenti
di televisione tanto squallidi quanto divertenti. Una vera e propria calamita
di attenzioni che dimostra di avere anche dei caratteri in comune con il sommo scienziato
Rick, entrando di diritto nel novero dei personaggi iconici delle serie tv
animate in accoppiata con la sua versione femminile Connie.
Big Mouth non è da prendere dunque come un delirio
sessuale alla stregue dei vari American Pie ai quali ci ha abituato il mercato
statunitense, perché in questo caso è il contesto a fare la differenza e a
rendere ogni scelta forte perfettamente in linea con la scelta iniziale. La
coerenza però non basta a mascherare alcune lacune, anche se la possibilità,
solo sperimentata in questa prima stagione, di una linea narrativa continua a
cui aggiungere tasselli totalmente deliranti e sconnessi - come la metafora della
pornografia presente nell’ultimo episodio - lascia ben sperare per una seconda
stagione che proponga il definitivo salto di qualità. Il consiglio sulla
visione di Big Mouth dipende da voi, se siete in grado di ridere di ciò che
tenete nascosto anche a voi stessi e di un passato condiviso ormai sepolto è
assolutamente la serie che fa per voi. Da guardare rigorosamente da soli però,
una visione in compagnia sarebbe davvero troppo.
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